Un io meno sfuggente

by azione azione
13 Ottobre 2025

Poesia: pubblicata da Book editore la nuova raccolta di Antonio Rossi si intitola "Quandoltre"

Per spiegare le ragioni dell’utilizzo dell’amplificazione acustica all’interno del suo teatro, nella memorabile puntata del «Maurizio Costanzo Show» Uno contro tutti a lui dedicata, nel 1994 Carmelo Bene portava l’esempio dell’ingrandimento quale mezzo di affondo emozionale, di pratica scenica con cui, alla maniera di Francis Bacon in pittura, l’uomo di teatro sprofondava l’interlocutore dentro alla sensazione, oltre il senso comune e la piana comprensione.

Nel leggere i componimenti di Quandoltre, recente raccolta di poesie del ticinese Antonio Rossi edita, come da due decenni a questa parte, dall’editore ferrarese Book, la memoria è andata immediatamente all’esempio del grande attore-autore italiano, tra l’altro anche poeta (o, forse, soprattutto poeta), poiché nei testi in questione sembra esservi appunto come una sorta di ingigantimento del particolare, di messa a fuoco di un’infinita e fuggevole complessità del dettaglio.

Ma questa non è certo una novità, per il lettore di Rossi. Scrittore alla sua quinta e intensa silloge (l’ultima era, puntuale come sempre, di dieci anni fa: Brevis altera), dai suoi esordi si è sempre mosso lungo questo crinale, privilegiando la marginalità dei soggetti quale valore strutturale della propria poetica. Ciò detto, anche in questa raccolta troviamo le caratteristiche che impregnavano le opere precedenti: la complessità, quasi tortuosa, minerale, del costrutto sintattico e l’uso di un linguaggio che mescola, nella scelta dei termini, tecnica e natura.

Forse, però, come a radi sprazzi, in questo nuovo lavoro vi è anche una sorpresa. La si trova, ad esempio, in uno dei componimenti della sezione Prerogativa, che, con Aghifogli, Legacci, Una tela cerata, Circospezioni e Strano che, compone il libro: «Non che Orione superficialmente / da poeti o fortuiti osservatori / sia stato invocato», recita il testo in questione. «lo stesso dicasi / per la Via Lattea in cui taluno / neve vede o esondante fiume. / Ma tanta inconfutabile altezza / una briciola almeno levato avrà / di nostra tendenziale bassezza?». Cos’è successo? Improvvisamente (se così si può dire) il poeta che sembrava inderogabilmente dedito a una walseriana cancellazione della propria soggettività (il termine «quandoltre», in italiano antico, indica proprio «di là da sé») non solo si espone con una domanda, ma pure attraverso un non troppo velato giudizio sulla vita.

A tale accenno, che sembra riportare, seppure con estrema discrezione, a un certo interesse sull’umano – in modo più «dichiarato» che in passato – si possono ascrivere anche i versi di un altro brano (sempre della medesima sezione), dove il poeta si fa testimone di un alterco notturno sul quale, nuovamente con una domanda, si interroga: «Essendo un’intesa stata / nella notte con vocabolo / sleale vilipesa libero sfogo / hanno mutevoli congetture / o dannosi proponimenti. Forse / all’indomani ascoltar si potrà / l’eco dei sospiri; ma come / queste parole a quelle nel buio / riversate si congiungeranno?».

Quandoltre è quindi un’opera che se da un lato conferma la solidità granitica di un percorso più che definito, come ha ben ravvisato Maurizio Chiaruttini nel suo saggio monografico La diffrazione. Sulla poesia di Antonio Rossi (Mimesis, 2022), dall’altro pure apre sottili spiragli su orizzonti in cui la scrittura potrebbe non più essere unicamente «altro da sé» ma, attraverso l’osservazione del mondo, pure delineazione di un «io» meno sfuggente.