New York sospesa tra sogno e incertezza

by azione azione
24 Novembre 2025

Le grandi sfide che attendono il nuovo sindaco Mamdani: affitti, trasporti e dialogo con il mondo del business

I treni sopraelevati della linea gialla sfrecciano nel frastuono della ferraglia, collegando Astoria, nel Queens, a Manhattan. Sotto, palazzine basse, ristoranti greci e caffè arabi. A una ventina di giorni dalla vittoria, nel quartiere di Zohran Mamdani l’energia è ancora palpabile. La avvertiamo parlando con studenti, pendolari e lavoratori che ogni giorno lottano con affitti impossibili e salari che non bastano più. È tra loro che si è consumato il «miracolo socialista» di questo trentaquattrenne musulmano, nato in Uganda da genitori indiani, che dopo aver polverizzato un mostro sacro come Andrew Cuomo, promette di restituirgli Gotham City rinnovata. L’epicentro della rivoluzione politica è qui, nel palazzone grigio dove ha vissuto gli ultimi sette anni con la moglie artista Rama Duwaji, in un mini appartamento a canone calmierato da 2300 dollari al mese. Prezzo stracciato per la città più cara del mondo. Ma il neoeletto lascerà presto Astoria per trasferirsi nella patrizia Gracie Mansion, la residenza ufficiale.

Si insedierà il primo gennaio alla City Hall, ma nel frattempo ha mobilitato tutti i volontari: occorrono quattro milioni di dollari per finanziare la transizione, il passaggio di consegne tra l’amministrazione di Eric Adams e la sua. Per ora in cassa ce n’è appena uno. Mamdani conta soprattutto su microdonatori, e questo significa che servirà uno sforzo in più. Quelle risorse sono indispensabili per coprire le spese della squadra e definire la sua agenda di Governo. A New York c’è ancora molta eccitazione tra chi lo ha votato, convinto che la sua vittoria dimostri l’esistenza di un’alternativa al mondo MAGA. Pur essendo «solo» un sindaco, il giovane viene ormai percepito come un antagonista di Donald Trump, al punto che le rispettive first ladies sono già messe a confronto per carisma e stile.

Classe lavoratrice risvegliata

Tra i supporter, durante un appuntamento dedicato al nuovo primo cittadino, incontriamo un entusiasta Bruno, esperto di marketing e originario del Perù. «La classe lavoratrice sembra essersi finalmente risvegliata, non accadeva da anni». Per lui Mamdani parla la lingua del popolo. «A New York vivere è proibitivo. Trovare un appartamento è come vincere alla lotteria. Sempre più persone temono di essere spinte fuori da una città che per molti resta il centro del mondo. Potersi permettere di restare è fondamentale ed è esattamente ciò per cui Zohran si batte». Il costo della vita, infatti, fa rabbrividire anche chi guadagna bene come Molly, che incrociamo alla stessa iniziativa. Ha una spilla sul petto: «Congelare gli affitti». Lei chiama casa Astoria da 12 anni. Ha creduto in Mamdani sin da quando si era candidato a rappresentante statale. «Sono dirigente in un’azienda e persino per me a volte è difficile pagare il canone. Non riesco nemmeno a immaginare cosa significhi per i lavoratori». Secondo lei Mamdani non chiede nulla di assurdo. «Vuole semplicemente una città in cui tutti possano vivere, in cui esistano una classe media e al contempo tutte le classi sociali». Aggiunge anche un altro tema, quello che ha attirato sul nuovo sindaco le critiche più dure, compresa l’accusa, smentita dai fatti, di antisemitismo per il suo appoggio alla causa palestinese. «Per molti di noi l’elezione del primo musulmano ha enorme valore».

Mamdani ha vinto con una piattaforma progressista che punta a rendere più accessibile la vita: vuole congelare gli affitti degli appartamenti stabilizzati, costruire case a canone abbordabile e creare servizi pubblici a basso costo o gratuiti, dagli autobus agli asili fino ai supermercati gestiti dal comune. Intende finanziare tutto questo aumentando le tasse sulle corporation e sui redditi più alti. Sul fronte della sicurezza e dell’immigrazione vuole ampliare lo status di città santuario, rafforzando i diritti degli immigrati. Difficile che tutte queste proposte vedano la luce. Il primo ostacolo è la governatrice democratica Kathy Hochul: molte delle idee di Mamdani potranno prendere forma solo se Albany aprirà i rubinetti. La collega di partito ha già messo le mani avanti, chiedendo a Wall Street di aiutarla a convincere Trump a rinunciare all’ipotesi di inviare la guardia nazionale a New York, cosa che il tycoon aveva minacciato all’indomani della vittoria. Chissà cos’è scaturito dall’incontro di venerdì 21 novembre tra il presidente degli Stati Uniti e Mamdani (quando il giornale andava in stampa, settimana scorsa, non lo sapevamo ancora)… Intanto a New York gli umori oscillano tra aspettativa e paura: da un lato la speranza che il radicalismo di Mamdani spezzi un ciclo ormai logoro, dall’altro il timore che una sterzata troppo a sinistra possa destabilizzare la città. Di certo, rispetto al profilo radicale mostrato in campagna elettorale, ora che è eletto, il politico ha già avviato un dialogo con i poteri forti, cercando margini di intesa.

Gli imprenditori

A riassumere lo scetticismo diffuso soprattutto nel mondo del business è Dean Galasso, imprenditore immobiliare. «Le politiche di Mamdani faranno male», denuncia. Soprattutto quelle legate agli affitti. «Se li congelerà, molti proprietari preferiranno non afittare più gli appartamenti a canone stabilizzato o non ristrutturarli, perché non avrebbero alcun ritorno economico. È una misura sbagliata: chi pagherà la differenza dovuta all’aumento delle utenze?», si interroga. Perplessità che condivide anche Alex Carini, analista e agente immobiliare, fondatore e CEO del Carini Group: «Non ha un profilo pro-business, né per il settore immobiliare né per l’imprenditoria in generale». La questione più impellente, ora, è l’incubo di una fuga di massa dei capitali. «Il sentore è che molti contribuenti di fascia alta stiano pensando di andarsene, magari in Florida. Sono stato di recente a Miami e c’è molto fermento per un possibile flusso da New York». Ma non solo. «Anche i mercati suburbani, ovvero Connecticut, New Jersey e Long Island, stanno registrando un aumento delle richieste da parte di chi si sposta fuori città, soprattutto dalle aree più benestanti. È un fenomeno che avevamo già visto durante la pandemia: negli ultimi due anni si era attenuato, ma ora sta tornando». Carini, però, conta sul contrappeso che Stato e Governo federale eserciteranno. «Mamdani dovrà vedersela con Albany e con Washington per i fondi di cui la città ha bisogno. Trump ha una linea diametralmente opposta rispetto alle sue politiche e la governatrice centrista Hochul si è già esposta come forza di equilibrio». Per l’imprenditore sarà essenziale rassicurare i grandi contribuenti: «Non dimentichiamo che l’1% più ricco paga oltre il 50% delle tasse della città». Ed è proprio da quelle entrate che dipende la possibilità stessa di continuare a far girare gli ingranaggi di New York.