Dopo il debutto al LAC, il 14 e 15 di novembre sarà in scena al Sociale di Bellinzona la pièce di produzione tutta ticinese
Alla prova generale aperta al pubblico de I fisici di Friedrich Dürrenmatt, per la regia del ticinese Igor Horvat, nella Sala Teatro del LAC di Lugano, un pubblico di giovani, appassionati e addetti ai lavori ha assistito divertito alla celebre tragicommedia del grande drammaturgo svizzero, il cui debutto ha avuto luogo il 5 e 6 novembre, sempre al LAC, mentre si sposterà al Teatro Sociale di Bellinzona il 14 e 15 di novembre.
Andato in scena per la prima volta nel 1962, presso lo Schauspielhaus di Zurigo (non a caso, due anni prima che Stanley Kubrick consegnasse al grande schermo il suo geniale Il dottor Stranamore), nella presente edizione il testo poggia, da un lato, sull’artigianato attoriale degli interpreti, al quale Horvat – in scena assieme agli altri nei panni del commissario Richard Voß – deve parte sostanziale del suo approccio registico; dall’altro su una lettura di carattere razionale, che sembra privilegiare il ragionamento rispetto alla pura fantasticazione.
D’altra parte, è il regista stesso a dichiararlo in un’intervista: attore con un solido cammino alle spalle, Horvat si muove a partire da quell’amore per la cura della battuta, del ritmo, della struttura dei movimenti sul palcoscenico che caratterizza la lunga tradizione del teatro di repertorio italiano. Al contempo, sempre per sua stessa ammissione, essendo stato, da giovane, studente in un liceo scientifico, gli è sempre rimasto addosso un che di quella curiosità che si interroga sul funzionamento nascosto delle cose: «Un po’ come quando, da bambini, si apre un giocattolo per vedere com’è fatto dentro».
Ciò detto, la storia è nota: auto-internatosi nella clinica psichiatrica Les Cérisiers, dove iniziano a consumarsi cruenti delitti a spese del personale, il fisico Möbius (Pierluigi Corallo) simula un’amletiana follia onde evitare che la sua decisiva scoperta del «Sistema di Tutte le Scoperte Possibili» finisca in mani sbagliate. Il caso vuole – e «il caso», in Dürrenmatt, è il fattore determinante da cui emerge la verità tragica – che nello stesso istituto siano ricoverati due altri scienziati, i quali sostengono di credersi, rispettivamente, Isaac Newton (Marco Mavaracchio) e Albert Einstein (Jonathan Lazzini). A vegliare sull’insolito terzetto troviamo la dottoressa Mathilde von Zahnd (Giorgia Senesi), proprietaria del sanatorio, e l’infermiera Monika Stettler (Catherine Bertoni de Laet). Tutto ha inizio con l’arrivo del commissario Voß alla casa di cura, dov’è da poco stato rinvenuto il cadavere della prima vittima.
Senza entrare nel merito della vicenda e dei suoi sviluppi, se si prende in esame la chiave interpretativa dei singoli che con abilità si alternano sul palco, si nota subito un approccio volutamente caricaturale, giustificatissimo, che forse potrebbe essere ancora più spinto, così da portare «alla sua estrema conclusione» – l’espressione è dell’autore – quel taglio grottesco, spesso mostruoso e al limite dell’onirico, che tanto caratterizza il mondo di Dürrenmatt.
Dal punto di vista della drammaturgia, di cui Horvat ha pure curato la traduzione dal tedesco, il regista fornisce al pubblico un personale elemento di lettura dell’opera attraverso l’inserto di una video animazione in cui è riportato il celebre racconto edipico La morte della Pizia. Attraverso questo accostamento Horvat vuole sottolineare quanto, ancora una volta, sia il caso a determinare «il peggiore sviluppo possibile» (sempre Dürrenmatt) che caratterizza gli esiti decisivi di un racconto (così come di un vissuto) e come non ci sia arroganza – scientifica o paranoica – che metta al riparo dal suo possibile palesarsi; senza contare che, come ci insegna Freud, nel caso non c’è mai nulla di casuale, ma, al contrario, una sotterranea logica inconscia dettata, il più delle volte, da una spinta cieca.
Il video ci porta infine a considerare le scelte estetiche di scenografie e costumi (Guido Buganza e Ilaria Ariemme) di questa creazione tutta svizzera, che vede riunite le forze produttive di LAC Lugano Arte e Cultura e del Teatro Sociale Bellinzona, così come la collaborazione del Centre Dürrenmatt Neuchâtel. Sovrastata da una struttura geometrica di neon, la scena presenta un interno dai colori spenti, in accordo alle vesti degli attori, che richiama un universo chiuso, ombroso, da vecchio albergo in disuso (scelta che va in contrasto col segno delle animazioni, molto più schematico, da fumetto, nel quale si alternano bianco e nero, tratti di tinte accese e disegni dello stesso Dürrenmatt).
Probabilmente questi registri sarebbero stati suggestivi pure se presi singolarmente, perché caratterizzati tutti da un proprio segno chiaro. E, così come suggerisce Horvat quando, intervistato, espone le sue considerazioni sulla pièce e parla di come sarebbero potute andare le cose se «il caso» avesse giocato diversamente il suo ruolo nel racconto di Edipo, anche chi qui scrive si permette di fantasticare attorno alle possibili, ulteriori versioni di uno spettacolo che, alla vigilia del suo debutto, già è accolto dal pubblico ospite con un applauso soddisfatto.
Dove e quando
I fisici di Friedrich Dürrenmatt, Bellinzona, Teatro Sociale, 14-15 novembre 2024. www.teatrosociale.ch





