L’architettura invisibile dei film

by azione azione
13 Ottobre 2025

Cinema: dal fischio di Fritz Lang ai silenzi di Hitchcock, arrivando a «Una battaglia dopo l’altra», ora al cinema, il sonoro si fa sempre più struttura portante della narrazione

«Il suono è un elemento narrativo tanto quanto l’immagine» e ancora: «la musica aggiunge un livello di significato che non è presente nell’immagine». Queste due affermazioni di Michel Chion, uno dei massimi teorici dell’analisi del suono nel cinema, rappresentano la base di un pensiero che ha rivoluzionato il modo di guardare (e ascoltare) i film. Partendo dalle sue intuizioni, possiamo evidenziare come l’aspetto sonoro – spesso relegato a ruolo secondario rispetto alla potenza visiva – sia in realtà di pari importanza, se non addirittura decisivo, nella costruzione di una narrazione cinematografica.

Per entrare subito nel cuore del discorso prendiamo spunto da uno dei film più attesi dell’anno e al cinema in questi giorni, Una battaglia dopo l’altra di Paul Thomas Anderson, con protagonista Leonardo DiCaprio. Un film che racconta dell’ex rivoluzionario in declino Ghetto Pat, dipendente da sostanze, la cui vita viene sconvolta quando il suo nemico, il Colonnello Lockjaw (uno Sean Penn da Oscar), rapisce sua figlia. Per salvarla Pat deve riunirsi ai suoi vecchi compagni (anche in modo grottesco) e affrontare un passato mai risolto. L’opera, in un gioco di inseguimenti spettacolari, molto moderno e con un ritmo davvero elettrizzante, fonde con disinvoltura generi diversi come commedia, azione, dramma e satira, in una narrazione fluida e ipnotica che trascina il pubblico in un turbinio di azioni e colpi di scena.

La colonna sonora, firmata da Jonny Greenwood – storico collaboratore del regista – rappresenta un caso emblematico. Il suo non è un commento musicale tradizionale che accompagna o sottolinea le emozioni mostrate sullo schermo: la musica non amplifica il dramma né lo trasforma in ironia. Piuttosto, i brani, oscillanti tra sonorità jazz e pop-rock, con frequenti incursioni percussive e contaminazioni di generi, assumono un ruolo autonomo. Le note di Greenwood non sono semplicemente al servizio delle immagini: le affiancano, le disturbano, le complicano. La loro presenza costante e a tratti quasi asfissiante rende la musica un personaggio a sé stante, una sorta di Virgilio che accompagna un Dante moderno (DiCaprio nei panni di Ghetto Pat), impegnato in un viaggio dall’inferno personale verso la possibilità di una rinascita. È un esempio perfetto di quella che Chion definirebbe «valorizzazione sonora»: il suono non illustra né abbellisce, ma costruisce senso narrativo.

Se Greenwood rappresenta oggi un compagno di viaggio artistico per Anderson, la storia del cinema è costellata di compositori che hanno inciso profondamente nell’immaginario collettivo. Tra i più importanti vi è Nino Rota, capace di coniugare tradizione e modernità. Le sue partiture, da Il padrino ad Amarcord, da La dolce vita a Il Gattopardo e , hanno contribuito a definire l’epoca d’oro del cinema italiano del dopoguerra. Rota seppe attingere sia alla musica colta – con echi operistici e orchestrali – sia a quella popolare, dal jazz alle bande di paese, creando uno stile lirico e inconfondibile.

Ennio Morricone ha poi portato la colonna sonora a livelli di dignità paragonabili a quelli della musica classica. Innovatore instancabile, introdusse suoni atipici che trasformarono i film western e drammatici in opere uniche. Dal celebre fischio de Il buono, il brutto, il cattivo all’uso del clavicembalo o degli organi da chiesa, Morricone reinventò il linguaggio del cinema musicale, piegando la tradizione a esigenze nuove e sorprendenti.

Un altro gigante è Bernard Herrmann, celebre per le sue collaborazioni con Alfred Hitchcock, ma anche con Orson Welles e Martin Scorsese. Herrmann sviluppò uno stile fondato su armonie dissonanti, ritmi ossessivi e strutture ripetitive, che creano suspense e tensione psicologica. Psycho, Vertigo, Quarto potere e Taxi Driver restano esempi paradigmatici della sua capacità di tradurre in musica l’angoscia e la claustrofobia interiore.

Sul fronte più popolare troviamo John Williams, maestro indiscusso dei leitmotiv. Ogni tema musicale da lui composto si lega indissolubilmente a un personaggio o a una situazione, come accade nelle saghe di Star Wars e Indiana Jones. La sua grande abilità sta nell’aver reso universali melodie orchestrali ricche ma al tempo stesso facilmente memorizzabili, capaci di trasformarsi in icone culturali.

Hans Zimmer, invece, ha segnato un’epoca più recente con la fusione di orchestrazione epica e sonorità elettroniche. La sua cifra stilistica, spesso arricchita da una componente rock, ha dato vita a colonne sonore memorabili come Il Re Leone, I pirati dei Caraibi e Inception. In lui convivono innovazione tecnologica e tradizione sinfonica, a dimostrazione di quanto la musica continui a evolversi insieme al cinema.

Se i compositori hanno avuto un ruolo fondamentale, non meno importanti sono stati gli utilizzi innovativi del suono puro, al di là della musica. Emblematico è il caso di M – Il mostro di Düsseldorf di Fritz Lang: qui il fischio dell’assassino, colto da un mendicante cieco, diventa l’elemento narrativo che porta alla sua cattura. Un esempio rivoluzionario, che mostrò fin dal primo film sonoro del regista tedesco, come il suono potesse essere decisivo per la trama.

Più vicino a noi, La zona d’interesse di Jonathan Glazer ha saputo trasmettere l’orrore dei campi di concentramento non attraverso immagini esplicite, ma mediante un tappeto sonoro disturbante fatto di urla e rumori lontani. È la dimostrazione che il cinema può suggerire più che mostrare, affidando all’udito la responsabilità del trauma emotivo.

Accanto alle musiche, anche l’assenza di suoni gioca un ruolo determinante. Come disse Robert Bresson, «Il cinema sonoro ha inventato il silenzio». Nei film muti, infatti, le orchestre accompagnavano sempre la proiezione, rendendo l’esperienza tutt’altro che silenziosa. Solo con il sonoro il silenzio è divenuto un elemento consapevole, carico di significato e capace di aprire nuove possibilità espressive. Basti pensare alla celebre sequenza di Intrigo internazionale di Hitchcock, in cui Cary Grant viene attaccato da un aereo in un campo di grano. Non vi è alcun commento musicale: solo il silenzio della campagna, interrotto dal rombo dell’aereo. Proprio questa sospensione amplifica la tensione, dimostrando come l’assenza di suono possa essere altrettanto potente della sua presenza.

Il concetto è chiaro: il suono non è un semplice accessorio dell’immagine, ma una componente strutturale del linguaggio cinematografico. La musica, i rumori, i silenzi: tutti concorrono a costruire senso, emozione e memoria.