Videogiochi: il seguito di "Ghost of Tsushima" amplia il mondo di gioco con il selvaggio Hokkaido ma perde l’intensità narrativa del primo capitolo
Da qualche anno il Giappone sta guadagnando sempre più popolarità mainstream. Che sia l’accettazione di fumetti e cartoni animati, meglio detti manga e anime, come forma d’intrattenimento per tutti e non per un invisibile sottobosco di fanatici Otaku, oppure per il crescente numero di turisti che, approfittando della relativa debolezza dello Yen giapponese, decidono di visitare il Paese del Sol Levante in massa. Il mondo dei videogiochi è da sempre uno dei punti che uniscono il mondo intero alla cultura nipponica. E non solamente perché Nintendo e Sony PlayStation sono entrambe società giapponesi ma anche e soprattutto per quei giochi, anche molto famosi, ambientati proprio in Giappone. Tuttavia, non sono poi tanti gli studios di videogiochi non basati nel Paese che siano riusciti a catturarne l’essenza in modo da offrire un prodotto che sia al contempo godibile e fedele alle tradizioni, sia da un punto di vista iconografico sia per quel che concerne l’atmosfera. Basti pensare al recente Assassin’s Creed Shadows, accompagnato da lunghe polemiche riguardo ambientazione e rappresentazione di questa cultura ben distinta.
Una delle eccezioni alla regola è Sucker Punch, studio di videogiochi che si trova a Washington, negli Stati Uniti. Ghost of Tsushima, uscito nel 2020, è stato quasi universalmente apprezzato sia da pubblico che critica. Ora, a cinque anni di distanza, ecco arrivare Ghost of Yotei. Abbandonati gli atolli al largo dell’isola di Kyushu in favore dell’Hokkaido, nell’estremo nord del Paese, questo nuovo gioco tenta di ricatturare quella formula che così bene ha funzionato qualche anno fa.
Ghost of Yotei si lascia alle spalle le gesta del samurai Jin Sakai: questa volta saremo protagonisti della storia di Atsu, una donna guerriera temprata da molte lotte, non da ultima la campale battaglia di Sekigahara, che, nella storia reale, rappresenta uno dei momenti più cruciali del Giappone del 1600. Lasciato il sud, Atsu ritorna alla sua terra natale in cerca di coloro che hanno brutalmente trucidato la sua famiglia. Al suo ritorno trova l’isola oggetto di contesa tra due schieramenti: un gruppo di assassini, ritenuti responsabili delle sofferenze della protagonista, e uno shogun intenzionato a conquistare il territorio. Non resta altro che rimboccarsi le maniche e affilare la spada.
Ghost of Yotei è in quasi tutto e per tutto un notevole passo avanti rispetto al gioco precedente. Il titolo, specialmente su PlayStation 5 Pro, è un’assoluta delizia per gli occhi. Pur non mostrando i panorami che più comunemente associamo al Giappone, ci permetterà di visitare vasti territori sconosciuti ai più. Dalle cime innevate dell’imponente monte Yotei a campi fioriti, villaggi Ainu e fortezze samurai. Il gioco è interamente doppiato in italiano e in giapponese e offre diversi «filtri» per cambiare non solo l’aspetto del gioco, come la modalità Kurosawa (ispirata al famoso regista nipponico) ma anche la colonna sonora con la modalità Watanabe che sostituisce le musiche originali con versioni lo-fi particolarmente apprezzabili.
Durante le sue peripezie, Atsu imparerà progressivamente a combattere non solo con una katana (la spada classica giapponese) ma con tutta una varietà di armi offensive che forniscono un bel ventaglio di tecniche e tattiche di combattimento. Al giocatore la scelta di un approccio diretto o indiretto nell’affrontare i vari pericoli dell’isola. Peccato che, a differenza del gioco precedente, non ci sia più nessun conflitto morale tra il comportarsi onorevolmente in battaglia oppure usare qualsiasi mezzo pur di sconfiggere i nostri avversari.
La ricerca di vendetta di Atsu la porterà anche a interagire con tanti personaggi, alcuni buoni e alcuni decisamente cattivi senza però dimenticare missioni e ricerche più calme e rilassate. Un tempio nascosto, un altare da onorare o una volpe nella neve alta da rincorrere, il mondo di Ghost of Yotei è particolarmente vivo e intrigante da esplorare.
L’unico vero problema di questo gioco è la storia. Più debole rispetto al precedente, si basa sulla trita e ritrita vendetta personale. In questo, Yotei manca di quell’anima che invece era così presente in Tsushima. Forse s’è voluto creare un gioco dalle tematiche fin troppo moderne, in cui una samurai donna è accettata senza batter ciglio, al posto di mettere in avanti una storia in cui dobbiamo dimostrare il nostro valore e la nostra bravura in un mondo che, nel Giappone rurale del XVII secolo, non era molto propenso a farlo. Sarebbe stata una storia molto più intrigante. Detto questo, Ghost of Yotei rimane un sequel di qualità che, pur perdendosi un po’ per strada, saprà garantire dalle 30 alle 40 ore di divertimento ed esplorazioni.








