«Chi giuoca di capriccio, paga di borsa»

by azione azione
20 Ottobre 2025

Aumento dei premi delle casse malati, politica sanitaria cantonale messa a nudo, editoriali, prese di posizione e dichiarazioni a non finire che si intrecciano per commentare l’aggravarsi della situazione: i due referendum accettati a fine settembre ci hanno recapitato la fattura di decenni di scelte e tagli non effettuati, di deficit sanitari snobbati, di sovvenzioni irragionevoli sempre infilati sotto il largo tappeto dell’ignavia e del permessivismo. Come se non bastasse, passati due giorni, arriva anche il rosso profondo del Preventivo dello Stato, simile a un coperchio calato sulle teste di tutti noi a conferma che bollitura e tracimazione dei deficit cantonali e comunali sono in corso.

Ho cercato a lungo un modo semplice e chiaro per commentare questa intricata situazione. Dapprima ero tentato di seguire un titolo apparso su un giornale svizzero-tedesco («C’è nebbia fitta nella “Sonnenstube”»), ma mi sono reso conto che avrei finito per sottolineare più lo stupore dei confederati che non quanto sta capitando da noi. Passando in rassegna editoriali e commenti sui media, la scelta è finalmente caduta su un fotomontaggio presentato dal «Corriere del Ticino» due giorni dopo la votazione. Merita un elogio chi lo ha proposto perché, a mio parere, risulta più efficace di tante parole e immagini nel rappresentare il mishmash politico che stiamo vivendo. Breve rievocazione di quell’affresco fotografico: in casa della Lega per salutare la vittoria del suo referendum si elevano i calici, mentre a salutare il «sì» delle sinistre c’è un pugno chiuso. Ovviamente a guidare il brindisi e a mostrare il pugno ci sono i due promotori dei referendum: il coordinatore della Lega e il co-presidente del Ps. Il fotomontaggio mi è tornato in mente e si è perfezionato qualche giorno dopo mentre faccio benzina.

Nella mente mi balena una possibile analogia fra un errore capitatomi anni fa e l’ormai cronico laisser aller della politica tradizionale che trascura il manipolo intento a versare gasolio nel serbatoio e si disinteressa anche del gruppo che lo riempie con benzina super. Anche chi non guida sa che una simile miscela può diventare micidiale dato che – dicono i meccanici – accendendo il motore il gasolio ostruirà gli iniettori incrostando le candele e depositandosi nel catalizzatore. Non sono forse gli stessi danni che rischia di registrare anche il Governo, trovando nel proprio serbatoio il diesel del referendum delle sinistre e la super di quello leghista? E rischiano di diventare anche irreparabili, soprattutto se si avvierà il motore (e la presentazione del Preventivo lo fa temere) senza prima preoccuparsi di svuotare e pulire il serbatoio (vale a dire di finalmente individuare e effettuare i necessari tagli in ambito di politica sanitaria). A pesare c’è poi un’altra componente: i referendum impongono al Cantone e ai Comuni uscite annuali fisse, condizione ardua da gestire senza causare frizioni all’interno dei rispettivi schieramenti «tradizionali». Così si arriva al nodo più complicato dei colloqui fra Governo e referendisti: questi ultimi non soltanto possono democraticamente pretendere l’attuazione di scelte politiche già respinte o mai avallate da Governo e Gran consiglio, ma si sentono ormai legittimati, come schieramenti «sciolti», a proseguire le prove tecniche per inserire il Ticino in un’epoca neopopulista.

Mi resta poco spazio e per le conclusioni dall’automobile salgo su un battellino ceresiano, lo stesso con cui ogni sabato un collega traghetta i suoi lettori attraverso attualità e politica ticinesi. Da sgamato nocchiere aveva presagito questa crisi, abbozzando persino un richiamo alla vigilia del voto («larghe fasce di popolazione esasperate potrebbero usare la scheda di voto come un forcone rusticano»). Così ho pensato a un regalino, una targa da appendere «qualunquemente» a babordo o a tribordo del suo natante. Reca una scritta trovata su Semplici verità ai Ticinesi, libro che riprendo ogni volta che sul Ticino incombono temporali finanziari. L’autore Stefano Franscini in una nota evoca l’antico proverbio «Chi giuoca di capriccio, paga di borsa». Un monito sempre valido: pagheremo di borsa per l’infantilismo politico di chi a destra e a sinistra giuoca di capriccio contro un consociativismo sempre più fatiscente.