Negli anni Sessanta del secolo scorso, quando l’economia tirava e i tassi di crescita annuale erano spesso superiori al 4%, il Governo e il Parlamento ticinesi intavolarono un lungo dibattito sulla possibilità di dotarsi di una pianificazione o programmazione cantonale. Questi due termini sono poi scomparsi dal vocabolario politico, almeno per quel che riguarda l’economia, sepolti nelle macerie semantiche create dal crollo della cortina di ferro. Oggi per definire la politica economica del Governo si va invece nel teologico. Così il Dipartimento cantonale delle finanze e dell’economia ha raccolto gli obiettivi della sua politica di incoraggiamento in una «visione» la cui «missione» recita: «Lavoriamo insieme per una crescita economica duratura e sostenibile che valorizzi lo spirito imprenditoriale e l’innovazione, con risvolti positivi sull’occupazione». Ci si potrebbe chiedere se abbia un senso usare termini come visione e missione per definire gli obiettivi della strategia economica del nostro Cantone. Ma non formalizziamoci! Non è decisivo come venga chiamato il documento che contiene gli obiettivi strategici, importante è dare una definizione abbastanza precisa degli stessi e verificare in che misura possono essere realizzati. Per far questo è necessario confrontarli con le tendenze di sviluppo dell’economia. Ma quali sono gli indicatori che potrebbero consentirci di verificare se gli obiettivi della missione cantonale siano o meno fattibili?
Cominciamo dalla crescita duratura. L’indicatore principe della crescita è il tasso di variazione annuale del Pil. Questo tasso dovrebbe essere tale da evitare che la disoccupazione cresca. Secondo noi perché ciò sia possibile occorre che il Pil reale ticinese aumenti annualmente di almeno 1,5%. I dati disponibili ci dicono che, dal 2010 al 2020, il citato Pil è cresciuto solo dello 0,75%, ossia a una velocità pari alla metà di quella che sarebbe necessaria per mantenere il pieno impiego. Attualmente, quindi, la crescita è duratura ma insufficiente. Vediamo ora che ne è della sostenibilità della crescita. A livello cantonale l’obiettivo della sostenibilità è specificato in documenti quali le Linee direttive, il Rapporto sugli indirizzi, il Piano direttore cantonale, il Piano energetico cantonale, il Programma cantonale di Legislatura 2019-2023. Difficile invece sintetizzare le tendenze in atto. Ci limitiamo quindi a segnalare che la crescita dell’economia è normalmente accompagnata da un aumento del consumo di energia e questo non è un processo sostenibile. Tuttavia, come mostra la nuova Statistica dell’ambiente e delle risorse naturali, nel corso degli ultimi 10 anni in Ticino il consumo di energia è diminuito. Contenere il consumo di energia è un aspetto importante della sostenibilità e la tendenza in corso rispetterebbe la missione del DFE. Resta da vedere in che misura la diminuzione nel consumo non sia da attribuire al fatto che l’economia ticinese sta conoscendo una lunga frenata.
Rimangono da considerare gli altri due obiettivi quantificabili della missione, ossia l’innovazione, che sarebbe da valorizzare, e l’occupazione per la quale ci si augura vi siano risvolti positivi. In un’economia come la nostra, nella quale l’innovazione è soprattutto innovazione di processo, volta a ridurre i costi, la sua valorizzazione deve essere intesa come un auspicio a incrementare produttività e capacità concorrenziale che sono purtroppo i suoi punti deboli. La statistica ufficiale non riporta indicatori che quantifichino le prestazioni dell’economia ticinese in materia di innovazione. Notiamo però che un’inchiesta fatta a livello nazionale ha rilevato, per il Ticino, l’emergere di una tendenza negativa per l’innovazione e per le attività di ricerca e sviluppo. È quindi giusto che ci si dia da fare. Più difficile è capire che cosa il testo della missione intenda quando propone che la crescita dell’economia cantonale dovrebbe avere risvolti positivi sull’occupazione. Pensiamo che qui si voglia mettere l’accento su aspetti qualitativi, come per esempio un minor ricorso ai frontalieri, piuttosto che su aspetti quantitativi. Infine stimiamo che in un Cantone che ha conosciuto nel corso degli ultimi due decenni un raddoppio del numero delle aziende – e quindi anche del numero degli imprenditori – affermare di voler valorizzare lo spirito imprenditoriale dice poco: per noi non si tratta che di un’altra illustrazione della retorica mistico-aziendale che ispira tutto il documento del DFE.