Conoscete la tribù dei cripto cavernicoli? Spiegazione del termine: cavernicolo è sinonimo di anacronistico, superato dai tempi; cripto, viene dal greco che significa «nascosto, coperto». Un cripto cavernicolo, quindi, è una persona «moderna», anzi «contemporanea», con uno stile di vita e abitudini in linea con l’evoluzione scientifica e dei costumi attuali, ma che nel profondo di sé, resta «vecchio». Non tanto dal punto di vista anagrafico (in parte anche), quanto soprattutto perché legato a usanze e abitudini obsolete. Al netto di questa definizione e pur essendo entusiasta del progresso scientifico, credo di appartenere a questa corposa tribù.
Per esempio, pur riconoscendo l’infinita maggior comodità del navigatore, che in realtà uso a man bassa, mi piace trovare un itinerario di viaggio squadernando sul cofano una classica mappa delle strade e autostrade della regione in cui mi avventuro. Non lo faccio in pubblico solo per evitare che mi scambino per un transfuga degli anni Ottanta o di essere rapito da un’équipe di antropologi interessati alle specie rare.
Altro esempio. Durante le riunioni di lavoro e le conferenze stampa, i colleghi che si presentano senza un pc portatile o un tablet su cui prendere appunti sono autentiche mosche bianche. In un sottofondo di polpastrelli che battono lettere e segni grafici, tu estrai dalla cartelletta un vecchio bloc notes e sfili dal taschino la fedele penna biro e d’improvviso cala il silenzio. Tutt’attorno, con le dita paralizzate a mezz’aria sopra la tastiera, gli altri ti studiano perplessi, o al massimo con simpatica commiserazione, quasi a dire: ma da che epoca salta fuori questo qui?
Da molti anni, poi, chi lavora nei media sente ripetere il mantra secondo il quale l’epoca della carta stampata è al tramonto: il mondo dell’informazione starebbe vivendo una fase di transizione dal supporto cartaceo a quello elettronico e – in tempi rapidissimi – nessuno leggerà più giornali o libri di carta, ma tutti lo faranno (se lo faranno) da smartphone, PC, tablet e affini. Un altro segnale di questa evoluzione è la quasi sparizione delle lettere con timbro e francobollo e delle cartoline dalle vacanze, soppiantate da selfie e video selfie inviati da distanze transcontinentali in tempo reale.
È un prodigio. Ed è un fatto che meno carta gira, meno alberi vengono abbattuti, con gran vantaggio per l’uomo e per l’equilibrio ambientale. Ma senza dimenticare che anche le nuove tecnologie consumano una quantità mostruosa di energia e hanno un potente impatto eco ambientale (basti pensare all’impiego delle terre rare per gli smartphone).
La cosa più preoccupante però è un’altra: una condanna troppo frettolosa del «vecchio» modo di assimilare conoscenze, la lettura su carta. Su un inserto (cartaceo) che circolava nei giorni scorsi nelle case dei ticinesi c’era un’intervista illuminante alla neuropsicologa Barbara Studer, ricercatrice nelle università di Berna, Zurigo e Basilea. «Chi desidera comprendere e imparare in modo efficace – spiegava – dovrebbe preferire la lettura su carta stampata (…) la carta fornisce un feed-back tattile, che può portare a una maggiore capacità di memorizzazione e a una comprensione più profonda (…) quando leggiamo in formato digitale il cervello passa in modalità “scorrimento” mentre quando leggiamo testi stampati passa in modalità “approfondimento”». Mi è scappata una lacrimuccia per gli amati libri e i ritagli di giornali che non riesco a buttare. E ho sentito un palpito di fierezza per la singolare tribù alla quale appartengo.