Largo ai poveri… vincitori

by azione azione
3 Novembre 2025

Chi ricorda l’ultima squadra non inclusa nel triangolo Zurigo-Basilea-Berna ad aver vinto il campionato svizzero di calcio? Ci arrivate senza andare a ravanare su Google o siti vari? Voilà, bravissimo, signor Scattini. C’è arrivato veramente senza aiutino? Ottima memoria. La sua risposta è corretta. Proprio il San Gallo, che vinse il suo secondo e ultimo titolo al termine della stagione che ci ha traghettati nel nuovo millennio. Da quell’anno in poi, tredici scudetti sono finiti a Basilea, sei a Berna, e altrettanti a Zurigo, quattro sulla sponda del FC Zürich, mentre due li ha messi in bacheca il Grasshopper.

Se diamo uno sguardo ai campionati più prestigiosi, il quadro è ancora più selettivo. La serie A italiana propone uno scenario simile al nostro, con l’asse Milano-Torino che dal 2000 in poi ha intascato ventun titoli, lasciandone quattro alla virtuale alleanza del centro-sud, formata da Napoli, Roma e Lazio. Ancora più schiacciante la supremazia di Barcellona e Real Madrid nella Liga, quella del Bayern Monaco in Bundesliga (diciotto titoli su venticinque), e del Paris Saint Germain, che in Ligue 1, che ha portato a casa undici degli ultimi tredici allori in palio. Risulta un po’ più equa e sociale la distribuzione di gloria in Premier League, dove sei squadre si sono divise la torta. Ma si tratta di società storicamente ricche e competitive, tutte in grado di conquistare anche l’Europa. Per questa ragione, al termine della stagione 2015-2016, il mondo del calcio aveva vibrato per il sorprendente Leicester City, capace di mettere in fila Arsenal, Tottenham, United e City. Il trionfo della squadra diretta dal tecnico romano Claudio Ranieri, in un mondo che pasteggia a caviale e champagne, aveva il gusto di «porridge e bacon». Un miracolo, nonostante Leicester sia comunque una città di 350mila abitanti con la sua dignitosissima tradizione calcistica, che le aveva portato in bacheca anche una Coppa d’Inghilterra e tre Coppe della Lega.

In fondo, l’ultimo vero prodigio lo aveva compiuto il piccolo Football Club Gueugnon, che il 22 aprile del 2000, nella finale di Coppa di Lega, nel sontuoso scenario dello Stade de France di Parigi, aveva messo in scacco il Paris Saint-Germain. Con un classicissimo 2 a 0, Davide aveva crocifisso un incavolatissimo Golia. Questo episodio fu persino ripreso dalla scrittrice Valérie Perrin, autrice di Cambiare l’acqua ai fiori, nel suo ultimo romanzo «Tata». Uno dei personaggi principali è un’enigmatica e agrodolce zia, sfegatata del Gueugnon, che suddivide il suo amore e le sue attenzioni tra la squadra di calcio, di cui sa tutto, e una nipote regista cinematografica in crisi.

Avrei voluto esserci, a Parigi, quel giorno. Così come mi sarebbe piaciuto trovarmi, lo scorso 25 ottobre, allo stadio Ullevi di Göteborg, dove il Mjällby si è imposto sui padroni di casa, pure per 2 a 0. Non si è trattato di una partita qualunque, bensì di quella che ha consegnato matematicamente il titolo di campione di Svezia agli ospiti. Il Mjällby Allmänna Idrottsförening rappresenta la località di Halliwick. Mai sentita? Neppure io, prima di quella sera. È adagiata sul mar Baltico nella parte meridionale della penisola svedese. Vive principalmente di pesca e di attività portuali, oltre a un pizzico di turismo naturalistico. Abbastanza per regalare una dignitosa esistenza ai suoi 1485 abitanti. Risorse tuttavia apparentemente insufficienti per sostenere una squadra calcistica di livello nazionale. Eppure, con un bilancio di circa 84 milioni di corone, che corrispondono grosso modo a 7 milioni di franchi, al Mjällby il miracolo è riuscito.

A titolo di paragone, il Lugano, in un campionato che per qualità non si discosta molto da quello svedese, gestisce la stagione con una somma che si aggira attorno ai 30 milioni di franchi.

Il prossimo anno, le maglie gialle del Mjällby le vedremo esibirsi in Champions League, negli stadi più prestigiosi d’Europa. Non ci si deve illudere, la tendenza del calcio e degli sport ricchi in genere, è lo specchio di una società che sta viaggiando verso un divario sempre più ampio tra una minoranza di mega ricchi e una maggioranza che si arrabatta. Il successo dei neo campioni svedesi corrisponde a un 5+2 stelle all’Euromillions. Non è la regola. Ma regala speranza ai cosiddetti poveri. Ed è bellissimo scoprire che ogni tanto non è il denaro, ma «c’est l’amour qui fait la guerre».