Nel settembre del 1978 il vostro altropologo di riferimento si trovò seduto nella grandiosa sala da banchetti del Girton College, Cambridge per la Formal Hall (Cena Formale) inaugurale dell’anno accademico. Era la prima volta in giacca, cravatta, toga accademica, candelieri, argenteria in argento et coetera. Intimidito anche per il mio pessimo inglese, mi feci coraggio e chiesi alla mia commensale più vicina come si dicesse «buon appetito» in inglese. «Da noi non si dice», mi rispose bruscamente. «Perché?» azzardai. «Aspetta e vedrai». Di lì a poco una cameriera in livrea mi scodellò un mestolo di zuppa da una magnifica zuppiera d’argento. Si trattava di Heinz Spaghetti Soup – proprio quella sbobbaccia al pomodoro consacrata in versione Campbell’s da Andy Warhol e divenuta icona della Pop Art globale. Allora, nella cosmopolita Cambridge, gli spaghetti – unica pasta sul mercato – venivano venduti in confezioni in pesante carta blu e l’olio d’oliva si comprava in farmacia in bottigliette da un decilitro: costosissime. Insomma: erano gli anni nei quali fra gli studenti che viaggiavano seppure in autostop e dunque erano andati oltre il nazionale fish and chips (peraltro importato oltremanica nell’800 dai marinai genovesi che si portavano appresso pure l’olio), circolava il detto che il libro più corto mai scritto fosse un libro di cucina inglese.
Eppure. Eppure il primo volume di cucina, più longevo e più venduto al mondo è stato un libro scritto da una casalinga inglese. Il primo ottobre 1861 vedeva la luce Mrs Beeton’s Book of Household Management – Il libro di economia domestica della signora Beeton. Sottotitolo completo: «include informazioni per la padrona di casa, la domestica, il cuoco e l’aiutante cuoco, il maggiordomo, il palafreniere, il cocchiere, la prima e la seconda cameriera, la cameriera della padrona, la factotum, la lavandaia, l’infermiera e l’aiuto-infermiera, la balia, l’infermiera per malati etc… etc… E anche promemoria di carattere igienico, medico e legale: con una storia delle origini, proprietà e uso di tutto ciò che è connesso alla vita di casa (Home Life) e le sue comodità». La cosa più strampalata è che, dopo tutta questa pompa, solo 23 pagine della prima edizione erano dedicate all’economia domestica in quanto tale – e ben 900 alle ricette. Molte bizzarre, certe improbabili – altre da dimenticare. Piuttosto il digiuno. Sì, perché pare che Isabella Beeton avesse cominciato a lavorare al suo capolavoro quando aveva solo 21 anni. Fu dapprima pubblicato a dispense sulla rivista del marito «La Rivista Domestica della Donna Inglese», a partire dal 1859, prima di uscire in un unico volume nel detto 1861. Nel 1865 l’autrice era già morta.
La cronologia è nel nostro caso molto importante. Si è detto da varie parti che Isabella Beeton non sapesse cucinare, ma solo scrivere ricette. Troppo giovane per avere esperienza quando a cucinare nelle case borghesi erano schiere di servitori, deceduta troppo giovane per aver imparato a cucinare tutte le novecento combinazioni del suo trattato. Alcuni esempi: il mango saprebbe di acqua ragia; l’astice è indigeribile, le patate sono «sospette: molte sono narcotiche, altre deleterie». Il formaggio deve essere mangiato solo da gente sedentaria e i pomodori hanno un odore sgradevole. «Il succo di pomodoro in cottura emette un vapore così sgradevole da causare vertigini e vomito». Cautele, capiranno lettrici e lettori, del tutto necessarie in un contesto dove si suggerisce di cuocere la pasta per un’ora e quarantacinque minuti (sic!). Il libro conobbe un successo immediato. Nel solo primo anno vendette 60’000 copie. Nel 1868 le copie vendute erano già due milioni. L’edizione riveduta del 1907 aveva 74 capitoli per più di duemila pagine. Nel 2010 una copia della Prima Edizione costava 1000 sterline e nel 2016 era ancora in stampa.
Da allora – intendo dal 1978 – le cose sono molto cambiate. In un supermercato frequentato dalle classi medie il reparto «cibi esotici» è sempre ben fornito e ben frequentato. La Cucina italiana ha spesso un reparto a sé con ingredienti di ottima qualità da tutta la penisola (laddove da questa parte delle Alpi dominano ancora le cucine regionali con qualche timida e costosa apertura – tanto che i pelati di una nota azienda italiana costano meno in UK che in Italia – per dirne una…). E, mi chiederete, a casa della signora Beeton cosa succede, oggi? Beh, devo dire: con la dovizia di programmi gastronomici che passano in TV (li hanno inventati loro, piaccia o meno ai sovranisti gastronomici!) le cose sono di gran lunga migliorate. Sempre che la signora Beeton non si dimentichi la pasta sul fuoco mentre impara dalla televisione…
 
			         
			         
			        