Lo sfarzo di Trump che calpesta la memoria

by azione azione
10 Novembre 2025

Il presidente ha fatto radere al suolo l’ala est della Casa Bianca per fare posto a una sala da ballo da 300 milioni di dollari. Lo storico Lengel: potrebbe essere il primo passo di un più ampio piano di smantellamento del patrimonio storico nazionale

George Washington e Thomas Jefferson si stanno probabilmente rivoltando nella tomba. «Se oggi potessero vedere quel che è accaduto alla East Wing sarebbero non solo delusi, ma furiosi». Quando gli chiediamo di commentare le immagini delle ruspe che su ordine di Donald Trump hanno demolito un’intera ala della Casa Bianca, lo storico Edward Lengel non nasconde il suo sbigottimento.

Centoventitré anni sbriciolati senza pudore. Resta ora solo la polvere, perché il presidente ha disposto di radere al suolo la East Wing per fare posto a una sala da ballo di oltre ottomila metri quadrati. Un progetto lungo e complesso che costerà almeno trecento milioni di dollari e i cui interni, in stile rococò, ricorderanno i fasti della residenza di Mar-a-Lago. La «ballroom», progettata dallo studio McCrery Architects ed affidata a Clark Construction, potrà accogliere fino a 650 persone sedute. Sarà una struttura enorme, quasi il doppio della stessa residenza presidenziale.

La first lady chi è?

L’ala est era stata tradizionalmente la sede degli uffici della first lady e di un bunker sotterraneo, ma aveva anche accolto ospiti illustri. Costruita nel 1902 durante l’amministrazione di Theodore Roosevelt, aveva visto una importante ristrutturazione negli anni Quaranta sotto Franklin D. Roosevelt. Di questa storia gloriosa restano solo le immagini che la White House Historical Association ha realizzato prima dell’abbattimento e una mappatura digitale.

I piani di Donald Trump per il rinnovamento della Casa Bianca hanno suscitato dure polemiche da parte di storici e associazioni per la tutela del patrimonio. Il presidente, che inizialmente aveva garantito che la nuova sala non avrebbe intaccato la struttura originale, ha annunciato il mese scorso lo smantellamento completo dell’edificio. Le immagini disponibili mostrano anche la scomparsa del celebre giardino voluto da Jacqueline Kennedy. È evidente l’intento del tycoon di lasciare un’impronta personale, intervenendo in modo tangibile sull’aspetto degli ambienti. Di recente, ad esempio, ha pubblicato sui suoi social le immagini del nuovo «bagno di Lincoln», ristrutturato in marmo bianco e nero. Secondo il presidente, la versione precedente, realizzata in stile art déco, con piastrelle verdi, era «totalmente inappropriata per l’epoca di Lincoln». Oggi la stanza sfoggia rubinetteria e dettagli dorati, riflesso del suo gusto personale. Anche lo Studio Ovale ha subito un restyling sontuoso, con ritratti e specchi incorniciati in oro e una foglia d’oro applicata al sigillo presidenziale sul soffitto.

Da Nixon a Obama

«L’amministrazione continua a ripetere che anche altri commander in chief hanno apportato modifiche, ma questa è una cosa completamente diversa da qualunque intervento precedente», dice Lengel. Negli anni Settanta, Richard Nixon fece installare una pista da bowling e realizzò interventi di insonorizzazione finanziati con i fondi destinati alla manutenzione. Durante la presidenza di Bill Clinton, invece, furono investiti circa 4 milioni di dollari, in parte grazie a donazioni private, per ammodernare gli arredi interni e aggiornare le infrastrutture informatiche della Casa Bianca. «Obama aggiunse un campo da basket. Ma qui siamo di fronte a un cambiamento radicale: si altera la natura stessa dell’edificio e dell’intero complesso».

Nessuno è riuscito a fermare le pale meccaniche. «Alcuni storici e organizzazioni hanno protestato, ma bisogna capire che molti a Washington hanno paura», ammette l’esperto. Dal presidente, infatti, potrebbero arrivare ripercussioni. «Trump e il suo staff hanno studiato con attenzione i limiti legali per capire fin dove potevano spingersi: non credo che abbiano fatto nulla di illegale. L’unico organo che avrebbe potuto fermarli era il Congresso, ma solo se fossero stati chiesti fondi pubblici. Finanziando tutto con i propri donatori, non ha bisogno del via libera del Campidoglio».

E la questione finanziamenti è sicuramente uno dei nervi scoperti di tutta l’operazione. Il presidente ha annunciato che la nuova sala da ballo avrà un costo di circa 300 milioni di dollari, cento in più rispetto alla stima iniziale dell’amministrazione. Trump ha ribadito che i lavori saranno finanziati interamente con fondi privati senza alcun onere per i contribuenti. Tra i sostenitori del progetto figurano grandi aziende come Apple, Amazon, Lockheed Martin, Microsoft, Google, Coinbase, Comcast e Meta. Ma ci sono anche Tyler e Cameron Winklevoss, fondatori della piattaforma di criptovalute Gemini; il segretario al Commercio Howard Lutnick con la sua famiglia; e la miliardaria Miriam Adelson, che in passato aveva contribuito sostanziosamente alla campagna elettorale repubblicana. «Molti temono che questo apra la porta a possibili abusi», spiega il professore. «Alcuni hanno perfino parlato di corruzione o conflitti d’interesse. A mio avviso, il problema principale non è solo l’immagine, ma la mancanza di trasparenza e di rispetto per la storia e l’architettura del luogo».

L’arco di trionfo

Intanto Trump sogna anche il suo Independence Arch: un arco di trionfo che commemori i 250 anni della Nazione, da collocare non lontano dalla spianata dei monumenti e dal Lincoln Memorial. L’elemento allarmante è sicuramente l’approccio alla tutela del patrimonio storico di questa amministrazione che ha già azzerato la Commissione per le belle arti. «Il Dipartimento dell’energia ha appena avviato una revisione della Section 106 del National Historic Preservation Act del 1966, la norma che tutela i siti storici da demolizioni o modifiche non autorizzate. Se questa protezione verrà indebolita, temo che la Casa Bianca possa essere solo il primo passo di un più ampio smantellamento delle garanzie per il patrimonio storico americano».

Il professore, che nel 2016 è stato a capo della White House Historical Association, non si capacita su come e quanto il progetto della sala da ballo stia tradendo lo spirito originario dei padri fondatori. «Sono uno storico in particolare di George Washington e Thomas Jefferson. Vorrei ricordare un punto essenziale. Negli anni 1790 i due lavorarono insieme ai loro architetti per decidere come dovesse essere la Casa Bianca. Erano avversari politici, eppure trovarono un’intesa su un’idea comune: doveva essere una casa. Era la casa del presidente, la prima del Paese, ma pur sempre una casa, non un palazzo. Entrambi erano d’accordo: non doveva avere nulla di aristocratico». Un concetto ben lontano dalle foglie d’oro tanto care a Donald Trump.