Meloni e Salvini quasi nemici

by Claudia
20 Novembre 2023

Alla vigilia delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 Elly Schlein disse: «Sono una donna, amo un’altra donna, non sono una madre, ma non per questo sono meno donna». Con quelle parole intendeva porsi come l’anti-Meloni. E con questa logica la borghesia intellettuale di Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli l’ha scelta nelle primarie aperte come leader del PD, rovesciando il verdetto degli iscritti al Partito democratico che avevano indicato come segretario il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Ma i simpatizzanti della sinistra italiana hanno ritenuto utile contrapporre a una radicale di destra – il profilo di Giorgia Meloni – a una radicale gauchista. Finora il calcolo non ha funzionato. Il Governo perde colpi nei sondaggi. Per la prima volta la maggioranza degli italiani si esprime contro l’Esecutivo guidato da Meloni. Eppure il PD non cresce, anzi nei sondaggi naviga attorno al 18%, vale a dire sotto il risultato – già modesto – delle elezioni politiche. Questo accade perché Schlein tenta di rianimare un elettorato di estrema sinistra che non esiste o è comunque numericamente poco significativo, anziché tentare di prendere voti dall’altra parte, cioè di essere competitiva se non con la destra almeno con il centro.

Giorgia Meloni è messa meglio, ma non tanto. Si assiste a una strana divaricazione tra la popolarità della premier, che è ancora alta, e quella del suo Governo, che sta crollando. Meloni è una donna molto forte. La intervistai quando uscì il suo libro autobiografico, Io sono Giorgia, che nelle prime pagine ruota attorno alla questione del padre, che di fatto l’aveva rifiutata. «Quando è morto, non ho provato nulla», ha raccontato. «Né dolore, né gioia; che sarebbe comunque stata un’emozione. Non lo odiavo, e non lo amavo. A lungo ho creduto che il fatto di non avere un padre non mi avesse cambiata. Solo di recente ho capito che non è così. Non avere un padre è come un buco nero, un pozzo chiuso. E io quel pozzo non potevo permettermi di riaprirlo». Per questo, sostiene Meloni, lei è così dura ed esigente, con gli altri e con sé stessa; perché la sua più grande paura è deludere; e il retropensiero con cui ha fatto tutto quello che ha fatto è dimostrare che il padre aveva sbagliato a non occuparsi di lei. Non è quindi in discussione la sua tenuta psicologica, fisica, politica. Il problema è il suo Governo. L’economia non va bene. I prezzi continuano a salire. La Confindustria dice che nella manovra economica non c’è nulla per le imprese e per la crescita. Due guerre infuriano sui confini d’Europa; e se questo nell’immediato favorisce la stabilità, alla lunga le difficoltà del Governo sono destinate a emergere.

Con l’opposizione ufficiale debole e divisa, la vera opposizione Meloni ce l’ha in casa. In particolare per via di Matteo Salvini. Sotto certi aspetti, Giorgia e Matteo si assomigliano. Sono cristiani. Sono una mamma e un papà. E sono rivali. Non lo ammetteranno mai. Ma il vento nazionalista – e il sistema proporzionale con cui a giugno si voterà alle Europee – mettono di fatto Meloni e Salvini una contro l’altro. La generazione è la stessa. Sono diversi per formazione: lei romana, lui milanese; lei cresciuta coerentemente tra Movimento sociale e Alleanza nazionale, lui con qualche sbandata giovanile per i centri sociali e i «comunisti padani». Hanno gli stessi alleati: Marine Le Pen in Francia, Santiago Abascal in Spagna, Viktor Orbán in Ungheria, Jarosław Kaczyński in Polonia; e poi ovviamente Trump. Però Giorgia e Matteo si marcano stretto. Solidarizzano in pubblico e si punzecchiano appena possono. La pensano allo stesso modo su molte cose; ma alla prima occasione prendono posizioni diverse. Meloni resta di gran lunga la più forte; ma Salvini ormai non ha molto da perdere.

Lei rappresenta una destra senza complessi, apertamente anti-antifascista; ma si è vista scavalcare da Salvini, che in passato ha rivendicato ad esempio il feeling con Casa Pound. Inoltre Meloni ha aperto le porte a reduci berlusconiani che lui tiene a distanza. Fratelli d’Italia insomma si è collocata al centro rispetto alla Lega, punta all’elettorato azzurro, soprattutto al sud, dove non tutti sono disposti a dimenticare il decennale antimeridionalismo degli eredi del separatista Umberto Bossi e del federalista Roberto Maroni. Del resto, con il proporzionale, la concorrenza non è tanto con gli avversari, quanto con i falsi amici. Che fanno in fretta a diventare quasi nemici.