Quella leggerezza presa troppo alla leggera

by azione azione
24 Novembre 2025

«Non credo che sia peggior cosa al mondo che la leggerezza, perché gli uomini leggieri sono strumenti atti a pigliare ogni partito, per tristo». Così, Francesco Guicciardini nei suoi Ricordi.

Per anni la parola «leggerezza» ha avuto una connotazione negativa: prendere una decisione con leggerezza, commettere una leggerezza, una imperdonabile leggerezza, un uomo o una donna di grande leggerezza. Del resto con l’etimo non si discute: «leggerezza» deriva da «leggero», che a sua volta proviene dal latino levis (lieve), attraverso l’antico francese legier. Questa radice latina collega la parola al concetto di scarso peso, ma anche a un significato figurato di facilità o talvolta di superficialità. Nel dialetto milanese la «ligera» – così veniva chiamata la microcriminalità locale, fatta di ladruncoli, piccoli rapinatori, ricettatori – ha un’origine dibattuta: la prima fa risalire il nome al fatto che i componenti delle bande agivano non armati, quindi «leggeri»; la seconda invece sostiene che gli orfani, i miserabili, i vagabondi che spesso ingrossavano le fila della ligera, indossavano indumenti leggeri rispetto alla media della popolazione.

Poi è successo un rovesciamento di senso che ha le sue radici in quel campione della leggerezza che è il Barone rampante, il protagonista dell’omonimo romanzo di Italo Calvino che sceglie di passare tutta la vita sugli alberi. Non che la terra non lo interessi, al contrario. Ma si rende conto che, per poter intervenire nel modo giusto, occorre saper esercitare una certa levità, una visione lucida delle cose, anziché lasciarsi guidare dagli impulsi del momento.

Era il 1985 quando l’Università di Harvard, in Massachusetts, si preparava a ospitare lo scrittore italiano Italo Calvino (1923-1985) all’interno del progetto Poetry Lectures, un ciclo di lezioni intitolate a un noto storico dell’arte e studioso di Dante di nome Charles Eliot Norton. Nascono così le cosiddette Lezioni americane, che alla fine non vennero mai tenute di fronte alla platea dell’ateneo di Cambridge, perché Calvino si spense il 19 settembre dello stesso anno, prima degli incontri previsti nel corso dell’autunno successivo. Una di queste lezioni era dedicata alla leggerezza (prossimamente su «Azione», un approfondimento). Da allora, ogni volta che qualcuno pronuncia la fatidica parola, sente il bisogno di dire «come la intendeva Calvino», magari senza neanche averlo letto.

Ma cosa intendeva Calvino per leggerezza? «Spero innanzitutto di avere dimostrato che esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca». Calvino unisce e contrappone leggerezza e peso come due aspetti complementari. «La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso». La leggerezza non è sinonimo di superficialità. Al contrario, rappresenta una forma di prevenzione naturale contro il rancore, l’odio e altri sentimenti negativi che possono facilmente prendere il sopravvento. Come suggerito da Italo Calvino, vivere con leggerezza significa affrontare la vita senza lasciare che le preoccupazioni diventino un peso e mantenere uno sguardo attento e profondo sulla realtà.

Poi, a poco a poco, la leggerezza di Calvino si è trasformata in una sorta di mantra per life coach. Cos’è successo?

La frase sulla leggerezza più citata di Calvino è questa: «Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore». Si trova su tutti i motori di ricerca alla voce «leggerezza calviniana», l’ha pronunciata Sabrina Ferilli in un monologo del Festival di Sanremo 2022, ma Calvino non l’ha mai scritta. L’ha scritta infatti Mattea Rolfo, insegnante, scrittrice e blogger di Cuneo, nel 2007. L’ha scritta come parafrasi personale della lezione calviniana; ma, postato sul suo blog, l’aforisma è stato condiviso da qualche utente che, con un bel paio di virgolette, gli ha messo le ali ai piedi: da allora ha viaggiato in lungo e in largo, è comparso in esergo a saggi di autori blasonati, è stato rilanciato da case editrici serissime, con la firma di Italo Calvino.

La leggerezza, «come la intendeva Calvino», non va dunque presa con molta leggerezza. Anche lei vuole il suo peso.