Gli svizzeri a Salerno, un’epopea dimenticata

by azione azione
29 Settembre 2025

Dal cotonificio di Fratte a Villa Wenner l’impero tessile elvetico nell’Ottocento trasformò la città e oggi sopravvive solo in poche memorie architettoniche

Quando arrivi a Salerno si percepisce subito che è una città di mare. Dalla stazione ferroviaria, del mare si sente quasi l’odore. D’altronde il porto turistico è lì, a soli 400 metri in linea d’aria. Ma noi oggi al mare voltiamo le spalle, per volgere lo sguardo a quel lembo di terra stretta tra i Monti Lattari e i Monti Picentini. È lì che andiamo per cercare qualche segno della presenza, un tempo massiccia, di cittadini svizzeri a Salerno.

Nel diciannovesimo secolo, alcune famiglie di imprenditori elvetici rivoluzionarono l’industria del salernitano dove costruirono un impero economico basato in primo luogo sul settore tessile. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la presenza elvetica da queste parti era massiccia. Perché qui vivevano sia i ricchi imprenditori sia le maestranze che essi si portarono appresso. Oggi, a più di un secolo di distanza dalla fine dell’epopea svizzera a Salerno, di quella presenza restano poche tracce.

Dal centro città bisogna spostarsi verso Fratte, frazione nell’entroterra della città rivierasca, per incontrare la prima di quelle tracce. È la chiesa di Santa Maria dei Greci, conosciuta come «rotonda di Fratte» a causa della sua forma sferica. La seconda traccia si trova poco più avanti: il centro commerciale «Le Cotoniere».

Il centro commerciale «Le cotoniere», dove un tempo sorgeva lo stabilimento (Federico Quagliuolo)

Cosa c’entrano una chiesa cattolica e un centro commerciale con gli svizzeri? Entrambi questi luoghi sorgono dove un tempo si trovavano gli stabilimenti Schlaepfer Wenner & C. e ad essi sono legati. Ma per capire in che modo è utile fare un passo indietro.   Nel 1829, a soli 17 anni, Friedrich Albert Wenner lasciava San Gallo per trasferirsi nella Penisola. Più precisamente tra Napoli e Salerno, un’area che in quell’epoca si stava aprendo alle influenze industriali europee. E non mancarono i tentativi di trovare il loro posto in quello spazio industriale da parte dei cittadini elvetici.

Il primo svizzero a impiantare una filanda non lontano da qui fu Johann Jakob Egg che costruì il primo cotonificio svizzero a Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese, in provincia di Caserta). La presenza di Egg aprì la strada a tanti altri suoi connazionali: Vonwiller, Zueblin, Escher, Mayer, Zollinger, Freitag e Schlaepfer. Fu con quest’ultimo, Johann Conrad Schlaepfer, che il nostro Wenner costituì la sua prima azienda.

Grazie alla Schlaepfer-Wenner, nel 1830 furono costruite le prime filande e gli impianti per la tessitura e la tintura, avviando una fase di forte crescita economica per la provincia di Salerno. Nel corso della seconda metà del secolo, il distretto tessile di Fratte divenne un punto di riferimento nazionale, impiegando centinaia di operai e distinguendosi per l’uso di tecnologie avanzate importate dalla Svizzera e dall’Inghilterra, che garantirono la produzione di tessuti di alta qualità destinati ai mercati italiani ed esteri.

Lì dove Wenner e i suoi soci costruirono i capannoni delle sue aziende oggi si trova il centro commerciale che di quella storia industriale ha mantenuto solo un richiamo nel nome. Ma a ricordare quella presenza e quella storia ci pensa la chiesa di Santa Maria dei Greci che fu fatta costruire proprio dagli imprenditori svizzeri.

Ma perché un gruppo di imprenditori svizzeri e di fede protestante decise di far costruire una chiesa cattolica? Semplice: per ingraziarsi i lavoratori locali. A differenza di altri loro connazionali (come il sopracitato Egg, che dalla popolazione di Piedimonte fu presto ben voluto), Wenner e compagni non si integrarono con la popolazione, né provarono mai a farlo.

Lo ha ricordato in diverse occasioni la professoressa Daniela Luigia Caglioti, docente di Storia contemporanea all’Università Federico II di Napoli e autrice di Vite parallele: una minoranza protestante nell’Italia dell’Ottocento (Il Mulino), saggio in cui illustra la vita degli imprenditori svizzero-tedeschi vissuti in città: «Per i piccoli e medi imprenditori svizzeri che vissero a Napoli e nel Regno in quegli anni ci fu scarsa o nulla integrazione nel contesto locale. Non dobbiamo pensare a queste persone come parte di un’élite. Quelli che arrivarono nel Regno napoletano in quegli anni furono soprattutto piccoli imprenditori alla ricerca di opportunità di lavoro e investimento. Non possiamo certo dire che fossero degli sprovveduti che venivano qui a cercar fortuna perché spesso disponevano di un po’ di capitale da investire. Ma erano senz’altro diversi sia dalle classi popolari sia dalle élite napoletane per cultura, censo e soprattutto religione».

La popolazione e i rappresentanti locali della Chiesa cattolica espressero preoccupazione per la fede protestante dei nuovi arrivati. La questione trovò una soluzione solo quando gli imprenditori d’oltralpe si decisero a finanziare la costruzione di un luogo di culto cattolico.

L’edificio fu realizzato tra il 1853 e il 1855 dall’architetto milanese Fumagalli, il quale progettò un tempio in stile neoclassico. La struttura si distingue per un pronao con colonne in ghisa e una pianta centrale sormontata da una cupola, poggiata su un alto tamburo.   Una chiesa, insomma, a uso e consumo della popolazione locale dalla quale gli imprenditori protestanti si tenevano a distanza. Anche fisicamente. Wenner, infatti, decise di edificare la propria dimora su una collina a Pellezzano, a quattro chilometri da lì.

Oggi Villa Wenner è una delle poche testimonianze tangibili della presenza degli svizzeri a Salerno. Opera dell’architetto elvetico Adolph Mauch, la villa ha un carattere neoclassico. Un neoclassicismo «attardato» che distingue quella costruzione da tutte le altre fatte costruire in quel quartiere che oggi è chiamato «Villini svizzeri».

Un edificio con caratteristiche mitteleuropee che qui non trovano riscontro altrove: un protiro aggettante in ghisa, costruito per intero nelle loro fabbriche e un parco che voleva avere delle caratteristiche romantiche tipiche del clima culturale d’oltralpe di metà Ottocento. Un giardino, quello di Villa Wenner, dove però riescono a trovare spazio anche piante indigene che restituiscono un’atmosfera del tutto particolare.

La presenza dei Wenner a Salerno terminò all’inizio del XX secolo. Le nuove tecnologie, la concorrenza internazionale e i mutamenti del mercato tessile misero sotto pressione l’azienda. La crisi economica del dopoguerra aggravò ulteriormente la situazione, facendo perdere centralità all’industria tessile di Fratte. Il colpo finale arrivò nel 1918, quando il governo italiano decise di nazionalizzare l’azienda, permettendo a un gruppo di finanzieri italiani di acquisirne le quote. Così, la lunga partecipazione svizzera nella tessitura meridionale, durata 105 anni, si concluse.