La Kromya Art Gallery di Lugano si dedica alla scena artistica contemporanea svizzera
Se c’è un aspetto che caratterizza l’arte contemporanea in tutti i suoi molteplici esiti espressivi, questo è sicuramente la capacità di farsi veicolo di riflessione attiva. In tale ottica il significato di un’opera risiede nella sua attitudine allo stimolo e alla provocazione, in un’incalzante correlazione tra le intenzioni dell’artista, il contesto storico e la percezione dello spettatore. Mediante un linguaggio stratificato che racchiude simboli e codici differenti, le tendenze artistiche più attuali si fanno specchio della complessità della nostra epoca, lasciando che la creazione diventi uno strumento in grado di schiudersi al nostro sguardo non tanto per imporre concetti già definiti quanto per sollevare quesiti che contribuiscono alla piena manifestazione del senso stesso dell’opera.
L’arte contemporanea, intrisa delle incongruenze e dei repentini cambiamenti odierni, combina indagine estetica e ricerca speculativa attraverso lavori eterogenei il cui principio condiviso è rintracciabile proprio nella fluidità del contenuto. Microcosmi volutamente insoluti, essi cercano nell’interazione tra autore e fruitore l’edificazione di un’identità compiuta.
Questa visione dell’opera d’arte come elemento di apertura e di connessione si coglie molto bene nella mostra allestita negli spazi della Kromya Art Gallery di Lugano, la prima di un ciclo di rassegne che ha l’obiettivo di documentare la ricchezza del panorama artistico contemporaneo svizzero.
I quattro artisti chiamati dal curatore Marco Franciolli a partecipare a questo appuntamento iniziale, pur nella diversità delle modalità espressive adottate, percorrono difatti la medesima traiettoria che li conduce a coinvolgere lo spettatore avvalendosi di narrazioni non lineari, capaci di pungolare spirito critico, intuizione ed empatia. Gli autori presenti a Lugano intessono così dissonanze concettuali e sensoriali, sempre alla ricerca di un rapporto inedito tra materia, segno e significato.
È ciò che accade nelle opere di Miki Tallone, artista nata a Bellinzona la cui indagine si fonda proprio sull’idea di creazione come esperienza che innesca svariate possibilità interpretative. I suoi lavori sono accenni, incipit di racconti sinestetici che spronano a misurarsi con la loro ambiguità di forma e di accezione. Suono visivo, del 2025, esemplifica bene tale pensiero: la trascrizione in braille di alcuni componimenti del poeta russo Velimir Chlebnikov attraverso la serigrafia su vetro dà vita a spazi evocativi che nel legame nitido tra luce e ombra attuano un ribaltamento fisico e mentale di questo codice, mostrando come ogni tipo di linguaggio possa diventare equivoco ed enigmatico.
Quanto la pittura, mezzo espressivo tradizionale per eccellenza, sia ancora oggi un terreno di sperimentazione feconda, è testimoniato dalla produzione di Marco Scorti, artista luganese che vive e lavora a Gland. Il suo approccio a questa tecnica, e al genere del paesaggio in particolare, non prevede l’imitazione del dato reale, bensì una sua trasfigurazione in chiave simbolica. Le nature di Scorti divengono luoghi dell’interiorità che accolgono il sedimentarsi di ricordi, emozioni e tracce di vita. Il progetto dal titolo m.s.l.m. è costituito da grandi tele articolate in elementi modulari che vengono ridipinti a ogni mostra in dialogo con il curatore. Rielaborata per la sesta volta in occasione della rassegna luganese, quest’opera è una struttura in fieri, sempre pronta a recepire nuovi impulsi e a ridefinire le proprie coordinate compositive.

Veduta delle opere di Lisa Lurati (Court. Kromya Art Gallery Lugano e Lisa Lurati
Foto: A. Maniscalco)
Una visione metaforica della natura appartiene anche a Lisa Lurati, classe 1989, artista che attraverso la pratica scultorea e quella fotografica, nello specifico la cianotipia, antico processo da cui si ricavano manufatti nel caratteristico blu di Prussia, dà origine a forme dalle sembianze primordiali che sembrano emergere da una dimensione ancestrale sospesa tra realtà e immaginazione. Nelle sue stampe su tessuto, dove reinventa liricamente dettagli naturali accostando elementi vegetali e animali a una figurazione fittizia, così come nella sua ricerca plastica, dove utilizza perlopiù materiali grezzi legati alla terra per poterne sviscerare le intrinseche qualità arcaiche, l’artista esplora il creato, svelandone con leggiadra sensibilità l’ermetismo conturbante.
Un’approfondita analisi sulle fonti è invece alla base del lavoro del luganese Davide Cascio, le cui opere presentano un intreccio di iconografie e simboli storici rimessi in circolazione allo scopo di creare configurazioni aggiornate al contesto attuale. Per l’artista la citazione diventa un modo per rivitalizzare il passato in un gioco di accostamenti e sovrapposizioni dalle inconsuete potenzialità espressive. Se per Cascio l’assemblaggio ha come punto di partenza il collage, egli riesce poi a sviluppare ed estendere questa prassi nella tridimensionalità della scultura e dell’installazione. Nascono così opere che, nella combinazione di frammenti diversi, ognuno con la propria precisa connotazione storica e culturale, definiscono spazi narrativi aperti al fascino della mutevolezza di senso come presupposto per generare nuovi approdi del pensiero.
Dove e quando
Orizzonti 1. Kromya Art Gallery, Lugano (Via Franscini 11). Fino al 21 ottobre 2025. Orari: ma-ve 13.00-18.00, sa su appuntamento. www.kromyartgallery.com
 
			         
			         
			        