Le incisioni dei due grandi maestri del Novecento in mostra al Museo d’Arte di Mendrisio
Non potevano essere più differenti tra loro Pablo Picasso e Markus Raetz. Il primo, spagnolo dal temperamento indocile e dall’animo vorace, era puro istinto, vigore, pulsione. Il secondo, elvetico dall’animo contemplativo e dall’indole riflessiva, era quieta meditazione, pazienza, minuziosità. Turbolenza e veemenza da una parte. Lentezza e diligenza dall’altra.
Sebbene agli antipodi sia nell’approccio alla creazione sia nello stile, Picasso e Raetz erano però accomunati dal medesimo profondo interesse per la grafica, un linguaggio che entrambi non hanno mai reputato una forma d’arte secondaria, bensì un campo di sperimentazione fondamentale nella loro ricerca, strettamente legato alla pittura e alla scultura. I due artisti, difatti, sono sempre stati mossi da un costante bisogno di saggiare le potenzialità della tecnica incisoria per estendere la loro indagine formale e contenutistica, ben consapevoli che essa, a dispetto delle sue radici antiche, mantenesse ancora una grande vitalità espressiva.
Picasso, capace di realizzare fino a sette stampe al giorno, e Raetz, capace di lavorare a una lastra anche per dieci anni, si trovano uno accanto all’altro in due rassegne complementari allestite al Museo d’Arte di Mendrisio, a sottolinearne la condivisione dell’idea di arte grafica quale affascinante ambito attraverso cui dar vita a inedite connessioni tra passato e contemporaneità.
Quanto per Picasso l’attività incisoria sia stata importante è dimostrato dai numeri: l’artista ha realizzato circa duemilacinquecento opere grafiche, muovendosi, con la disinvoltura che lo ha sempre contraddistinto, dall’acquaforte all’acquatinta, dalla puntasecca alla litografia, dal bulino alla linoleografia. I lavori esposti a Mendrisio riflettono non solo l’insaziabile voglia di sperimentare del maestro spagnolo ma anche la sua abilità (che, va sottolineato, non è mai stata sostenuta da una formazione specifica) nel potenziare queste tecniche per raccontare con immediatezza il proprio universo poliedrico.
Le opere in mostra provengono dalla donazione fatta alla Fondazione Gottfried Keller da Georges Bloch, grande amico ed estimatore di Picasso. Il collezionista zurighese ha incominciato ad acquistare le incisioni dell’artista sin dagli anni Venti del Novecento e si è assicurato i suoi pezzi migliori dopo averlo conosciuto personalmente nel 1953, lasciandone poi una buona parte alla suddetta Fondazione affinché la produzione grafica del maestro fosse ben rappresentata anche in Svizzera.
Ciò che colpisce osservando i lavori esposti è come in essi ritornino le medesime tematiche presenti nei dipinti e nelle sculture picassiane, a rimarcare come l’incisione si intersecasse con le altre forme espressive dell’artista, anticipandone a volte soluzioni compositive.
Il procedere per nuclei tematici del percorso della rassegna rivela in maniera molto chiara questo aspetto. Dai ritratti delle persone più vicine a Picasso, tra cui i figli e le tante donne della sua vita (queste ultime spesso effigiate con uno stile che muta progressivamente seguendo l’andamento della loro relazione con l’artista, come nelle litografie che hanno per soggetto Françoise Gilot), si passa ai temi mitologici, con la figura drammaticamente deformata del Minotauro a campeggiare quale emblema dell’eterno dissidio tra ragione e istinto.
Fra le opere dedicate alla tauromachia, tema a cui Picasso è stato profondamente legato, ci sono due acquetinte del 1937 dal titolo Sueño y Mentira de Franco in cui l’artista sbeffeggia il dittatore spagnolo rappresentandolo in pose grottesche e in cui compaiono alcuni motivi, come il volto femminile urlante, presenti anche in Guernica.
Dopo una serie di d’après che testimoniano l’ammirazione di Picasso per alcuni maestri (Lucas Cranach il Vecchio, Poussin, Degas, Manet) e la sua straordinaria capacità di rivisitare alcuni dei loro capolavori, troviamo grafiche che hanno per soggetto gli animali, riprodotti spesso con uno stile evocativo dell’arte di Rembrandt e Goya, le «nature morte», raffigurate con spensierata leggerezza o con grande drammaticità, e il tema «dell’artista e della modella», motivo rielaborato di continuo dal pittore spagnolo per sviscerare il suo rapporto con le donne e con lo scorrere del tempo.
Eros e morte difatti hanno permeato l’intera opera di Picasso e sono diventati contenuti ancor più pregnanti nella sua grafica tarda, quando il ritmo di lavoro dell’artista si è fatto a dir poco forsennato proprio per resistere all’imminente conclusione della sua esistenza. Suite 347, una delle imprese più colossali del maestro, è composta da trecentoquarantasette incisioni eseguite nel 1968 in soli sette mesi. Al suo interno è racchiusa tutta la vita di Picasso, che, ormai ottantasettenne, vi ha fatto confluire la sua sconfinata immaginazione, i temi che lo hanno accompagnato lungo tutto il suo fantasmagorico cammino e, soprattutto, il suo bisogno di esorcizzare la morte.

Markus Raetz, Zwei Pole (Due poli), 2014, Bulino (M. Rätz – Succ. Markus Raetz
© M. Rätz – Succ. Raetz / 2025, ProLitteris, ZH)
Attraverso una ricca selezione di opere a bulino, in gran parte inedite, ci immergiamo poi nel mondo di Markus Raetz, artista svizzero noto principalmente per le sue sculture e installazioni, la cui ricerca non può essere però compresa appieno senza conoscerne l’espressione grafica. I lavori esposti, realizzati tra il 1994 e il 2017, costituiscono difatti un capitolo specifico all’interno della vastissima produzione dell’artista, che all’incisione si è dedicato con una certa reverenza, quasi con apprensione, consapevole di avere a che fare con una pratica che richiedeva grande perizia e totale padronanza delle procedure.
Al bulino, la più antica e nobile tra le prassi incisorie, Raetz si è avvicinato proprio nel 1994, quando, con alle spalle già più di trent’anni di esperienza nell’ambito della grafica, viene invitato a realizzare un’opera per la Chalcographie du Louvre. Il rapporto di Raetz con questa tecnica raffinata si è fatto sempre più intenso nel corso del tempo, dando vita a esiti artistici che hanno combinato con maestria metodo e immaginazione.
È nella dimensione incisoria che l’artista ha approfondito le questioni che hanno costantemente caratterizzato la sua indagine. E lo ha fatto padroneggiando un segno in grado di creare superfici che paiono fluttuare davanti al nostro sguardo, descrivendo volti, figure geometriche e composizioni astratte.
Sin dalla prima prova a bulino, dalla cui accurata vicinanza dei tratti emerge il delicato profilo della moglie, fino all’ultima lastra, popolata da parole, oggetti bizzarri e ghirigori flessuosi, Raetz ha evocato l’idea a lui tanto cara di un dinamismo palpitante, di una metamorfosi ininterrotta che percorre la trama dell’esistenza umana.
Da qui la scelta dell’artista di adottare una linea dall’andamento sinuoso e di rappresentare motivi che rimandano al fluire di un’energia vitale, come l’onda, ad esempio, uno dei soggetti presenti nell’opera di Raetz fin dagli anni Settanta. Grazie all’accostamento di segni ricurvi l’artista ha esplorato inoltre una delle questioni principali della sua pratica creativa, l’ambivalenza delle immagini. Per raggiungere questo obiettivo anche nell’incisione a bulino egli ha utilizzato l’espediente di inchiostrare la stessa lastra in due modi diversi, come in Gekämmt, Wellen e Ondulation del 1994-95, rafforzando così il movimento serpeggiante della raffigurazione.
La continuità della ricerca di Raetz da un medium all’altro emerge molto bene in mostra dalla presenza di alcuni lavori tridimensionali esposti insieme alle opere calcografiche. È così che Doppelprofil (1993), scultura in bronzo dalla natura ingannevole, si trova accanto al mutevole arabesco di Flugfigur (2016), e che nell’installazione Ohne Titel (2017) si colgono molte affinità formali con le immagini del portfolio Das dünnste Loch (2014-2017).
Con la sfida alla percezione come obiettivo primario, Raetz ha saputo far confluire nella grafica tutto il suo universo rigoroso e al contempo poetico, ironico e al contempo profondo nello svelare quanto sia labile il confine tra la realtà e il nostro modo di vederla.
Dove e quando
Pablo Picasso, maestro dell’incisione. Opere dalla Fondazione Gottfried Keller, donazione Georges Bloch, a cura di Barbara Paltenghi Malacrida e Matthias Frehner, e Markus Raetz. Le incisioni a bulino 1994–2017, a cura di Francesca Bernasconi e Rainer Michael Mason.
Museo d’Arte Mendrisio.
Fino al 25 gennaio 2026.
Orari: da ma a ve 10-12 / 14-17;
sa, do e festivi 10-18.
museo.mendrisio.ch
