Mariam, sposa senza dote nella Roma barocca

by azione azione
10 Novembre 2025

[Segue dal numero 42 di «Azione»] Il matrimonio di Pietro della Valle e Maria Tinatin fu celebrato il 10 maggio 1628 nella chiesa di santa Maria in Monterone, dietro il palazzo dei Della Valle. Mariam / Mariuccia non aveva dote; era venuta a vivere a Roma «da un paese tanto lontano» e senza «aver potuto haver cosa alcuna dalla casa di suo padre». Gliela fornì lui, perché aveva preso «obbligo di protezione» della sua persona e l’eventualità di premorirle per una sciagura non era remota. Redasse il documento il giorno stesso del matrimonio: 15mila scudi di moneta romana (una cifra sbalorditiva), «quali fin d’ora le dò e dono spontaneamente». E diritti su tutti i suoi beni stabili e mobili. La bambina prigioniera e schiava era diventata una principessa.

Mariuccia è una presenza discreta, nei libri di Pietro. Li avvenimenti della signora Maria Tinatin di Ziba, che scrisse nel 1644, sono meno appassionati delle pagine dedicate a Sitti Maani. Ma fu per lei che compilò L’Informazione della Georgia (1627) e le istruzioni ai padri teatini che andavano in missione nel suo Paese d’origine. La loro prima figlia, Maria Romibera (Roma + libera), nacque nel dicembre del 1629. Pietro, che aveva avuto una figlia (Silvia) in gioventù, a Napoli, nel 1611, quando era ancora un «uomo libero» e l’aveva lasciata per farsi «pellegrino» – e aveva poi perso il bambino che aspettava con Sitti Maani – ne fu smisuratamente felice. Aveva scommesso sulla fecondità delle georgiane e aveva vinto: avrebbe avuto una posterità. Per festeggiare «il primo e felice parto della illustrissima signora Maria Tinatin di Ziba Della Valle», compose il dramma in musica La valle rinverdita. Fra i personaggi, il Caucaso, Roma e il Tebro. Lo pubblicò quattro anni dopo, dedicandolo alla bambina, «per cui la Valle hor si rinverde». Il loro primo maschio nacque nel 1633. Ne ebbero almeno quattro: Valerio, Francesco, Paolo, Erasmo. In tutto – riferisce Bellori nella Vita di Pietro – ebbero 14 figli. Il numero impressiona, ma era normale, nella Roma del Seicento.

Mariuccia era ormai una signora romana, «generosa di sangue e di maniere». Il prestigio del marito la proteggeva. Ma il Pellegrino era allergico alla xenofobia e non tollerava che gli orientali al suo servizio venissero scherniti o maltrattati. Durante la processione del Santissimo Rosario del 1636, a Monte Cavallo, un garzone di stalla svizzero del cardinal Francesco Barberini insultò il suo servitore persiano Abraham: Pietro lo uccise (e andò in esilio un anno per questo). Mariam faticava a seguire il marito nelle sue imprese: nemmeno la maturità aveva affievolito la sua curiosità o ridotto la sua inquietudine. Studiava turco, arabo, etiopico, greco, samaritano, persiano, copto, componeva musica, si interessava di politica, diplomazia e guerra. Si considerava ancora «un cavaliere».

Nel 1642, nonostante la calvizie e l’età avanzata, Pietro si unì all’esercito del papa per partecipare alla guerra di Castro: alla moglie, rimasta a Roma coi figli, scriveva lettere torrenziali. Lei rispondeva con parsimonia. Erano diversi. A differenza di Sitti Maani, Mariuccia non sembra aver coltivato interessi intellettuali. Assimilata, si conformava agli usi della Roma barocca. Tre delle loro quattro figlie divennero monache – Luisa Maria Eutropia nel monastero di San Silvestro. I maschi invece non ebbero buona fama e finirono tutti espulsi da Roma, «in disgrazia della corte».

Dopo la morte del marito, nel 1652, Mariuccia si preoccupò di far pubblicare il secondo e terzo volume delle lettere dei Viaggi (La Persia, L’India: la parte della storia di cui anche lei era stata testimone). I romani non avevano mai davvero accettato la moglie (bambina?) barbara di Pietro della Valle: ma accettarono la figlia. Nel 1658 Romibera sposò il nobile Ottavio del Bufalo. Compiuta la sua missione per garantire al marito memoria e discendenza onorata, Mariuccia si ritirò a Urbino, dove le figlie Maria Elena e Flavia erano monache nel monastero di san Benedetto. Vi morì dopo il 1673. Pietro era rimasto il centro del suo mondo: il testamento rivela che conservava i suoi oggetti come reliquie. Nessuno ormai ricordava più che era stata una «straniera».