A Bulle si sono svolti i Mondiali in carrozzina di Wheelchair Motocross
Musica, giovani, applausi e tanta energia. Questa l’atmosfera che il 12 e 13 settembre ha invaso lo skatepark di Bulle, trasformandolo per due giorni nel centro del WCMX, acronimo che sta per Wheelchair Motocross. Per molti un termine ancora sconosciuto, per chi c’era, uno spettacolo capace di unire sport, emozioni e inclusione. Ma che cos’è esattamente il WCMX? Lo spiega Marco Bruni, tra i principali promotori della disciplina in Svizzera e co-organizzatore dei Mondiali. «Il WCMX – racconta – è simile al BMX che vediamo negli skatepark. Solo che al posto della bicicletta si usa una carrozzina appositamente modificata. Le ruote anteriori sono più avanzate, per garantire stabilità, e c’è un ammortizzatore che attutisce gli impatti dopo i salti. In gara gli atleti eseguono trick, rotazioni, scivolate sui rail e acrobazie di ogni tipo».
E come in tutti gli sport, anche il WCMX ha il suo eroe, che prende il nome di Aaron «Wheelz» Fotheringham. Paraplegico dall’infanzia, vive a Las Vegas e ha trasformato la sua carrozzina in uno strumento di libertà. I suoi spettacoli sono diventati virali: discese da rampe di trenta metri, salti mortali doppi, atterraggi perfetti. Wheelz non era presente a Bulle, ma resta il punto di riferimento per migliaia di atleti e appassionati.
Un entusiasmo contagioso che è arrivato fino in Svizzera. Il WCMX approda infatti da noi circa quindici anni fa, spinto dai video di Wheelz che circolavano online e accendevano la fantasia dei più giovani. Il vero punto di svolta arriva però nel 2019, quando Lorraine Truong, ex biker di talento, contatta l’Associazione svizzera dei paraplegici per chiedere un sostegno concreto allo sviluppo di questa nuova disciplina.

La richiesta viene affidata a Marco Bruni, tecnico con un passato nello sport di alto livello: venticinque anni alla guida della nazionale maschile di Snowboard freestyle presso Swissski, tre Olimpiadi vissute da allenatore e una medaglia d’oro portata a casa con lo snowboarder Iouri Podladtchikov. «Con Lorraine ci siamo messi subito al lavoro – ricorda Bruni –. All’inizio non sapevo nemmeno come reagisse una carrozzina dentro ad una rampa. Ho dovuto imparare tutto da zero, o quasi. Insieme abbiamo costruito un nuovo concetto di insegnamento, adattato alle esigenze di chi pratica il WCMX».
I risultati arrivano in fretta: Lorraine diventa presto la migliore rider al mondo, tre volte campionessa iridata e dominatrice assoluta per quattro anni. È lei a lanciare l’idea di portare i Campionati del mondo in Svizzera, convinta che il Paese avesse tutte le carte in regola per ospitare un evento di tale portata.
«La scelta di Bulle – sottolinea Bruni – non è stata casuale. Qui da venticinque anni si svolge un evento di freestyle molto conosciuto, e da quattro anni c’è spazio anche per il WCMX. Lo skatepark e la città offrono il contesto ideale». Purtroppo, Lorraine non ha potuto vedere realizzato il suo sogno: è scomparsa lo scorso giugno. Proprio a lei è stato dedicato il giorno di apertura dei Mondiali.
La preparazione per l’organizzazione dei Mondiali è stata lunga, complessa, a tratti faticosa. Ma il risultato ha superato le aspettative: a Bulle sono arrivate delegazioni da sette Paesi – Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Francia, Brasile, Italia e naturalmente Svizzera.
Il pubblico ha potuto ammirare atleti di altissimo livello, tra cui il tedesco Davide Lebuser, che una settimana prima aveva entusiasmato il pubblico a Nottwil durante uno show in occasione dei festeggiamenti per i 50 anni della Fondazione svizzera dei paraplegici. A Bulle, Lebuser ha conquistato il terzo posto, precedendo il giovane svizzero Emiglio Pargatzi, vent’anni appena e già considerato la promessa del futuro.
«Le gare di WCMX – continua Bruni – sono strutturate nel seguente modo: ogni atleta ha a disposizione due run da un minuto e mezzo. In quel tempo occorre concentrare trick, creatività e fluidità. Una giuria valuta difficoltà, intensità ed esecuzione. Conta la migliore delle due prove, utile per guadagnarsi l’accesso alla finale». Una formula che garantisce spettacolo e lascia agli atleti libertà di espressione.
Il WCMX è ancora giovane, ma sta crescendo rapidamente. Lo dimostra il Mondiale del 2020, disputato online a causa della pandemia, che ha visto la partecipazione di atleti da continenti lontani come il Sud America. Germania, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti sono oggi i Paesi trainanti, mentre altre nazioni si affacciano con interesse crescente. «La vera forza del WCMX è l’inclusione – spiega Bruni –. Lo si pratica negli stessi skatepark dove i ragazzi si allenano con skateboard e scooter. Non ci sono barriere: ci si trova insieme, ci si diverte insieme. A Bulle è stato evidente: un ragazzo in carrozzina accanto ai suoi amici, ognuno con il proprio mezzo. Nessuna differenza, solo passione condivisa. Questa è inclusione pura».
Il carattere freestyle della disciplina è un altro punto di forza: può essere vissuto come competizione ad alto livello, ma anche come semplice gioco, un modo per passare del tempo con gli amici, spingersi un po’ oltre i propri limiti e divertirsi.
Eppure, l’obiettivo più ambizioso guarda lontano: fare del WCMX una disciplina paralimpica. È già accaduto con lo snowboard freestyle, diventato sport olimpico ai Giochi di Nagano nel 1998. Perché non potrebbe ripetersi la stessa storia?
La strada non sarà breve, ma a Bulle si è visto quanto entusiasmo e determinazione animino questa comunità. Il WCMX non è solo sport: è spettacolo, coraggio, inclusione e desiderio di libertà. Un messaggio potente, che va oltre le rampe e le acrobazie, e che potrebbe presto trovare la sua consacrazione sui palcoscenici più prestigiosi del mondo.
 
			         
			         
			        