Cure palliative, il valore del tempo che resta

by azione azione
6 Ottobre 2025

Quando la medicina non guarisce, ma continua a curare mettendo al centro la persona

«Non sapevamo nulla di cure palliative, finché mio padre si è ammalato. È stato allora che abbiamo scoperto Hospice Ticino: ci hanno accompagnati con competenza, umanità e rispetto. Senza di loro sarebbe stato tutto più difficile». Così racconta Corinne Amrein Negri, che ha vissuto in prima persona l’esperienza dell’accompagnamento palliativo a domicilio, trasformando quel periodo doloroso in un libro dal titolo Surreale, i cui proventi sono destinati in parte proprio a Hospice Ticino. Un gesto che racchiude il senso profondo del lavoro silenzioso ma fondamentale portato avanti da questa fondazione che oggi festeggia 25 anni di attività sul nostro territorio.

Il termine cure palliative deriva dal latino pallium, che significa «mantello» o «copertura»: un’immagine che evoca l’idea di protezione e sollievo. Nascono negli anni 60 in Inghilterra grazie alla dottoressa Cicely Saunders, fondatrice del primo moderno hospice a Londra, con l’obiettivo non di curare la malattia, ma di prendersi cura della persona nella sua totalità, alleviando il dolore fisico e il disagio psicologico, sociale e spirituale. Le cure palliative si rivolgono quindi a chi è affetto da malattie gravi o inguaribili, offrendo dignità e qualità di vita fino alla fine del percorso.

Purtroppo, ancora oggi sono spesso circondate da pregiudizi e paure; per questo, è importante sottolineare che le cure palliative non sono una «resa» o una rinuncia alla medicina. Al contrario, sono un modo di curare con attenzione e rispetto le persone affette da malattie gravi o inguaribili quando l’obiettivo non è più guarire, ma vivere nel miglior modo possibile il tempo che resta. È altresì importante sottolineare che esse non riguardano solo i malati oncologici, ma anche chi soffre di malattie croniche evolutive come Parkinson, SLA, demenze, insufficienze cardiache o respiratorie. Lo spiega molto chiaramente il direttore sanitario di Hospice Ticino dottor Brenno Galli: «Le cure palliative si prendono cura di tutto ciò che la malattia tocca: dolore fisico, ma anche sofferenza psicologica, sociale e spirituale». E aggiunge: «Quando la medicina non può più guarire, può e deve comunque lenire la sofferenza».

In Ticino, nel panorama delle cure palliative, la storia di Hospice Ticino nasce negli anni 90, da un’intuizione del professor Michele Ghielmini e dell’infermiera Sistiana Nava, che iniziarono a seguire a domicilio i pazienti oncologici dell’Ospedale di Mendrisio, esordisce il direttore Omar Vanoni, nell’illustrarne l’evoluzione: «Nel 1992 nasce l’Associazione Hospice Lugano, con il contributo di figure di spicco della sanità ticinese, come il professor Franco Cavalli, Gianmaria Solari, il dottor Hans Neuenschwander e Bea Marx. Quest’ultima è l’infermiera pioniera del progetto, e ha seguito per anni pazienti e famiglie con passione e dedizione». All’inizio i pazienti erano pochi: «18 nel 1992, diventati 38 nel 1995». Ma l’approccio era già chiaro: «Non portare l’ospedale a casa, ma portare la cura nella vita delle persone, rispettando i loro ritmi, desideri e paure».

Oggi, dopo 25 anni, la Fondazione Hospice Ticino è un punto di riferimento per tutta la popolazione del Cantone: «Ogni anno segue più di 600 pazienti, grazie a team composti da medici, infermieri e consulenti spirituali che collaborano con medici curanti, servizi infermieristici, assistenti sociali, fisioterapisti, dietisti, e persino musicoterapisti. L’assistenza è garantita 24 ore su 24, con un servizio di picchetto medico notturno, nei weekend e nei festivi». Sempre secondo i dati illustrati dal direttore Omar Vanoni: «Circa il 65% dei pazienti ha una patologia oncologica, mentre gli altri soffrono principalmente di malattie neurologiche, cardiovascolari o geriatriche (come ad esempio le demenze). La maggioranza ha più di 65 anni e, con l’invecchiamento della popolazione, le richieste sono in costante aumento».

Un aspetto spesso trascurato, ma fondamentale, è il supporto ai familiari: «Chi assiste un parente gravemente malato si trova spesso impreparato e sopraffatto. Le cure palliative erogate da Hospice Ticino non solo accompagnano anche i parenti durante la malattia, ma li sostengono anche nel lutto». La testimonianza di Elisa (nome noto alla redazione) conferma profondamente l’importanza dell’accompagnamento non solo della persona, ma di tutto il suo nucleo famigliare: «Quando mia madre ha iniziato a peggiorare per una grave forma di SLA, non sapevamo come affrontare la quotidianità. Le cure palliative a domicilio sono state un’àncora. L’équipe arrivava con delicatezza e professionalità, adattandosi ai suoi bisogni e ai nostri tempi. Non curavano solo lei, ma anche noi: ci ascoltavano, ci spiegavano, ci alleggerivano. In casa si è creata un’atmosfera serena, quasi protetta, nonostante tutto. E quando è venuto il momento di salutarla, lo abbiamo fatto con la consapevolezza di aver fatto il possibile, accompagnati da chi sa davvero cosa vuol dire “esserci” fino alla fine».

Vanoni sottolinea pure l’importanza di restare in contatto con i famigliari anche dopo la perdita: «Per aiutarli ad affrontare il dolore e, se necessario, indirizzarli a gruppi di auto-aiuto». Grazie al contributo del Cantone e dei Comuni (e alle donazioni da parte di cittadini, fondazioni e aziende), sono gratuite tutte le prestazioni del servizio, che tra l’altro si occupa pure di formare i professionisti, di consulenza nelle case per anziani e della pianificazione anticipata delle cure. Il direttore invita a riflettere sul fatto che il bisogno di cure palliative è destinato a crescere, anche in ragione dell’invecchiamento della popolazione. L’evoluzione delle cure palliative risulta quindi cruciale e necessaria: «Dopo 25 anni, la missione non si ferma perché, dicevamo, il bisogno di cure palliative è in crescita. Per questo vogliamo esserci: più presenti, più preparati, più vicini». E come sottolinea il dottor Galli: «Anche se ogni malattia ha il suo percorso, tutte alla fine portano sofferenze simili. Quindi, sta a noi aiutare a lenirle nel miglior modo possibile».

Curare a casa, curare con dignità, curare con empatia ed essere presenti fino alla fine: questo è il cuore delle cure palliative a domicilio. Vanoni conclude: «Si tratta di un lavoro fatto di ascolto, presenza e rispetto, dove la casa diventa il primo luogo di cura, e la relazione è parte della terapia». Come ricorda l’esperienza di Corinne Amrein Negri, la cura non finisce quando la medicina si ferma, ma inizia davvero quando si sceglie di esserci.