Lo Spazio Officina di Chiasso ospita la prima mostra dedicata alle stampe grafiche del maestro italiano
Sebbene di carattere introverso e riservato, Angelo Tenchio è sempre stato un uomo desideroso di conoscere e di sperimentare, aperto al dialogo e al confronto con tutte le figure del mondo dell’arte. Scultore, incisore e pittore, per quanto il suo percorso creativo sia stato piuttosto breve, interrotto dalla sua improvvisa scomparsa nel 1994 quando era poco più che cinquantenne, egli è riuscito a dar prova di una grande padronanza delle tecniche artistiche e della capacità di creare attorno a sé un ambiente culturalmente vivace, dove la collaborazione e lo scambio di idee erano fondamentali.
Il suo atelier situato in Borgovico a Como, infatti, è stato per più di due decenni uno spazio di incontro per artisti, galleristi, studenti, critici e collezionisti italiani e svizzeri: un luogo in cui l’affabile Tenchio riceveva a ritmo continuo le visite di coloro che spartivano con lui un profondo interesse per l’arte, proprio negli anni in cui il territorio lariano stava vivendo uno dei suoi periodi creativamente più intensi.
Nel suo studio Tenchio aveva allestito un laboratorio di incisione e di stampa calcografica diventato in poco tempo il punto di riferimento per molti colleghi che trovavano nell’artista un raffinato interlocutore in grado di interpretare al meglio le loro esigenze. A dimostrazione di ciò basti pensare che da questo atelier sono passati alcuni dei più importanti autori comaschi e ticinesi: dai maestri dell’astrattismo quali Mario Radice, Carla Badiali e Aldo Galli, a figure quali Giuliano Collina, Giorgio Bellandi, Gianriccardo Piccoli, Max Huber, Fiorenza Bassetti, Paolo Bellini, Marco Mucha e Italo Valenti, solo per citarne alcuni.
Ad Angelo Tenchio incisore lo Spazio Officina di Chiasso dedica una rassegna, a cura di Roberto Borghi e Nicoletta Ossanna Cavadini, che ripercorre i venticinque anni dell’attività grafica dell’artista comasco, evidenziandone i caratteri salienti a partire dagli esiti iniziali di stampo accademico fino ad arrivare a quelli degli anni Novanta. Si tratta di lavori che fanno parte del nucleo di opere donato dalla signora Elvira Tenchio e dalle sue figlie Carlotta e Camilla agli Archivi del m.a.x. museo e che danno vita a un affascinante itinerario in cui le cartelle grafiche e le tirature singole di incisioni, affiancate dalle relative matrici in rame e zinco, documentano bene la versatilità espressiva dell’artista, in uno stretto colloquio tra pensiero e prassi.
Nato artisticamente come scultore, Tenchio coltiva la passione per l’incisione sin dai tempi degli studi all’Accademia di Brera a Milano, arrivando poi a farla prevalere come declinazione dell’atto scultoreo stesso. Quanto nella produzione di Tenchio arte plastica e grafica siano strettamente legate tra loro, nel segno comune di una profonda sperimentazione della materia, è testimoniato dalle due monumentali opere lignee dei primi anni Novanta, intitolate totem T e totem P, che fungono da portale d’ingresso alla mostra. Una scelta, questa, che, oltre ad accogliere lo sguardo del visitatore per incanalarlo nelle sale espositive, manifesta la connessione tra i due linguaggi attraverso cui Tenchio si è espresso con la medesima artigianalità creativa. Per l’artista, infatti, la grafica aveva lo stesso valore concettuale della scultura, e, anzi, quando le sue incisioni, a partire dalla metà degli anni Ottanta, hanno avuto come soggetto prediletto proprio i lavori plastici, esse li hanno completamente reiventati catapultandoli in una nuova dimensione di sogno e di enigmaticità.
Della nutrita raccolta di lavori presentata nella rassegna chiassese colpisce l’attitudine di Tenchio alla sperimentazione di diverse tecniche, come l’acquatina, la ceramolle, la puntasecca e l’acquaforte, quest’ultima la preferita per i suoi più marcati effetti pittorici. Emerge altresì in maniera molto evidente quella visionarietà che percorre come un filo rosso tutta la produzione grafica dell’artista. D’altra parte è stato lo stesso Tenchio ad aver sottolineato come l’incisione sia stata per lui una procedura «misteriosa e ricca di infinite possibilità».
La modernità dell’opera dell’artista scaturisce così dalle sue originali scelte di metodo, che indagano incessantemente le potenzialità del segno e del colore, e dalla sua abilità nel far coesistere concretezza e fantasia, meticolosità e spirito allusivo, elaborando forme ancestrali che, a dispetto del virtuosismo tecnico e dell’accuratezza con cui sono state realizzate, racchiudono una forte tensione lirica.
La carica evocativa che permea le grafiche di Tenchio deve molto ad Alberto Giacometti, del quale l’artista comasco apprezza in particolar modo il periodo iniziale improntato al surrealismo onirico; la capacità di sintesi della struttura dell’opera, invece, trova il suo punto di riferimento nella ricerca di Fausto Melotti.
Di particolare interesse, in mostra, sono poi alcuni taccuini provenienti dall’archivio di famiglia che permettono di conoscere meglio l’artista sia dal punto di vista professionale sia da quello personale. A questi «libriccini» Tenchio, difatti, non affida solo le sue riflessioni artistiche ma anche i suoi pensieri sull’esistenza, le sue passioni e le sue esperienze, come il viaggio in Mali, che ha avuto grande influenza sull’ultima produzione dell’inizio degli anni Novanta.
A suggellare il ruolo di Tenchio quale ricercato stampatore e più in generale quale figura fondamentale della vita culturale comasca è la sezione dedicata agli artisti che hanno eseguito incisioni grafiche nel suo atelier; in quello stesso studio dove hanno preso forma idee e progetti in una raffinata sinergia d’intenti e dove per lo schivo Tenchio arte e vita sono state un tutt’uno.
Dove e quando 
Angelo Tenchio (1943-1994) fra arte e grafica. 
Spazio Officina, Chiasso. 
Fino al 30 novembre 2025. 
Orari: ma-ve 14-18; sa, do e festivi 10-12/14-18. 
www.centroculturalechiasso.ch
 
			         
			         
			        