Il pollo alla Marengo di Napoleone

by Claudia
19 Febbraio 2024

Montecarlo. L’invito a prendere parte a una conferenza sul tema della gastronomia è per me lo stimolo a riprendere in mano i tanti libri di storia dell’alimentazione. Da queste letture emerge un fenomeno a cui non avevo mai fatto caso. Ovvero la frequenza con la quale l’origine di prodotti o di piatti diventati celebri è attribuita al caso, all’emergenza, a una distrazione, alla necessità di rimediare a un errore. Mai al preciso disegno di creare un nuovo prodotto. Qualche esempio fra i tanti.

Un mandriano sta riportando la sua mandria dalla pianura all’alpeggio. Si accorge che le vacche sono stanche, decide di fare una sosta, di mungerle sul posto e da quel latte ricavare una forma di formaggio prima di riprendere il viaggio. Poi se lo dimentica. Mesi dopo ritorna in pianura e nel punto della sosta precedente ritrova quel formaggio che, trasformato dalle muffe, non solo è ancora commestibile ma ha un ottimo sapore. Il nuovo prodotto prende il nome dal luogo dove era stata fatta la sosta, Gorgonzola. Grazie a un mandriano distratto possiamo godere di un formaggio che si presta a molti usi.

Restiamo nei latticini e parliamo dell’origine del Castelmagno che prende il nome dal Comune in provincia di Cuneo dove viene prodotto. Attorno all’anno mille un contadino possiede una sola mucca e il suo latte non è sufficiente per realizzare una forma di formaggio. Così, contravvenendo a tutte le regole, lo realizza con una doppia mungitura, una serale e una mattutina, con una doppia rottura della cagliata e perciò una doppia lavorazione. Il Castelmagno d’alpeggio, nell’ideale classifica degli appassionati, è al vertice in compagnia del Gorgonzola e del Bettelmatt.

In Italia esistono anche città fondate sulla fama di un piatto. Il Tapulon è un antico stufato d’asino tipico del novarese. Un gruppo di pellegrini di ritorno dall’isola di San Giulio sul lago d’Orta fece tappa nel punto in cui oggi sorge Borgomanero e non avendo più nulla da mangiare pensarono di uccidere il vecchio asino che all’andata era stato utilizzato per il trasporto delle provviste. Siccome la carne era molto dura pensarono di tritarla con il coltello (in piemontese «tapulela» o «ciapulela» da cui il nome della specialità) e farla stufare nel vino rimasto, con aglio e alloro e qualcuno dice anche con cavolo verza. I pellegrini si trovarono tanto bene in quel posto che decisero di rimanervi fondando la città di Borgomanero e continuando a preparare quello stufato che li aveva sfamati. E lì bisogna andare per trovare il Tapulon sul menù di qualche osteria. Sono numerosi i piatti creati in condizioni di emergenza per far fronte a una necessità impellente. In questo capitolo non potevano mancare gli Agnolotti piemontesi. L’arte della pasta ripiena è antichissima e non solamente italiana. Ne parla il Boccaccio in una sua novella. Sono anche un’occasione per il recupero degli avanzi. Questa che segue è la narrazione della nascita degli Agnolotti in Piemonte, sarebbe interessante compararla con quella delle altre regioni.

Il Marchese del Monferrato dopo essere stato assediato dal Principe d’Acaja, volle festeggiare la vittoria. Però, dato il lungo assedio, le materie prime erano scarse e il cuoco, un certo «Angeloto» preparò della pasta ripiena con quella poca carne e verdure che aveva a disposizione; quella preparazione piacque a tutti e divenne l piat d’Angelot. Da «Angelot» a «agnolot» il passo è breve. Ancora un piatto generato dalla necessità di soddisfare un’esigenza impellente è Il Pollo alla Marengo. 14 giugno 1800. Dopo aver sconfitto gli austriaci Napoleone aveva fame. Il suo cuoco preparò alla svelta un piatto, con polli rubati ai contadini, olio d’oliva, burro, prezzemolo, uova, funghi, brodo e vino bianco. Dicono che Napoleone sia rimasto fedele in ogni occasione al suo pollo alla Marengo, perché gli ricordava il giorno di una gloriosa vittoria. I grandi piatti devono avere un’origine degna del loro rango.

Gli storici dell’alimentazione, quando riportano queste genesi si premurano di specificare che si tratta di leggende. Ma perché, se sono leggende, continuano a essere citate e raccontate? Forse l’invenzione di un nuova ricetta è considerata un dono e perciò passibile della vendetta degli dèi gelosi. Forse il ricordo della punizione inflitta da Zeus al titano Prometeo proietta ancora la sua ombra nelle nostre cucine.