Informazioni

Museo di Val Verzasca, Sonogno, 1° maggio-31 ottobre, ma-do 11.00-16.00, lu chiuso. Tel. 091 7461777. www.museovalverzasca.ch.

Altre sedi del Museo a Frasco, dove sono in funzione una centralina elettrica e un mulino (sa 15.00-17.00) e a Odro (2 ore a piedi da Vogorno), dove in una piccola cascina sono esposti gli attrezzi per il taglio e la raccolta del fieno selvatico (J.-Louis e Christiane Villars. Tel. 091 7454815, aperta tutto l’anno). http://www.generazioni-al-museo.ch/it/home www.kuverum.ch

Il Museo propone cinque itinerari etnografici sul territorio da scoprire individualmente: raccolta del fieno selvatico a Odro ( Vogorno), lüere di Brione Verzasca, sfruttamento della forza idrica e centro artigianale a Frasco, sistema idrico e vasche monolitiche a Revöira (Lavertezzo), fregère a Cabioi (Sonogno). «Azione», Un laboratorio di gesti antichi articolo di Roberta Nicolò, 21.3.2016 pag. 3.


Il museo raddoppia

A fine aprile è stato inaugurato un nuovo edificio a Sonogno, sulla piazza del villaggio da poco riqualificata – Intanto, da quest’anno il museo partecipa al programma svizzero GaM, Generazioni al museo, iniziativa nazionale promossa dal Percento culturale Migros
/ 14.08.2017
di Elena Robert

Ci sono tanti modi di raccontare e far vivere l’identità di una regione. Il Museo di Val Verzasca da quest’anno sta sperimentando un concetto innovativo che punta sul coinvolgimento diretto e sul ruolo attivo del visitatore, anche attraverso esperienze di mediazione culturale rivolte a far incontrare persone diverse. Con questi stimoli alla conoscenza si vivrà con maggiore consapevolezza il rapporto con il territorio, vasto e articolato, che va dal Piano di Magadino all’alta Valle, fino ai passi e alle bocchette che lo collegano a Valmaggia, Leventina, Riviera e Bellinzonese.

A fine aprile si è aperto il nuovo edificio del complesso museale di Sonogno, in posizione strategica sulla piazza del villaggio, riqualificata su progetto dell’architetto Enrico Sassi nell’autunno scorso. Qui ora si respira davvero un’aria diversa. Le due sedi del museo sono diventate a tutti gli effetti parte integrante del riuscito intervento urbanistico. Ci accompagna la curatrice e mediatrice culturale Veronica Carmine: «Casa Genardini, la sede storica, con le ambientazioni tradizionali della dimora verzaschese, è un luogo della memoria, ci ricorda un microcosmo in cui prevalgono il senso del collettivo, la solidarietà, il controllo sociale. A pochi metri di distanza i contenuti dell’edificio progettato dall’architetto Franco Patà invitano invece ad uno sguardo più ampio sul territorio e al sapere pratico dei valligiani, quello dei gesti del lavoro quotidiano, tramandati dalla cultura orale ed emanazione essi stessi di un sapere». Il concetto museale si è ispirato ad una rilettura critica delle ricerche di Franco Binda, Max Gschwend e Giovanni Bianconi, arricchita da testimonianze orali e scritte. Nella nuova sede si sviluppa la tematica del movimento praticato dalla comunità per gestire l’attività agropastorale povera di risorse: spostamenti propri del semi-nomadismo stagionale (su quattro livelli, il piano, la valle, i monti, gli alpi), della transumanza, dell’emigrazione periodica (in particolare di spazzacamini, vetrai, muratori) e di quella duratura oltreoceano verso l’Australia e la California. L’allestimento, essenziale, fa dialogare il territorio storico e geografico e l’operosità dell’uomo animata dall’onnipresenza della fede. Ci si confronta al pian terreno con l’evoluzione del paesaggio dagli anni Quaranta in poi attraverso le restituzioni tridimensionali di un modello interattivo della valle. Si focalizzano così, in sintonia con immagini che scorrono sulla parete, aspetti della morfologia, dell’utilizzo del territorio, confronti tra il passato e la contemporaneità e presenze interessanti come i massi cuppellari (una cinquantina quelli inventariati) e le cappelle (più di trecento). Un approccio più emozionale è invece offerto da una carta della Valle sulla quale i visitatori possono lasciare un pensiero, un disegno, un aneddoto riferito a un ricordo o a una percezione vissuti in un luogo. Vale la pena soffermarvisi per rendersi conto di quanto sia profondo l’attaccamento di abitanti, turisti, escursionisti alla regione, testimoniato da persone di età, origini e provenienza diverse.

Il fare dell’uomo è presentato in modo dinamico anche nell’unico spazio al primo piano, ricco di contenuti, dove il tema del movimento sul territorio viene scandito oltre che dalle stagioni, dalle esigenze degli animali, dalla pratica dei compiti quotidiani. Il nucleo familiare si riuniva solo in particolari momenti dell’anno, nello stesso periodo c’era chi si muoveva nelle zone alte dei monti e degli alpi, mentre altri della stessa famiglia si spostavano tra i fondovalle e gli insediamenti del piano, per occuparsi ad esempio della vigna. Il visitatore viene invitato a mettersi nei panni di un verzaschese degli anni Quaranta, provando di persona alcuni gesti antichi, guidato da oggetti, immagini storiche, dalle voci di chi ha vissuto la valle e da brevi filmati: racconti e preghiere ci riportano con l’immaginazione allo sprügh delle sette culle, a provare a trasportare un quintale di fieno su una fassoéra, a preparare il pastone con cui sfamarci fatto di corteccia di faggi e qualche castagna, o ancora davanti al fuoco serale con il corno di becco in mano per lanciare segnali.

«Alla riuscita del museo vallerano contribuiscono da decenni molte persone. Il coinvolgimento di famiglie e scuole ha fatto sì che col tempo si sviluppasse un legame intenso, autentico con la realtà locale. Questa filosofia – ci racconta la curatrice – si è particolarmente rafforzata nel contesto del più recente e ampio progetto di modernizzazione e crescita del museo che ha portato al raddoppio della sede e a un nuovo concetto di trasmissione di valori e di conoscenza. La chiave del rilancio sta proprio in questa forma di partecipazione concreta sulla quale anche in futuro intendiamo puntare ancora di più, con strumenti diversi, attraverso esperienze mirate sul territorio e nel museo con occasioni di dialogo, di incontro, di scambio di saperi». Uno di questi strumenti è la formula semplice e efficace del GaM, che sta per Generazioni al museo, iniziativa promossa a livello svizzero da Percento culturale Migros e che si è concretizzata quest’anno anche in Ticino, nel Museo di Val Verzasca e in altri musei etnografici nel Cantone. Sono pertanto diventati parte integrante del calendario delle manifestazioni museali anche momenti speciali di condivisione proposti a persone di generazioni diverse. I GaM diventano così opportunità di scambi sociali e emotivi che possono contribuire ad allargare i propri orizzonti. Per i musei significa avvicinare il pubblico in modo nuovo, informale. Percento culturale Migros appoggia dal 2014 questo tipo di esperienze nello spirito di quel rafforzamento della partecipazione culturale, uno degli assi portanti della politica culturale in Svizzera e che Città, Cantoni e Confederazione hanno deciso di approfondire nel corso dei prossimi anni. Veronica Carmine che coordina le esperienze GaM nella Svizzera italiana è un vulcano di idee e intende coinvolgere col tempo anche le altre realtà istituzionali sul territorio. Un incontro GaM tra fotografi del Verzasca Foto Festival e abitanti della Valle è previsto a Sonogno il 1° settembre, mentre il 28 ottobre al Monte Verità ci sarà un incontro plenario sulla mediazione culturale aperta a tutti i musei della Svizzera italiana.

Ideatrice della formula GaM è Franziska Dürr, dal 2000 responsabile della mediazione culturale nell’ambito della formazione Kuverum proposta nei musei in Svizzera e all’estero: «Un centinaio di istituzioni ha già vissuto esperienze GaM e una cinquantina di esse continua a proporle. Al di là dell’interesse che si mantiene alto nel Paese, nella Svizzera interna dove il pubblico nei musei è molto diversificato, gli incontri tra persone di generazioni diverse vanno perfezionati. Nella Svizzera francese si sperimentano preferibilmente nuove idee di eventi GaM volti a far socializzare persone di culture diverse. In Ticino – ci dice Franziska Dürr – si è partiti con entusiasmo, l’esperienza sembra promettere bene, forse anche perché i piccoli musei etnografici hanno sempre coltivato un rapporto vicino alla gente e alla realtà locale. L’incontro previsto a Berna al Museo della comunicazione il prossimo 15 settembre al quale sono invitati direttori di musei, mediatori culturali, pubblico e gruppi che collaborano con le istituzioni darà la possibilità a tutti di confrontarsi e di mettere sul tappeto piccole e grandi idee. Un’opportunità da non perdere, anche per mostrare cosa è possibile fare insieme e a livello nazionale per promuovere la partecipazione culturale».