In Olanda ha vinto l’antieuropeismo

by Claudia
4 Dicembre 2023

Pensavo in un inizio migliore, ha detto Geert Wilders, vincitore delle elezioni olandesi del 23 novembre alle prese con i primi passi della formazione di un coalizione di Governo. Il Partito per la libertà di Wilders, anti immigrazione, anti islam e anti Europa, ha vinto il maggior numero di seggi nel Parlamento (37) ma per governare ha bisogno di arrivare a 76 seggi. Ha il sostegno del Movimento civico dei contadini che ha 7 seggi; dovrebbe avere il sostegno del partito neonato Nuovo contratto sociale con 20 seggi; ma il piatto forte è il Vvd, il partito liberalconservatore che guida i Paesi Bassi da 13 anni e che ha preso 24 seggi. Quando Wilders dice che sperava in un inizio migliore fa riferimento al fatto che ha già dovuto sostituire il suo «negoziatore esploratore», il senatore Gom van Strien, che nel giro di tre giorni si è dovuto dimettere per un’accusa di frode: il senatore nega tutto, comunque lascia l’incarico e denuncia una campagna denigratoria da parte dell’élite contro il partito vincitore. Di certo lo shock di questa vittoria fatica ad assorbirsi, ma il problema non sono le accuse, il problema è lo stesso programma di Governo proposto da Wilders con cui ha vinto le elezioni.

Guardiamolo, questo programma, a pagina 42. «Il principio guida è agire nell’interesse dei Paesi Bassi e degli olandesi. Prima il proprio Paese»; «il Pvv vuole un referendum vincolante sulla Nexit» (Nexit sta per «Netherlands exit» cioè l’uscita dall’Ue). I Paesi Bassi sono uno Stato fondatore di quella che era la Comunità europea e che oggi è l’Ue, la loro forza economica si fonda sul mercato interno dell’Ue, hanno una grande forza politica a livello comunitario e vogliono fare – nella versione Wilders che vuole diventare primo ministro – come il Regno Unito. «Finché non si sarà tenuto il referendum sulla Nexit – si legge nel programma – ci impegniamo a recuperare i nostri miliardi da Bruxelles», a non fare «trasferimento di poteri all’Ue», a ripristinare «tutti i nostri poteri di veto», a contrastare qualsiasi ulteriore allargamento dell’Ue. Con Wilders al Governo i pilastri dell’Ue sarebbero messi in discussione, per non parlare della politica nei confronti dell’Ucraina. A metà dicembre l’Ue deve decidere se aprire i negoziati di adesione all’Ue, c’è già l’ostacolo del veto dell’Ungheria, e anche se Wilders non sarà ancora alla guida dei Paesi Bassi – se mai lo sarà – è evidente che la sua vittoria è una gran festa per Vladimir Putin. Oggi Wilders dice che «si modererà» e questa è la speranza di quasi tutti in Europa: il pragmatismo spesso ha il sopravvento sull’ideologia, soprattutto quando si vuole andare al Governo. Ma ci sono due elementi da considerare: Wilders ha vinto le elezioni perché ha urlato il suo programma, non perché lo ha mitigato o nascosto; Wilders è il fondatore di fatto del sovranismo anti immigrazione e anti europeo dell’Ue, prima di tutti i suoi partner di oggi c’era lui, che dal 2006 – l’anno successivo alla bocciatura nei Paesi Bassi del referendum sul Trattato costituzionale europeo – alimenta la visione nazionalistica dell’Europa, con i muri e le spaccature e quell’illiberalismo che già vediamo in essere in Ungheria. È plausibile pensare che si rimangerà la storia della sua vita per fare patti di Governo?

Molto dipenderà anche dalle decisioni del Vvd, da cui lo stesso Wilders proviene (era stato il mentore dell’ex premier Mark Rutte). Il Vvd si è classificato al terzo posto. Oggi, dopo le dimissioni e il ritiro dalla vita politica di Rutte, è guidato da Dilan Yesilgoz-Zegerius, di origine curda, arrivata come rifugiata nei Paesi bassi quando era bambina: scappava dalla Turchia dell’inizio degli anni Ottanta, con una sola borsa, è andata con un barchino da Bodrum all’isola di Kos, e poi su a nord fino ad Amersfoort, a pochi chilometri da Amsterdam. Yesilgoz-Zegerius dice che una storia come la sua, da rifugiata di periferia al centro del potere, ora i Paesi Bassi non saprebbero più crearla, perché sono state accolte troppe persone con politiche di integrazione fragili e il «sogno olandese» è svanito. È anche per questo che la leader del Vvd non esclude una collaborazione con Wilders – forse più sostegno esterno che patto di coalizione – e questo è, come un po’ tutto nel futuro olandese, un’incognita, perché non è chiaro se questa alleanza sarà più europeista e moderata o se invece è lo sdoganamento ultimo dell’antieuropeismo alla guida di un Paese che è il cuore dell’Ue.