241 milioni di anni di scorpioni in Svizzera

by azione azione
22 Settembre 2025

Un nuovo ritrovamento sul Monte San Giorgio rivela l’antenato degli attuali scorpioni della regione sudalpina

Tutto iniziò con i lavori di riqualifica del sito di scavo paleontologico Acqua del Ghiffo sulle pendici occidentali del Monte San Giorgio (UNESCO). Il 13 aprile 2021 Fabio Magnani, preparatore paleontologico al Museo cantonale di storia naturale (MCSN), esaminava una lastra distaccata dall’escavatore. Quel giorno mi inviò una foto chiedendomi «cosa ci vedessi». La risposta la conosceva già: lo scorpione fossile più antico della Svizzera, risalente a 241 milioni di anni fa (Ma). La collaborazione con Wilson Lourenço del Museo di storia naturale di Parigi, portò nel 2022 alla pubblicazione della scoperta. Si trattava non solo di una nuova specie, ma di un nuovo genere e famiglia di scorpioni, i Protochactidae, appartenenti alla superfamiglia Chactoidea, tuttora esistente. Fu battezzato Protochactas furreri, dedicandolo a Heinz Furrer che nel 1997-2004 diresse gli scavi in questo sito. Il fossile, lungo 27 mm, risale al Ladinico (Triassico Medio) ed è contenuto in una lastra di Calcare di Meride aperta in due. Una parte contiene quasi interamente il reperto, eccetto alcuni elementi come le chele, visibili solo nella controparte. Il fossile è conservato al MCSN ma la Fondazione Monte San Giorgio (FMSG) ne ha finanziato la ricostruzione in vita. Questa, affidata al paleoartista Beat Scheffold, è in scala 5:1 (13.5 cm) ed è oggi esposta al Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride. La stessa ricostruzione è stata usata per produrre il modello digitale in 3D alla base delle esperienze in realtà virtuale e mista Meride Beach e Dragons alive presso lo stesso museo.

Protochactas furreri. (F. Magnani & R. Stockar, MCSN)

Attualmente esistono circa 2000 specie di scorpioni che vivono nelle zone tropicali, subtropicali e temperate di tutti i continenti. Le specie fossili conosciute sono invece solo circa 150, ma è assodato che la conservazione in sistemi terresti è eccezionale a causa della difficile mineralizzazione dello scheletro esterno. Il più antico scorpione conosciuto, Dolichophonus loudonensis, risale al Siluriano Inferiore (435 Ma) dell’attuale Scozia ma non vi è consenso riguardo all’habitat, che poteva anche essere acquatico. I primi scorpioni con i cosiddetti polmoni a libro delle forme attuali e sicuramente terrestri compaiono invece nel Carbonifero Inferiore circa 340 Ma. Questo fa capire come si tratti di uno dei gruppi di predatori di maggior successo e longevità che sia mai vissuto. Delle 150 specie fossili conosciute, la maggior parte (oltre 80) risale all’era Paleozoica, terminata 252 Ma. Solo 11 specie, Protochactas furreri compresa, sono conosciute dal Triassico (252-201 Ma). Particolarmente interessante è il fatto che Protochactas furreri si distingua nettamente dalle altre specie del Triassico, mentre presenta forti analogie con le famiglie attuali Chactidae e Euscorpiidae di cui, secondo Lourenço, sarebbe un progenitore. Tutte le specie oggi presenti in Svizzera appartengono proprio alla famiglia Euscorpiidae e in particolare al genere Euscorpius. Il fossile ritrovato sul Monte San Giorgio è la prova che queste specie attuali avrebbero radici vecchie di 241 milioni di anni. Euscorpius è un genere mesofilo, cioè legato a habitat senza estremi di temperatura e aridità. L’areale di distribuzione è limitato al Sud delle Alpi e il Ticino è il cantone con maggiore diffusione di questi aracnidi. Fino al 1999 si riteneva che gli scorpioni svizzeri appartenessero a due sole specie: Euscorpius italicus e E. germanus. Uno studio di genetica molecolare pubblicato quell’anno dall’UNI Berna mostrò che le popolazioni di Euscorpius germanus, diffuso nell’intero arco alpino, rappresentavano in realtà due gruppi geneticamente diversi separati dal Fiume Adige. Poiché Euscorpius germanus fu descritto per la prima volta dal Sudtirolo, questo nome fu mantenuto per le popolazioni a est dell’Adige fino alla Bulgaria. Per le popolazioni a ovest del fiume, come quelle della Svizzera italiana, e fino alla Val d’Aosta si coniò nel 2000 un nuovo nome: Euscorpius alpha. Sembra che la separazione tra queste due specie, lunghe fino a 3 cm, risalga a 2-3 Ma e che, durante le glaciazioni, esse siano sopravvissute in «refugia» molto localizzati, costituiti dalle vette di montagne mai coperte dai ghiacci. Nel Ticino meridionale la vetta del Monte San Giorgio (1’097 msm) aveva questa caratteristica insieme naturalmente al Monte Generoso, ben più alto (1’704 msm).

A queste due specie se ne aggiunge una terza lunga fino a 5 cm, Euscorpius italicus, una forma «antropofila», ciò legata all’uomo e ai suoi manufatti. Probabilmente arrivò 2000 anni fa provenendo dal Centro Italia quando i Romani introdussero i terrazzamenti per la coltivazione della vite e si moltiplicarono le costruzioni in pietra. Diffusa fino a una quota di ca. 650 m in tutto il Ticino e in Mesolcina, la troviamo spesso all’interno degli edifici, soprattutto d’inverno o prima di un periodo di maltempo. Esistono anche segnalazioni di altre due specie di Euscorpius: Euscorpius flavicaudis e E. carpathicus, entrambe alloctone. La prima è diffusa sul litorale dell’area mediterranea occidentale, la seconda dalla Spagna alla Crimea per salire ai Carpazi orientali. In entrambi i casi, si tratta di specie introdotte accidentalmente dal turismo o dal traffico merci.

Queste cinque specie non sono né aggressive né generalmente pericolose per l’uomo. Le più piccole come Euscorpius alpha difficilmente riescono a perforare la pelle umana per iniettarvi una dose di veleno comunque minima. Un’accidentale puntura è paragonabile a quella di una vespa e come in questo caso si manifesta generalmente con dolore e gonfiore. Resta la possibilità di manifestare reazioni allergiche che richiedono in tal caso l’intervento di un medico. Attivi di notte, gli scorpioni si nutrono principalmente di ragni e insetti che individuano grazie a peli sensoriali. La gestazione dura ben 11 mesi e si conclude in agosto con il parto di una ventina di individui vivi. La madre li porta sul dorso per proteggerli (anche dal cannibalismo) fino alla prima muta. In seguito saranno gradualmente lasciati al loro destino. Un percorso complesso ma efficace, di un gruppo di animali che lo ha sviluppato in centinaia di milioni di anni.