Europa forte soltanto se davvero unita

by azione azione
15 Dicembre 2025

Ho letto il documento strategico che sintetizza la dottrina Trump. Il preambolo sembra scritto da un matto, o per un matto: vi si sostiene che un anno fa il mondo e gli Stati Uniti erano sull’orlo del baratro, e Donald Trump ha salvato entrambi, il pianeta e l’America. Poi però le cose si fanno serie. Delle ventinove pagine del documento, due e mezza sono dedicate all’Europa. Alcune cose sono giuste. Il vecchio Continente fa sempre meno figli, non ha più fiducia in sé stesso e nel futuro, investe poco in innovazione, AI, energie rinnovabili, insomma nell’avvenire. Sono le cose che dice anche Mario Draghi. Però Trump, o chi per lui, propone una cura contraria a quella necessaria. Non ci vuole meno Europa, come dice il presidente Usa, ma più Europa.

L’Europa non esisterà mai fino a quando sarà una sovrastruttura, composta dal faticoso concerto di ventisette Stati. L’Europa deve diventare una struttura a sé. Non ha senso, ad esempio, avere ventisette ambasciate in Paesi anche minori, più il rappresentante diplomatico dell’Ue; avrebbe senso avere una sola ambasciata, quella dell’Unione europea. Lo stesso vale per il seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. E ovviamente per l’esercito comune europeo, ora che sull’America di Trump non si può più contare. Ma fino a quando i singoli capi di governo dovranno rispondere solo alla propria opinione pubblica, l’Europa sarà sempre una faticosa e contraddittoria sintesi di interessi divergenti. L’unica soluzione è un presidente eletto direttamente dal popolo, che risponda a tutti i cittadini d’Europa, oltre ovviamente al Parlamento europeo. Resta da capire: Giorgia Meloni e i suoi sodali, da Abascal a Marine Le Pen, da Orban a Kaczynski, vogliono davvero un’Europa così? O si illudono che ogni singolo Stato europeo possa negoziare alla pari con gli Usa e con la Russia? Hanno notato che Putin ha rinsaldato i legami con Modi e Xi Jinping, e che l’Occidente non è mai stato debole come oggi? Qual è la risposta, unirsi o assecondare l’obiettivo trumpiano di dividere l’Europa?

Quanto a Trump, la sua principale preoccupazione è l’economia. Ma forse il presidente sottovaluta la cultura. Intesa come radice, e la radice culturale degli Stati Uniti è l’Europa. O, meglio, l’impero romano, che per primo unificò l’Europa. I padri costituenti americani – Hamilton, Jay, Madison – firmavano i loro articoli con il nome di Publius: un omaggio a Publio Valerio Publicola, uno dei primi consoli della Repubblica. Intendevano presentarsi come coloro che avevano abbattuto i tiranni e fondato la Repubblica all’insegna della libertà.

La nuova Nazione doveva unire, proprio come Roma, un insieme di Stati, ognuno con la sua autonomia. E, in prospettiva, integrare cittadini venuti da Paesi diversi. Da qui il motto, in latino: «E pluribus unum», da molti Stati uno solo. Gli americani sono un popolo irrequieto, ottimista, insofferente: assomigliano agli antichi romani. Roma è il modello  per la toponomastica. Anche il Parlamento viene costruito su un colle, come il Campidoglio, e in segno propiziatorio viene chiamato Capitol Hill. Là si riuniranno la Camera dei rappresentanti e la Camera alta, che si chiamerà Senato. I lavori cominciano nel 1793 sotto la supervisione di Thomas Jefferson, che già ha fatto costruire il Campidoglio della Virginia, a Richmond, sul modello della Maison Carrée, il tempio romano di Nîmes, in Francia. Per Capitol Hill il punto di riferimento è il Pantheon, dal colonnato alla rotonda centrale alla cupola, decorata con l’affresco dell’Apoteosi di George Washington che indossa la veste viola dei generali romani vittoriosi. Ai suoi lati, la dea della Vittoria e quella della Libertà, con berretto frigio e fascio: simbolo di autorità a Roma, segno di unità e democrazia in America. Come le verghe legate insieme, così gli Stati si rafforzano sotto un governo federale.

La Casa Bianca, la Corte Suprema e il Jefferson Memorial sono edifici in stile romano. La statua di Benjamin Franklin scolpita da Francesco Lazzarini indossa una veste latina e ha in mano una pergamena; mentre George Washington si fa raffigurare da un altro scultore italiano, Giuseppe Ceracchi, come un imperatore. Nel 1777 proprio Washington aveva rifiutato le offerte di pace del generale inglese John Burgoyne, proclamando: «Gli eserciti uniti d’America combattono per la più nobile delle cause, la libertà. Gli stessi principi ispirarono le armi di Roma nei giorni della sua gloria; e la stessa conquista fu la ricompensa del valore dei romani». Insomma, non si vede come l’America di Trump possa fare a meno dell’Europa. E non solo per fare affari. Poi certo anche l’Europa deve ritrovare slancio verso il futuro, coraggio, fiducia.