Avete presente l’aria che si respira quando i vostri famigliari congiurano per farvi una sorpresa? Capita anche sotto Natale, e in questi casi conviene fingere, fare i tonti per non deludere figli e nipoti. Gli indizi che qualcosa si sta preparando alle mie spalle si infittiscono. Entro in cucina e i presenti iniziano a parlare del clima: si prevedono tempeste di neve sui Carpazi e bora a Trieste.
In soggiorno mio nipote che è al computer, non appena avverte la mia presenza, cambia sito; mi era parso di vedere immagini di manette e catene, ma forse mi sbaglio. Verso sera, sfoglio il quotidiano e scopro che qualcuno ne ha già staccato una pagina. Mi accorgo di aver dimenticato in bagno il mio orologio da polso. «Qualcuno ha visto il mio orologio?». «È qui – risponde mia moglie –, l’avevi lasciato in cucina». Me lo porge. Nell’altra mano regge un metro da sarta. A tavola portando conversiamo. Gli argomenti sono forniti dall’attualità. Nessuno di noi rischia di finire in prigione ma non mi stupisce che si parli dell’affollamento nelle carceri e del bracciale elettronico. «Avete visto?», ci domanda nostro nipote. «Gli stilisti hanno già fiutato la novità. Fanno sfilare gli indossatori con un vistoso braccialetto di cuoio». «Diventerà un must», prevede l’altro nipote. Interviene una figlia: «Se fossi un maschio farei follie per avere un braccialetto del genere. Completa l’eleganza e nello stesso tempo smagrisce».
Che siano diventati tutti pazzi? Non mi trattengo: «L’uomo col braccialetto di cuoio fa tanto playboy della terza età». Sconcerto unanime: «Ma tu dove vivi?». «A proposito – chiede il primo nipote –, sulla prepagata per gli acquisti online è rimasto qualcosa?». A proposito? Devo scoprire cosa c’era sulla pagina sottratta. Telefono all’amico Francesco: «Per favore, leggimi i titoli di pagina 21». L’amico esegue. Parlano di compravendita di giocatori. «Sei sicuro? Guarda bene». «Beh, sì, in basso ce n’è un altro che non c’entra niente». «Leggimelo, per favore». «New Jersey, alunni obesi col braccialetto elettronico. Così mangiano meno». Ecco. È quello. Sarà perché ho tre gilet fantasia che non riesco più ad abbottonare: possibile che sia tanto ingrassato? Ma perché dimagrire, se posso scucirli sulla schiena e poi collegare i due lembi con un pezzo di stoffa fermato con la pinzatrice? L’ho visto fare dal costumista del Regio con Pavarotti.
Pensavo di tenerlo nascosto. Ma ora che gli stilisti mi hanno sdoganato, posso agire senza vergogna. Titolo del servizio: «Lo shopping lo faccio nell’armadio». E vai! Ho accumulato tanta di quella roba che posso andare avanti per altri dieci anni. L’importante, si raccomandano gli stilisti, è scomporre gli elementi dei vari capi e ricombinarli con fantasia e buon gusto.
Per dire: posseggo una giacca da camera di velluto marrone a coste, con le tasche laterali, il taschino per la pipa e la cintura, come quelle usate dai costumisti delle fiction per far credere che quel figurante morto di fame è un vero Lord inglese a casa sua, davanti al caminetto. Non l’ho mai messa. È giunto il suo momento: l’abbino con i pantaloni della tuta che mi hanno regalato per convincermi a fare il tedoforo nelle Olimpiadi di Torino del 2006. I pantaloni bianchi con strisce verticali gialle e arancione s’intonano benissimo con la giacca. Se qualcuno si permette di criticare l’accostamento, ho pronta la definizione che gli tapperà la bocca: è vintage!
Un altro stilista sostiene che «si deve costumizzare il paltò con una fodera di seta colorata». Bene: prendo il loden blu comprato quando c’era il governo Draghi («per coniugare equità e rigore») e lo fodero con la stoffa coloratissima di due camicioni comprati venti anni or sono in Malesia a un banco del mercato quando ho scoperto che in Italia nessuna banca mi avrebbe cambiato la moneta locale. Mai indossati neanche per carnevale. Volevo regalarli per una pesca di beneficenza ma gli organizzatori si sono offesi. È l’etno-couture, dicono gli stilisti che profetizzano un imminente boom per il kimono. Sul kimono sono carente, mai stato in Giappone.
Il maggior numero di capi nel mio guardaroba va sotto la categoria «grembiuli da cucina». Quando non sanno cosa regalarmi, amici e parenti arrivano con un grembiule, mai con un pigiama di seta da seduttore seriale. E se incominciassi a uscire indossando un grembiule al posto della giacca? Impreziosendo la pettorina con qualche cristallo Swarovski?