La mancia è in discussione. Per cominciare diversi Paesi stanno progettando o introducendo nuove leggi in materia. Più ampiamente molti la considerano un retaggio d’altri tempi, quando aristocratici e ricchi borghesi potevano trattare i lavoratori con sussiego e degnazione, dando loro qualche spicciolo. Ma abolirla non sarà facile. La mancia è un’usanza antica come l’uomo, attestata almeno dal Medioevo, quando i signori ricompensavano servitori, stallieri o locandieri con piccole somme per i servizi resi con zelo e puntualità.
Ancora oggi sono pochissimi i Paesi nei quali non è gradita; a pensarci bene, quasi soltanto il Giappone, dove il servizio dev’essere impeccabile sempre, per zelo e non per la prospettiva di una ricompensa. Lì al massimo, per ringraziare, potete fare un inchino… E poi il denaro è una lingua universale e profondamente sincera. Una volta un ricco industriale chiese retoricamente al mio maestro, Vittorio Dan Segre: «Come potrò mai ringraziarla per le sue idee così brillanti ed efficaci?». E lui rispose, impassibile: «Mi dia dei soldi».
In Svizzera tutto è compreso, anche la gratitudine. E dunque, negli alberghi e nei ristoranti, il contratto nazionale sin dal lontano 1974 prevede che la mancia sia già inclusa nel prezzo. A quel punto lasciarla è semplicemente un segno di particolare apprezzamento del servizio ricevuto. In media, l’ammontare è intorno al 5-10% del totale; ogni locale si regola a modo suo, ma di solito la mancia rimane in più larga parte ai camerieri di sala (70-80%). Nell’insieme possono essere somme anche rilevanti (circa un miliardo di franchi all’anno), ma il fisco elvetico si disinteressa a queste entrate, anche perché sono disperse in mille rivoli e spesso sono pagate in contanti, dunque di difficile tracciabilità. Questo soprattutto in Ticino, dove ‒ secondo un’indagine condotta dalla ZHAW (Scuola universitaria professionale di scienze applicate di Zurigo) ‒ l’82% dei clienti lascia la mancia in contanti (contro il 67% della Svizzera tedesca). E anche se hanno pagato il conto con la carta di credito o altri sistemi digitali (come fa oltre la metà dei clienti), preferiscono poi mettere una banconota in mano al cameriere, anche per essere certi che finisca a chi davvero si è occupato di loro. Nella stessa logica qualcuno lascia del denaro sul comodino della stanza d’albergo, perché lo trovi la cameriera che pulirà dopo la partenza.
Con un pizzico di orgoglio, il nostro mi sembra un sistema perfetto (a parte qualche lamentela da parte dei cuochi, perché spesso in cucina della mancia arrivano solo… le briciole). Altrove invece ci si complica inutilmente la vita. Negli Stati Uniti per esempio le mance sono da sempre una parte essenziale dei guadagni dei camerieri. Ma a questo punto lasciarle non è più una scelta, quanto piuttosto un obbligo. E dato che vengono registrate in uno spazio apposito del conto, sono soggette a tassazione federale e contributi previdenziali. In campagna elettorale Trump aveva promesso esenzioni parziali poi tradotte nel No Tax on Tips Act (luglio 2025), rovesciando pure in questo campo abitudini consolidate.
Anche nel Regno Unito sono considerate reddito imponibile e si controlla con leggi apposite che i datori di lavoro non trattengano nulla. Invece la Francia, paradiso della burocrazia, ha sospeso i prelievi fiscali sulle mance fino alla fine di quest’anno, ma solo per chi ha un salario ridotto (determinato con calcoli complicati). Infine in Italia dal 2023 le mance sono soggette a una flat tax di appena il 5%, ma solo per i dipendenti e solo se non rappresentano una parte troppo ampia del reddito annuale. I pagamenti elettronici sono possibili e resta libera la gestione interna delle somme (chi le raccoglie, come vengono suddivise tra sala, cucina eccetera). Ricordatevi però sempre che nella vicina penisola teoria e pratica raramente coincidono.
È sorprendente come un gesto così semplice e naturale tocchi ambiti tanto diversi: il lavoro, la fiscalità, la mentalità… Di certo la mancia funziona quando mantiene un giusto equilibrio tra la dimensione economica e il riconoscimento sociale. E dunque dev’essere su base volontaria, per non perdere il suo significato; dev’essere di modesta entità, per esprimere apprezzamento senza creare meccanismi servili; dev’essere ben distinta dalla giusta retribuzione per il proprio lavoro (e per la stessa ragione non va tassata). Insomma proprio come facciamo noi; ve l’avevo detto io.