La delicata relazione fra un progetto e una previsione
In un precedente articolo dedicato al tema del futuro sottolineavo come ogni previsione sia esposta alla spada di Damocle dell’incertezza e degli eventi improvvisi. Situazioni nelle quali la previsione è, come si dice, «matematica» sono reperibili solo in laboratori controllati, in alcuni contesti di astronomia o in dispositivi digitali preordinati. Fuori da questi ambiti nessun controllo è possibile esaustivamente, perché la realtà totale di un qualsiasi contesto consiste in un groviglio illimitato di variabili. Sta però di fatto che gli esseri umani vivono di futuro non meno che di passato. Due prospettive solo in parte analoghe. La nostra ricostruzione del passato è passibile di errori dovuti all’omissione di eventi, volti, nomi. La previsione è invece gravata da eventi inaspettati dovuti alla complessità con cui abbiamo a che fare. Il passato ha però un sicuro vantaggio sul futuro poiché esso è già accaduto e, perciò, si è cristallizzato senza più essere modificabile. Il lavoro dello storico, o di chi fa indagini su un certo evento, può presentare molte difficoltà ma la certezza dell’evento da spiegare è una base sicura da cui partire, base che, nel caso del futuro, manca del tutto.
Tuttavia, anticipare gli eventi è un desiderio comune e, allora, ecco nascere in ogni essere umano una doppia propensione: da un lato, l’inclinazione dell’ottimista o del pessimista a prevedere, ma in realtà a sperare (il diffusissimo wishful thinking) o temere, che tutto andrà bene oppure male e, dall’altro, la propensione a «progettare», cioè a preordinare le cose in modo da ottenere, in un futuro più o meno vicino, un certo risultato. Ogni progetto – un viaggio, una costruzione o un intervento chirurgico – implica necessariamente una o più previsioni ma è importante sottolineare che un progetto, in sé, non è una previsione. Prevedere, in termini razionali, significa «vedere prima» un evento e il suo successo dipende dall’accertamento che l’evento sia dovuto alla dinamica indicata dalla previsione e non dalla manipolazione degli accadimenti.
Supponiamo che Tizio e Caio siano seduti al tavolo di una pizzeria, in attesa dell’amico Sempronio. Vedendolo arrivare, Tizio dice a Caio: «Vedrai che Sempronio ordinerà una pizza al prosciutto», poi, rivolgendosi a Sempronio, decanta la qualità della pizza in questione fatta in quella cucina e, alla fine, convince Sempronio a sceglierla. Dunque la previsione si è avverata ma è del tutto indimostrato che Sempronio avrebbe ordinato quel piatto anche se Tizio non l’avesse persuaso. In fondo siamo di fronte a quella che il sociologo Robert K. Merton, ha denominato la «profezia che si auto-adempie» (Self-Fulfilling Prophecy). Si tratta di circostanze nelle quali chi emette una previsione dà , per così dire, una mano agli eventi forzandoli a svilupparsi nella direzione «prevista». Il caso limite è quello del baro che studia il modo di fermare la roulette sul numero desiderato ma la casistica è assai più ampia e include anche congiunture umane di varia quotidianità persino di ordine psichiatrico, come quando la depressione, fornendo al soggetto una visione tetra delle cose, si auto-alimenta generando un futuro sempre più tetro. Merton però segnala anche il caso di previsioni storico-sociali come quella emessa da Karl Marx circa l’ineluttabile rivoluzione proletaria poiché, assieme a Friedrich Engels, pubblica poi Il Manifesto, ossia un’opera nella quale si incita il proletariato a realizzarla. Merton paragona una simile condotta, e la sua pretesa natura scientifica, al comportamento di un prestigiatore che, dopo aver messo il coniglio nel cappello nel suo camerino, lo preleva trionfalmente davanti al pubblico.
In definitiva, la relazione fra un progetto e una previsione «pura» pone questioni logiche di notevole interesse e talvolta difficili da dirimersi: quell’evento sarebbe accaduto comunque oppure si è generato solo grazie alla mia volontà e alla mia azione? E quindi non sono da trascurarsi nemmeno gli aspetti etici, dato che, non raramente, il nostro modo di vedere le cose, o di prevederne l’andamento, risulta influenzato da previsioni talvolta non disinteressate e in grado, alla fine, di auto-avverarsi senza che ve ne fosse reale motivo.
 
			         
			         
			        