Dopo i fatti di Losanna, intervista al responsabile della formazione della Polizia cantonale ticinese Christophe Cerinotti
È stata una fine d’agosto esplosiva quella che si è vissuta nel Canton Vaud. Losanna trasformata in un teatro di guerriglia urbana. Cassonetti dati alle fiamme, fuochi d’artificio lanciati contro la polizia. Due notti di violenza dopo la morte di Marvin, un diciassettenne svizzero d’origine africana che fuggiva dalla polizia su uno scooter rubato. Una morte che si inscrive in un clima di sospetto nei confronti degli agenti: a maggio un uomo di origine africana, arrestato per spaccio, era morto nei locali della polizia. L’ultimo di una triste serie di interventi terminati con un decesso. Nel 2021 Nzoy (origine sudafricana), nel 2018 Mike Ben Peter (nigeriano), nel 2017 Lamin Fatty (gambiano) e nel 2016 Hervé (congolese).
Per una assurda coincidenza temporale, il sospetto di razzismo che aleggia sulla polizia losannese si trasforma in ben altro all’indomani della morte di Marvin. Il Municipio rivela di essere venuto a conoscenza di due chat di Whatsapp nelle quali una cinquantina di agenti, circa il 10% del corpo, si scambiava foto e messaggi dai contenuti razzisti, omofobi, sessisti ecc. In otto sono sospesi, gli altri sarebbero stati dei membri silenti dei gruppi. Silenti anche verso i superiori ai quali non hanno denunciato questi contenuti. Il sindaco Grégoire Junod parla di razzismo sistematico all’interno della polizia e annuncia riforme drastiche. I fatti di Losanna valicano immediatamente i confini vodesi e romandi interrogando la Svizzera tutta sul rapporto dei propri agenti di polizia con la complessità della società contemporanea, con temi e situazioni sensibili.
«Un buon poliziotto non si misura solamente da come applica la legge, ma anche da come rispetta le persone», ci dice il responsabile della formazione in seno alla Polizia cantonale ticinese, Christophe Cerinotti. Un principio che guida la scuola per gli aspiranti agenti, che già in fase di selezione – ci spiega l’ufficiale – sono valutati anche per il loro rapporto verso le minoranze, le altre culture ed etnie: «Durante la fase di selezione i candidati devono affrontare dei test psicologici e, se vengono ravvisate delle criticità , devono affrontare uno step supplementare alla presenza di due psicologi. L’inidoneità psicologica è prevista anche per casi di questo tipo, che potrebbero emergere dalle interviste». Nei due anni di formazione i temi dei diritti fondamentali, dell’etica e della deontologia professionale, così come della gestione della diversità culturale, sociale o religiosa, sono parte integrante di formativi specifici.
«Gli agenti in formazione hanno in particolare una mezza giornata dedicata all’interculturalità con degli esperti e un’altra dedicata alla profilazione razziale e ai suoi pericoli, oltre alle 150 ore di diritto. Etica e deontologia professionale sono materie che vengono trattate direttamente dal nostro comandante. L’obiettivo è sviluppare le conoscenze e la sensibilità per agire in modo imparziale». Al di là della Sarine, però, ci si interroga se allungare la scuola di polizia per permettere di approfondire ulteriormente queste problematiche. Per Cerinotti tutto è perfettibile, ma bisogna ricordare che fino al 2019 la formazione si espletava su un solo anno, che oggi è la stessa a livello federale, e che in altri Paesi, come negli Stati Uniti, alcuni agenti vengono messi sulle strade dopo undici settimane di accademia.
Un altro interrogativo rilanciato in queste settimane è quello della «diversità » dentro le fila della polizia. A questo proposito, Cerinotti ci ricorda innanzitutto che la professione è limitata ai cittadini svizzeri, sono pochissimi infatti i Cantoni che hanno aperto anche a residenti in possesso di un permesso C. In Ticino, in ogni caso, ci sono poliziotti con un passato migratorio, sono spesso di seconda generazione e per lo più sono originari di Paesi vicini, alcuni provengono dall’ex-Jugoslavia. Nessuno da Paesi più lontani, «ci sarebbero utili per dialogare più facilmente con certe etnie, ma non è il caso», chiosa il capitano. Discorso diverso, invece, per quanto riguarda la presenza femminile: «C’è stato un incremento negli ultimi anni ed ora ci assestiamo attorno al 20% degli aspiranti».
Le chat fra i poliziotti vodesi, lo abbiamo detto, non sono state denunciate ai superiori. Colpa di un’interpretazione sbagliata dello spirito di corpo afferma qualcuno, e il Municipio di Losanna ha infatti annunciato la volontà di creare delle figure esterne alle quali gli agenti potranno rivolgersi per parlare in totale riservatezza di eventuali scorrettezze. Un tema che la polizia cantonale ticinese gestisce invece al suo interno. «Abbiamo un codice deontologico nel quale si insiste sulla responsabilità individuale e sull’importanza di segnalare i comportamenti non conformi», afferma il nostro interlocutore. «Si invitano con decisione le persone a denunciare i comportamenti che non sono adeguati. Ogni anno, poi, il comando fa un rapporto all’intero corpo e in questa occasione è stata più volte sottolineata l’importanza del rispetto del codice deontologico». Il capitano Cerinotti ci assicura: la porta degli ufficiali e persino quella del comandante sono sempre aperte per chi vuole denunciare ciò che non trova corretto, «da parte nostra siamo sempre aperti al dialogo».
La polizia cantonale ticinese, come altri corpi in Svizzera, si è dunque attivata per far fronte a un problema che non è nuovo e non è limitato soltanto a Losanna. Senza risalire troppo lontano nel tempo, nell’estate del 2024 era stata la polizia basilese a finire sotto i riflettori per un rapporto che denunciava fra l’altro atti di razzismo e sessismo. Segno che il grado di vigilanza deve essere sempre molto elevato e in questo senso sarebbe opportuno che queste tematiche non venissero affrontate unicamente all’inizio della carriera di un agente. «È sicuramente bene ricordare alle persone che hanno concluso da qualche anno la scuola di polizia che ci sono temi delicati come questi», osserva l’intervistato. «La formazione continua è un tema che consideriamo con grande attenzione e che tocca ogni agente su tutto l’arco della sua carriera professionale. Nonostante i turni e gli effettivi da garantire, ci impegniamo a offrire opportunità compatibili con l’organizzazione attuale. Temi come quello discusso in questa sede sono stati più volte ripresi e trattati a più livelli. Siamo convinti che si tratti di un percorso di crescita importante, ben radicato nella nostra organizzazione».