Amori e disamori ferroviari

by Claudia
23 Ottobre 2023

Com’è noto, le principali arterie che attraversano il Cantone, prima la rete viaria e poi la ferrovia, hanno determinato il destino della regione, nel bene e nel male (più nel bene che nel male, a conti fatti, anche se non mancano le zone d’ombra, le delusioni e le decisioni vissute come discriminazioni). Le implicazioni che ne sono derivate sono molteplici, da quelle geopolitiche (la scelta del tracciato) a quelle economico-finanziarie, al centro fin dall’Ottocento di ricorrenti ansie per la salute delle casse dello Stato e per il timore che le richieste del Cantone cadessero nel vuoto. Sappiamo anche come la ferrovia del Gottardo, inizialmente in mani private, sia stata all’origine di malumori e proteste, e non solo perché applicava tariffe maggiorate per superare le tratte di montagna da Biasca ad Amsteg. Per ridurle furono necessarie reiterate ed energiche «rivendicazioni», anche quando l’esercizio fu assunto dalla Confederazione nella prima decade del Novecento.

Ripetute petizioni e manifestazioni sulla piazza federale accompagnarono anche la seconda grande rivendicazione: la galleria stradale sotto il massiccio. Anche qui si dovette alzare la voce per smuovere dal torpore le autorità federali: «Il problema del San Gottardo – esclamò Bruno Legobbe nel 1957 durante un’assemblea della Nuova Società Elvetica – deve essere risolto al più presto: con Berna o senza Berna, con Berna o contro Berna». La terza rivendicazione – AlpTransit – è stata meno osteggiata, anche perché sostenuta da un doppio voto popolare, in una fase in cui urgeva trasferire il traffico pesante dalla strada alla ferrovia (un’esigenza condivisa da tutte le principali forze politiche). Rimane, per ora, a mezz’aria la quarta rivendicazione, ovvero il completamento della linea veloce da Lugano alla frontiera, e anche oltre, lungo l’asse che porta a Milano.

Mugugni e arrabbiature a parte, l’opinione pubblica considera il sistema ferroviario elvetico un bene di famiglia. Tuttavia il trasporto su rotaia – di viaggiatori e di merci – non è privo di insidie ed imprevisti, come si è visto con il recente deragliamento nella galleria di base. Rimane comunque più sicuro del traffico veicolare nel computo delle vittime (241 morti in incidenti stradali nel 2022). L’ultimo grande disastro sulla linea ferroviaria del Gottardo avvenne nel 1924 alla stazione di smistamento di San Paolo, presso Bellinzona: nello scontro tra due treni perirono quindici persone. Le cronache narrano anche di disgrazie avvenute ai passaggi a livello e nel corso di lavori di manutenzione. La sicurezza è da sempre al centro delle preoccupazioni dei ferrovieri e dei loro familiari. Un’esigenza acuita dal transito su suolo elvetico di convogli – carri e locomotive – appartenenti a compagnie estere. Argomento non nuovo: già nel 1950, durante una conferenza internazionale tenutasi a Lugano, uno dei temi in discussione fu «l’esame della possibilità di applicare norme uniformi circa la circolazione dei carri ferroviari privati sulle reti ferroviarie delle varie Nazioni».

Come si sarà capito, sono numerosi gli addentellati per chi si accinga ad illustrare gli aspetti sociali dell’impresa ferroviaria, un sistema di comunicazione che fin dalla sua sferragliante irruzione nel piccolo e isolato Ticino ha rimescolato e gerarchizzato i rapporti tra territori e ceti sociali. La dorsale autostradale è recente, conta pochi decenni di vita; la ferrovia invece è ultrasecolare se prendiamo come termine di confronto l’apertura, nel 1882, del tunnel tra Airolo e Göschenen. La sua costruzione ha portato nelle valli ticinesi migliaia di operai italiani, un’immigrazione che al confine s’incrociava con quello dei contadini dell’arco alpino in partenza per la California. Successivamente la ferrovia ha creato un gran numero di posti di lavoro, sia nelle stazioni, nei depositi e nelle officine, sia nel comparto del personale viaggiante. Con le poste e l’esercito, ha favorito la formazione di un corposo ceto medio, in cui anche la donna, prima relegata tra le pareti domestiche, ha potuto trovare un suo spazio e intraprendere così un percorso di emancipazione. E pure i figli, che hanno potuto accedere agli studi superiori, dal liceo all’università. Lavoro, solidarietà, promozione sociale, senso di appartenenza a un’impresa corale, ma anche disgrazie, incidenti e deragliamenti. Una futura, complessiva storia sociale delle nostre ferrovie non potrà non tener conto di tutti questi aspetti, dalle ripercussioni economiche ai risvolti cultural-linguistici.