Ben 1,4 milioni di persone in Svizzera possono a malapena permettersi i beni di prima necessità; la loro sofferenza è poco visibile, ma il Percento culturale la mette al centro della sua nuova campagna di sensibilizzazione
«Il denaro non è la cosa più importante», dice Elisabeth. Eppure quasi tutto nella sua vita quotidiana ruota intorno ai soldi. Elisabeth è una mamma single che vive nel Canton Argovia con i suoi due figli (11 e 13 anni) e 3200 franchi al mese, quindi molto al di sotto del livello minimo di sussistenza. Tuttavia, dice: «In qualche modo ce la facciamo sempre».
Elisabeth è una delle 700’000 persone in Svizzera che sono ufficialmente classificate come povere perché hanno a disposizione meno di 2315 franchi al mese (per una persona sola) o 4051 franchi per una famiglia con due figli. La donna, di formazione meccanica di automobili, appartiene al gruppo particolarmente vulnerabile dei genitori single. In Svizzera è infatti ancora difficile conciliare la cura dei figli con un lavoro adeguatamente retribuito.
Tuttavia la 44enne non vuole richiedere l’assistenza sociale, per paura di indebitarsi e anche per orgoglio. Preferisce essere povera piuttosto che dipendere da aiuti esterni. Ha un buon rapporto con il padre dei bambini, ma lui può contribuire poco dal punto di vista economico. Per guadagnare svolge tre lavori diversi, tutti con retribuzione oraria, variabili a seconda della stagione, ma per questo flessibili. «I miei figli hanno bisogno di me più che di tanti soldi», dice. Lotta ogni giorno per offrire loro una vita dignitosa, senza far mancare hobby e vacanze. Il fatto che entrambi i bambini siano appassionati di musica e sport la riempie di orgoglio. I suoi sogni sono invece costantemente rimandati. «Ho un budget annuale e devo calcolare, bilanciare, soppesare le cose, chiedere aiuto… non riesco mai a stare tranquilla». L’orticaria cronica di cui soffre potrebbe essere una conseguenza di questa situazione.
La speranza che arrivino tempi migliori
Chi è colpito dalla povertà, come Elisabeth, deve lottare per non perdere la speranza. In questo momento Elisabeth spera che un’organizzazione ecclesiastica contribuisca ai costi delle lezioni di musica. Spera di riuscire a pulire un numero sufficiente di finestre così da mettere da parte qualcosa per un paio di giorni di vacanza. Spera che il tetto della sua vecchia casa, che d’inverno è piena di spifferi e che è riscaldata a legna, rimanga ben saldo.
«Le persone con un budget limitato sono sempre sotto stress per far quadrare i conti. Partecipano meno alla vita sociale e tendono a essere meno sane. È un circolo vizioso», afferma Andreas Reinhart, portavoce della Caritas di Zurigo. «Alla Caritas ci rendiamo conto ogni giorno che sempre più persone vivono al limite delle proprie possibilità economiche. Ora i tempi di attesa per il nostro servizio di consulenza per il risanamento dei debiti sono più lunghi e mai prima d’ora così tante persone hanno fatto acquisti nei mercati Caritas». Sembra che l’aumento del costo della vita stia trasformando sempre più persone in Svizzera nei cosiddetti «working poor», ovvero lavoratori poveri. In altre parole, persone che lavorano ma che devono soppesare ogni centesimo due volte.
I soldi sono già pochi all’inizio del mese
Marco è uno di questi lavoratori poveri. Non poveri secondo la definizione federale, ma a rischio di povertà. Padre di tre figlie di età compresa tra gli 11 e i 14 anni, lavora a tempo pieno a Basilea come sous-chef nella ristorazione di alto livello. Guadagna 5100 franchi netti. «Quando lo stipendio arriva alla fine del mese, pago prima tutte le fatture in sospeso. Con i restanti 200-400 franchi cerchiamo di sbarcare il lunario per un mese». Persino la scuola montana per una delle sue figlie è oltre il suo budget, e Marco si vergogna un po’ delle biciclette vecchie delle ragazze. Quando i costi per il riscaldamento sono stati aumentati di 3000 franchi all’anno, non è riuscito a dormire per notti intere. Quando gli viene chiesto che cosa vorrebbe potersi permettere, riflette a lungo e poi risponde: «Un appuntamento dal parrucchiere». Ma, soprattutto, deve guarire del tutto. Sta infatti ancora facendo i conti con le conseguenze di una lacerazione aortica potenzialmente letale. Non può permettersi di essere malato.
Secondo l’Ufficio federale di statistica, quasi uno svizzero su cinque non è in grado di far fronte a una spesa imprevista di 2500 franchi. Sono particolarmente a rischio i nuclei monoparentali, le famiglie numerose, le persone con un basso livello di istruzione, gli anziani e le persone con un background migratorio.
Vivere con 9,50 franchi al giorno
Per Myroslava la giornata è buona quando riesce a comprarsi una tavoletta di cioccolato fondente, ovviamente con una riduzione del 50%. La donna, un’ucraina di 57 anni, vive con 9,50 franchi al giorno di aiuti d’emergenza cantonali. Prima della guerra era un’insegnante e aveva una bella vita, dice. Ora vive in un appartamento con sei persone e condivide una stanza. Hanno messo un armadio al centro per creare almeno un po’ di privacy. «Voglio sfruttare al meglio la mia opportunità qui in Svizzera». Anche per sostenere il padre anziano e il figlio adulto, rimasti in Ucraina.
A tal fine, Myroslava passa fino a cinque ore al giorno a studiare il tedesco. A livello orale, capisce ogni parola. Finché non raggiunge il livello C1, cerca di fare del suo meglio con quel poco che ha. «Il Vita Parcours nella foresta è gratuito, molti musei sono gratuiti con la CartaCultura di Caritas, e io canto in un coro», dice. «Non mi dispiace mangiare poco o vivere in condizioni anguste, ma voglio partecipare alla vita qui». Myroslava ha bisogno di parlare con la gente.
In imbarazzo per colpa della società
Marco, padre di famiglia, non si vergogna di avere pochi soldi. «Indosso abiti vecchi e a buon mercato, non andiamo mai in vacanza». Ciò che lo opprime è la sensazione di essere giudicato a causa della sua povertà. «Non ho scelto io di essere povero, ma spesso ho la sensazione che la gente pensi questo di me».
Anche Elisabeth, mamma single, non si considera una vittima. «Trovo sempre una soluzione. Non ho fatto nulla di male». Ma c’è una cosa che trova vergognosa: «La gente si gira dall’altra parte invece di aiutare».
Cosa fanno la Confederazione e i Cantoni per combattere la povertà in Svizzera? Lo chiediamo a Thomas Vollmer, capo divisione dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali. Ci spiega che il tasso di povertà in Svizzera si aggira intorno all’8% dal 2017. «Il fatto che questo tasso sia rimasto stabile anche in tempi di crisi dimostra che il sistema sociale svizzero fondamentalmente funziona. Tuttavia l’obiettivo di ridurre la povertà non è ancora stato raggiunto». Per questo motivo sono in corso diversi sforzi per presentare una strategia nazionale contro la povertà entro il 2027.
Per Andreas Reinhart della Caritas di Zurigo i tempi della politica sono ancora troppo lunghi: «Ci sono ancora troppi lavori scandalosamente sottopagati, ad esempio nel settore delle pulizie o della ristorazione. Qui è necessario un intervento urgente». Un’assistenza all’infanzia completa e a prezzi accessibili, riduzioni dei premi più generose e sussidi supplementari per le famiglie fornirebbero un sollievo per le persone a rischio di povertà.
Cosa aiuta le persone colpite?
Come la vedono Myroslava, Marco ed Elisabeth? Tutti vogliono lavorare, ma a condizioni eque. Elisabeth sogna un lavoro in ambito amministrativo, con orari flessibili. Myroslava continua a imparare il tedesco e spera di trovare un impiego che le permetta di stare a contatto con la gente. E Marco, lo chef esperto che cucina per i ricchi e famosi di Basilea? Vorrebbe una retribuzione migliore e scuole diurne gratuite per le sue figlie. «Questo darebbe a mia moglie più opportunità di trovare un buon lavoro».
Persone con un potenziale
Nonostante le risorse limitate, tutti e tre sono impegnati in attività di volontariato. «Se posso aiutare gli altri mi sento meglio», afferma Myroslava, che partecipa al teatro dell’operetta di Bremgarten e al Parlamento dei rifugiati dell’NCBI. «Così mi sento meno sola». Elisabeth assiste le persone che vivono in povertà per le questioni amministrative presso la Caritas di Aarau. Marco controlla ogni venerdì le donazioni di carne per Les Cartons du Cœur e dà consigli sulla preparazione. Chiunque sia stato colpito dalla povertà sa quanto sia importante qualsiasi aiuto. «Non siamo un peso. Siamo persone con un potenziale e soprattutto con la volontà di dare un contributo», dice Myroslava sperando che oggi sia una buona giornata, con un po’ di cioccolato fondente e magari anche un caffè.
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