L’edificio che ospita Governo e Parlamento elvetici non ha l’onore del numero civico 1 di Piazza federale, occupato dalla BNS
Iniziamo con un interrogativo attorno a cui non ruotano di certo i destini del mondo, e nemmeno quelli del nostro Paese. Il quesito, che in verità ne raggruppa un paio d’altri, è presto detto e ci porta dritti dritti a Berna. Come mai Palazzo federale ha ricevuto il numero 3 di Piazza federale, mentre il numero 1 è stato assegnato all’edificio della Banca Nazionale Svizzera? Il primato della legittimità democratica, rappresentato in primis proprio dalla sede del Parlamento federale, non dovrebbe simbolicamente rispecchiarsi anche in un semplice numero civico? Vuol forse dire che in Svizzera l’economia e la finanza sovrastano per davvero le dinamiche e gli equilibri politici? E poi un edificio così conosciuto, come quello di Palazzo federale, ha davvero bisogno di un numero sulla sua facciata?
Non basterebbe pronunciarne il nome, «Bundeshaus», per permettere a questo Palazzo di essere subito riconosciuto, anche per quanto riguarda la toponomastica stradale? Domande a cui non è semplice dare una risposta univoca e immediata, in particolare perché la ragioni che hanno portato Palazzo federale ad avere, e forse anche ad accontentarsi, del numero civico 3 sono molteplici e di diversa natura. C’è di mezzo la storia e con essa le dinamiche urbanistiche di una città che all’improvviso si era ritrovata, correva l’anno 1848, ad essere la capitale del Paese. Ma ci sono anche motivi di semplice inerzia burocratica a spiegare le stranezze dei numeri civici di Piazza federale.
Prima c’era l’Inselspital
Ma andiamo con ordine e iniziamo con una data che ci porta lontano nel tempo, il 1531. In quell’anno, nel luogo in cui oggi sorge l’ala occidentale di Palazzo federale, un antico monastero domenicano venne trasformato in un istituto di cura, che verrà chiamato Inselspital, lo stesso nome che si usa ancora oggi per l’ospedale universitario cittadino, che si trova da tempo in un altro quartiere della capitale. Anche la strada che permetteva di accedere a quell’antico ospizio prenderà lo stesso nome, nacque così la Inselgasse, il vicolo dell’isola, termine che rimandava ad un piccolo isolotto che allora emergeva dalle acque del fiume Aare. Facciamo ora un salto di tre secoli, per approdare al 1848, anno in cui nacque la Svizzera moderna così come la conosciamo oggi.
Berna venne scelta come capitale della Confederazione e sede del Governo, del Parlamento e dell’Amministrazione federale. C’era però un problema che oggi chiameremmo logistico: la città mancava completamente degli edifici pronti a ospitare queste tre istituzioni, che negli anni successivi vennero alloggiate qua e là in alcuni degli stabili più rappresentativi della città . Lo Stato federale era nato ma la sua capitale era ancora tutta da modellare. I lavori per la costruzione di Palazzo federale vennero iniziati nel 1894 e si conclusero otto anni più tardi. L’edificio sorse su per giù dove un tempo si trovava l’Inselspital e lungo quella che si chiamava ancora Inselgasse. Il primo indirizzo del Bundeshaus fu dunque «Inselgasse 15». E questo perché la Piazza federale non esisteva ancora, sarebbe sorta grazie al successivo abbattimento di uno stabile che in quegli anni si trovava proprio di fronte alle Camere federali.
Ecco il perché del numero 3
Venne così a crearsi un nuovo spazio nell’urbanistica della città , un luogo che le autorità di allora decisero di non più edificare: nacque così Piazza federale e il primo stabile ad essere costruito attorno a quel piazzale fu proprio la sede della Banca nazionale, a cui fu assegnato il numero civico 1. Era il 1909. A partire da allora il «Vicolo dell’isola» cambiò nome un paio di volte, dapprima venne ribattezzato Theodor-Kochergasse e poi Kochergasse. Con Palazzo federale a dover modificare il proprio indirizzo, legato a filo doppio a quella via che gli scorreva davanti e che lo separava di qualche metro da Piazza federale. Arriviamo così all’inizio degli anni ’70 quando la città di Berna decise di rivedere le regole per l’assegnazione dei numeri civici.
Fu in quel momento che a qualcuno, probabilmente ad un funzionario dell’amministrazione cittadina di cui non si è mai saputo il nome, venne l’idea di assegnare a Palazzo federale un nuovo indirizzo. Il numero 1 era però già occupato da più di 60 anni, così come il 2, che divenne fino a un paio di anni fa la storica sede bernese del Credit Suisse. Il Bundehaus dovette così accontentarsi del numero 3, cifra che fa ancora oggi bella mostra di sé su una delle colonne frontali dell’edificio. Per inciso va detto che la Piazza federale di allora era utilizzata soprattutto come parcheggio, e questo fino all’inizio degli anni Duemila. Oggi è in gran parte pedonalizzata e abbellita da una serie di getti d’acqua ad intermittenza. A quanto pare i numeri civici potrebbero anche essere scambiati, tra Banca Nazionale e Parlamento federale. Il regolamento cittadino non lo impedirebbe, anche se, stando a fonti di stampa svizzero-tedesche, la Banca Nazionale farebbe un po’ fatica a separarsi dal suo numero 1, che detiene da quasi 120 anni.
Più spazio ai turisti
I servizi del Parlamento stanno comunque guardando con grande interesse all‘edificio che porta il numero 2, l’ormai ex sede del Credit Suisse, che si trova proprio di fronte a Palazzo federale e che è stata dismessa con il passaggio della banca nelle mani di UBS. Uno stabile in cui si sta pianificando la creazione di un nuovo centro di accoglienza per le persone che desiderano visitare Palazzo federale, un progetto già approvato dal Consiglio nazionale. E questo perché il Bundeshaus riscuote parecchio successo a livello turistico, ogni anno più di centomila persone decidono di visitarlo. E non di rado all’esterno dell’edificio si creano colonne e lunghi tempi di attesa, anche a causa delle nuove esigenze in materia di sicurezza. Se questo progetto dovesse andare in porto, Palazzo federale acquisirebbe così anche il numero 2 della Piazza. E chissà , magari l’apertura di questo nuovo «visitors center» potrebbe anche portare ad un ripensamento nell’assegnazione dei numeri civici. E aggiungere un nuovo capitolo a questa lunga storia bernese ma, in fondo, anche molto svizzera.
 
			         
			         
			        