Potentissima, un ritratto della nuova presidente che sfida l’establishment con una visione radicale, pacifista e indipendente
La decima presidente della Repubblica d’Irlanda è una donna di sinistra. Sessantotto anni, un passato da deputata indipendente, anti-militarista convinta e, stando alle dichiarazioni fatte durante la sua lunga carriera, piuttosto contraria anche all’Unione europea, Catherine Connolly è stata eletta con una valanga di voti – il 63%, la percentuale più alta della storia del Paese – al termine di una campagna elettorale segnata dal risultato catastrofico dei partiti di Governo, Fianna Fáil e Fine Gael, dall’affluenza piuttosto bassa e dal numero eccezionale di schede contenenti messaggi di protesta, contro i politici e anche contro gli immigrati: più di 213 mila su 1,6 milioni di voti.
«Sarò una voce per la pace, una voce che parte dalla nostra politica di neutralità , una voce che esprime la minaccia esistenziale rappresentata dal cambiamento climatico», ha spiegato Connolly subito dopo l’elezione, ampiamente prevista dopo la campagna brillante sia sui social che sul campo, portata avanti con toni pacati nonostante un marcato penchant per le posizioni controverse. Che sia tornata di moda la politica «grassroots» (quella che nasce dalla gente comune, dal basso, e si sviluppa localmente), dopo gli anni di Jeremy Corbyn nel Labour britannico e il successo di Bernie Sanders negli Stati Uniti? Senz’altro Catherine Connolly è espressione di quella sensibilità , e l’esercito di 15mila volontari che hanno permesso a questa avvocatessa con un passato da psicologa di arrivare al posto che fu di Mary Robinson – senza poteri reali, ma molta carica simbolica – impone di riflettere su quello che i giovani si aspettano dalla politica.
Senza precedenti
La leader dello Sinn Fein, Mary Lou McDonald, ha salutato la vittoria di Connolly come «stupefacente, senza precedenti» e l’ha definita «un gigantesco mandato per la politica di base». Nel suo settennato, Connolly ha promesso di essere «una presidente che ascolta, riflette, che parla quando è necessario, una voce per la pace», ma anche di «farsi sentire», per «dare forma a una nuova repubblica che valorizzi tutti e che difenda la diversità e che tragga fiducia dalla nostra identità , dalla nostra lingua irlandese, dalla lingua inglese e dalle nuove persone arrivate nel nostro Paese».
La sua storia personale è piuttosto esemplare: ha 14 tra fratelli e sorelle, perde la madre quando ha 9 anni e cresce con il padre operaio nei cantieri navali e la sua enorme famiglia in una zona popolare di Galway, Shantalla, fino a quando grazie all’Ordine di Malta, con cui fa volontariato, inizia a scoprire il mondo e a interessarsi ai problemi sociali, forte di un senso di giustizia inevitabile visto il suo contesto di provenienza. Prende un master in psicologia grazie a una borsa di studio, inizia a lavorare con i bambini con difficoltà di apprendimento e poi si laurea anche in legge, diventa avvocata. «Lì ho capito che niente è difficile: vai a lezione e studi», ha raccontato. Nel frattempo, sposa Brian, marito refrattario ai riflettori, e ha due figli, ormai adulti. La politica si affaccia nel 1999, quando diventa consigliere comunale con il Labour a Galway, di cui poi diventa sindaca nel 2004. Lascia il partito, si candida come indipendente e nel 2011 non entra in Parlamento per poco, ci riesce nel 2016.
Una personalità decisa
Chi la conosce la descrive come una personalità decisa, determinata, con una mente molto politica e un approccio battagliero alle cose. Ha sempre lottato per l’aborto, che in Irlanda è legale solo dal 2019, e a favore dei programmi di indennizzo per le vittime delle istituzioni cattoliche. Ogni tanto salta fuori qualcosa su cui è meno «pura» del previsto: in passato, durante la terribile crisi economica, ha difeso delle banche in casi di riappropriazioni immobiliari – ma gli avvocati non possono scegliere sempre, ha spiegato – e nel 2018 ha sostenuto le ambizioni presidenziali di una giornalista di destra, Gemma O’Doherty, nonostante le posizioni complottiste e molto controverse di quest’ultima.
Connolly stessa è una da controversie, ha assunto una donna condannata per porto d’armi da fuoco, ha detto che il piano tedesco di aumentare la spesa in difesa per lei sa di Terzo Reich, e nel 2018 ha fatto una visita parlamentare in Siria nelle zone controllate dall’ex dittatore Bashar al-Assad. I suoi alleati politici storici, radicali ritenuti molto vicini al Cremlino, non si sono fatti vedere durante la campagna elettorale. Sul Medio Oriente ha espresso opinioni forti: ritiene che Hamas debba avere un ruolo nel futuro stato palestinese e che il «genocidio è stato consentito e finanziato da soldi americani». Sostiene di non essere anti-europeista, ma ci sono suoi virgolettati molto entusiasti dopo la Brexit nel 2016 e nel 2002 ha votato contro il Trattato di Nizza per l’allargamento e la cooperazione. E pazienza se le imprese europee e americane, delocalizzate a Dublino, sostengono in modo vigoroso la crescita economica dell’Irlanda. Qualcuno è perplesso, qualcuno è preoccupato, nessuno davvero stupito che i simboli di giustizia sociale ottengano consenso.
