Ai bambini insegniamo a desiderare

by azione azione
22 Dicembre 2025

Gentile professoressa,
leggo da anni la Stanza del dialogo e, tempo fa, le ho anche scritto ricevendo una risposta convincente. Come si sarebbe detto prima del Movimento delle donne, sono un’attempata zitella senza figli, un ramo secco. In realtà, come zia, ho avuto una intensa vita affettiva. Sto ora occupandomi della seconda generazione di nipoti, cinque maschietti che vanno dai tre ai sette anni: cinque monelli allegri e affettuosi, ognuno con il suo carattere. Tre vivono in Svizzera, due in Italia. Ma, grazie alla nonna, che spesso li riunisce a casa sua, ricevono una educazione molto simile, che può rappresentare un parametro del modo migliore di crescere i bambini. Al di là delle situazioni particolari, mi sembra che i bambini dei nostri giorni crescano troppo in fretta: sono intelligenti, curiosi, competenti ma tante volte a scapito della fantasia e, avendo tutto, sono spesso annoiati. Lei che ne pensa? / Zia Teresa

Cara Teresa,
innanzitutto complimenti per la sua capacità di osservare la società e porsi delle domande. Troppe volte gli anziani credono di sapere tutto senza accorgersi che i cambiamenti sono così rapidi da rendere obsolete le loro esperienze.

Viviamo in una società contraddistinta dalla impazienza, dalla fretta. I tempi degli adulti prevalgono su quelli dei bambini, che sarebbero molto più lenti. Quanti piccini vorrebbero dormicchiare nel loro lettino e gustare la colazione con calma invece di vestirsi e uscire di casa in fretta e furia? Conosco una bambina di tre anni che ogni sabato alle 9 viene portata dalla Baby sitter a seguire un corso di nuoto in piscina. Il che vuol dire alzarla alle sette quando d’inverno è ancora buio.

Viviamo nella società della fretta dove la parola «attesa», come osservava il filosofo Bauman, suona come una parolaccia. Tutto deve essere fatto al più presto, anzi subito. Come narro nel mio ultimo libro, L’ospite più atteso, l’incapacità di aspettare, di darsi tempo condiziona il legame madre-figlio sin dalla gravidanza e si protrae per tutta l’infanzia. Chi invita i più piccoli a scrivere una letterina a Babbo Natale? Sanno già che avranno tutto, anche quello che non hanno mai desiderato. Sui bambini, sempre meno numerosi e preziosi si concentra l’attenzione di otto o più parenti, tutti con il regalo più bello e, sperano, più gradito. Una ricerca statistica di qualche anno fa constatava che in media i bambini a Natale chiedono quattro regali, sempre in media ne ricevono dodici, otto di troppo. Le intenzioni degli adulti sono ottime, i comportamenti generosi, ma nascondono il rischio che, di fronte al «troppo», i bambini divengano apatici, senza desideri. Il desiderio nasce infatti dalla mancanza, si esprime nella domanda, si nutre dell’attesa. È però difficile impedire doni che esprimono attenzione, cura, amore, che rinsaldano le relazioni familiari.

Quello che potremmo fare è lasciare che i festeggiati aprano i pacchi che s’accumulano sotto l’albero. La sorpresa sarà motivo di gioia, invitiamoli poi a scegliere quali, di tanti giocattoli, possono donare ai coetanei che, contrariamente a loro, hanno poco o niente. La solidarietà è un valore che, se condiviso, migliora la stima di sé e la relazioni e con gli altri. Tuttavia non è un impulso spontaneo. Nell’infanzia prevale piuttosto la logica dell’Io e del Mio. Basta osservare i bambini che giocano insieme per constare quanto siano egoisti e possessivi, come si contendano giocattoli che potrebbero condividere. Spetta all’educazione introdurre il Noi, un soggetto collettivo che svolge una fondamentale funzione sociale: nelle bambine modera l’invidia, nei maschi la competitività. Infine, cara zia, grazie di stimolare riflessioni che mettono al centro i bambini e invitano ad ascoltarli.