Mariam, la figlia del deserto che scandalizzò Roma

by azione azione
13 Ottobre 2025

È ancora una ragazza, quando nel 1626 arriva a Roma. Ma ha già attraversato due continenti, l’Oceano Indiano e il deserto dell’Arabia. Del paese in cui è nata non ha ricordi. Le donne georgiane avevano fama di essere bellissime e doveva esserlo anche lei, con le lunghissime trecce che le ornavano il viso. In un certo senso, Mariam Tinatin è una delle meraviglie che Pietro della Valle il Pellegrino ha portato con sé dai suoi viaggi nella macabra e pittoresca carovana – come la sposa Sitti Maani rinchiusa nella bara, le mummie egizie, i costumi esotici, i coltelli, i gioielli, i codici.

Figlia di Ziba, un ufficiale rimasto ucciso durante l’invasione della Georgia da parte dello scià di Persia, orfana, era stata portata prigioniera a Isfahan. Sitti Maani la trovò nel convento dei carmelitani e la prese con sé. Aveva dodici anni. Alcuni la definiscono sua schiava, altri sua ancella. Era «le sue delitie» e divenne molto di più. La chiamava Mariuccia.

Lei e Pietro la educarono come una figlia. A Isfahan visse con loro – e col padre di Sitti Maani Habib, il fratello Abdullah coi figli e la sorellina di sei anni Ghinul, che li avevano raggiunti. Mariam seguì la coppia in tutte le loro peripezie. Sul Caspio, a Fehrabad, per la guerra di Abbas coi turchi, poi nelle «peregrinazioni in terre barbare», a dorso d’asino, mulo, cavallo, cammello – fino alla sosta forzata nel deserto della Caramania, sulle rive del golfo Persico.

A Minah, nelle paludi di Ormuz, anche Mariam, come Sitti Maani, contrasse la malaria. Quando capì che si avvicinava la fine, Sitti Maani raccomandò a Pietro di averne sempre cura. Non ce n’era bisogno: provava molto affetto e tenerezza per la ragazzina. Mariam era con lui, accanto a Sitti Maani, mentre la giovane donna moriva. Non aveva un posto in cui tornare né voleva farlo. Pietro era suo padre, e il suo protettore. Gli rimase accanto. Gli fece compagnia, cercando di colmare il vuoto disperante in cui la morte della sposa lo aveva precipitato. Gli ricordava i loro giorni felici.

Pietro la portò con sé in India – un paese allora ignoto. A Goa, Mariam dovette imbarcarsi sulla goletta inglese travestita da uomo, con la spada al fianco e il turbante sui capelli. Nelle città in cui si fermavano, lui chiedeva ai preti del posto (gesuiti o carmelitani) di trovarle un alloggio. A Surat dalla vedova di un mercante olandese, a Goa dalla dama portoghese Lena da Cuñha. Mentre lui esplorava Calicut e le zone più sperdute del sud, Lena la trattò come una figlia. Avrebbe voluto che restasse. Ma a poco a poco Mariam aveva sostituito Sitti Maani.

Nel novembre del 1624, quando intrapresero il lunghissimo viaggio che avrebbe dovuto condurli a Roma, i loro sentimenti reciproci erano già cambiati. Sul vascello che attraversò il mare arabico Mariuccia, trattata come una signora, aveva la propria servente – Eugenia Cingalà, forse srilankese.

Si stabilì nel palazzo dei Della Valle, sulla via Papale, oggi corso Vittorio. L’inconsolabile Pietro seppellì Sitti Maani all’Aracoeli, poi le fece il funerale con la cerimonia spettacolare di cui vi ho raccontato («Azione», 18 agosto 2025), le dedicò libri e poesie. Ma voleva regolarizzare la situazione e annunciò di voler sposare Mariuccia. L’evento suscitò opposizione e scandalo in famiglia, e anche nei palazzi apostolici. Il papa, Urbano VIII Barberini, voleva che un uomo tanto illustre, ormai una celebrità mondiale che dava gloria all’Urbe, sposasse una nobile romana, non una «barbara» – per quanto cristiana. Inoltre aveva una ventina d’anni, ma a Roma si malignava che fosse legata a Pietro fin da piccola: le «razze barbare» sono precoci.

Ancora più di cent’anni dopo, nelle sue lettere di viaggio dall’Italia (1739-40), il presidente de Brosses insinuava che Pietro per consolarsi si fosse «sollazzato» con lei. Pietro disobbedì all’ordine del papa e rifiutò ogni compromesso. (Continua…)

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