Ho studiato economia nei primi anni Sessanta dello scorso secolo. La nostra generazione era quella nata durante la Seconda guerra mondiale e portava ancora vivo il ricordo delle difficoltà conosciute dalla nostra popolazione negli anni della crisi mondiale degli anni Trenta. Allora eravamo tutti convinti – studenti come professori – che, a livello mondiale, con un tasso annuale di crescita reale del prodotto nazionale del 5% e con una generosa politica redistributiva si sarebbero potuti risolvere, in breve tempo, i problemi degli squilibri nello sviluppo e della povertà in pochi anni. Poi venne, all’inizio degli anni Settanta, il rapporto sui limiti della crescita del Club di Roma: una vera doccia fredda per entusiasti della crescita economica quali eravamo noi. Oggi siamo arrivati all’altro opposto della catena argomentativa: la crescita economica esponenziale è diventata una minaccia maggiore. Essa determina, a livello mondiale, un continuo aumento della temperatura il che può avere conseguenze catastrofiche.
Stando agli esperti, un aumento della temperatura di tre gradi, rispetto al livello della società preindustriale (1850-1900) determinerebbe eventi climatici estremi più frequenti e intensi (ondate di calore, siccità, inondazioni e tempeste) e un grave impatto sugli ecosistemi, con perdita di biodiversità e acidificazione degli oceani. Vi sarebbero inoltre gravi ripercussioni socio-economiche, come la diminuzione della disponibilità di cibo, acqua e un aumento dei rischi per la salute e delle migrazioni forzate. Così, se vogliamo salvare il mondo, ci dicono molti di loro, dovremmo essere capaci di arrestare la crescita con il suo enorme consumo di risorse, di energia e la sua, altrettanto enorme, produzione di scarti, rifiuti e immissioni pericolose. La stabilizzazione, o addirittura la decrescita, come opzioni alternative alla crescita esponenziale attuale, sono scenari che stanno trovando un sostegno sempre maggiore anche in Svizzera.
Già oggi, gli oppositori alla crescita economica sono in grado di proporre iniziative costituzionali, con divieti e limiti, e di farle approvare. Contro la crescita sono, a sinistra, i partiti ecologisti ma anche un’importante frangia della socialdemocrazia. A destra troviamo l’UDC e altri movimenti nazionalisti che si schierano da anni contro l’immigrazione e quindi, di fatto, che lo vogliano o no, si oppongono ad un’ulteriore crescita dell’economia. Attualmente, a livello politico, la discussione si concentra soprattutto sui vantaggi e gli svantaggi delle misure previste dall’iniziativa con la quale l’UDC vuole limitare la crescita della popolazione a livello nazionale. Aggiungiamo ancora che, oltre agli schieramenti partitici, contro la crescita operano molte organizzazioni come, per non citarne che una, l’associazione Degrowth Schweiz che, dal 2018, si impegna in favore di una società socialmente giusta e indipendente dalla crescita.
A questo punto è forse utile ricordare che la decrescita, che comporterebbe una riduzione importante del benessere materiale e, con molta probabilità, un aumento delle disparità nella distribuzione di reddito e ricchezza, non è l’unica via d’uscita. In un libro uscito quest’anno, dal titolo La società esponenziale, il sociologo tedesco Emanuel Deutschmann, propone come alternativa alla crescita la stabilizzazione, ossia una situazione nella quale i molti fenomeni che oggi crescono in modo esponenziale, come popolazione, prodotto interno lordo, volumi del traffico veicolare consumo di energia, informazione, progresso tecnico e altri, smettono di crescere limitando così i rischi connessi al cambiamento climatico. Deutschmann è convinto che quello della stabilizzazione a livello mondiale è uno scenario praticabile. Altri la pensano differentemente. Per esempio per Mathias Binswanger, un professore di economia svizzero, molto attento ai problemi ecologici, questa alternativa sarebbe impossibile. Egli pensa che il sistema economico nel quale viviamo non può fare a meno della crescita. In un libro uscito nel 2019, Binswanger ha dimostrato che, nel sistema capitalista, a causa della continua accumulazione di capitale, la crescita è inevitabile. Anche se non aggiunge nulla alla gioia di vivere o alla felicità degli esseri umani.