Mondoanimale: uno studio ha documentato la nostra predisposizione evolutiva alla paura dei serpenti
Tra i primati, esseri umani inclusi, la paura dei serpenti è una reazione quasi universale che deriva da una capacità innata di riconoscerli rapidamente, spesso senza aver avuto alcuna esperienza diretta. Questo potrebbe essere empiricamente spiegato per il fatto che, da milioni di anni, i serpenti rappresentano un pericolo concreto per i mammiferi, scimmie ed uomo compresi. Una pressione evolutiva che, secondo la scienza, ha portato ad affinare sempre più il nostro sistema visivo, rendendoci particolarmente sensibili e reattivi a determinati segnali visivi associati ai rettili velenosi e, quindi, pericolosi.
Anche scimmie e neonati umani che non hanno mai visto un serpente, reagiscono infatti in modo istintivo alle immagini di questi animali; ciò suggerisce che la paura dei serpenti non origini solo dall’esperienza diretta o dal contesto culturale (che pur gioca un ruolo), ma è qualcosa di ben codificato nel nostro cervello come un vero e proprio meccanismo di sopravvivenza. Una realtà con la quale concorda l’esperto di serpenti Grégoire Meier da noi interpellato, che per prima cosa condivide il concetto secondo cui: «Nel nostro cervello si è sviluppata una reazione istintiva verso certi animali potenzialmente pericolosi: il loro movimento silenzioso e imprevedibile potrebbe averli fatti percepire come un campanello d’allarme per la nostra sopravvivenza». Riconoscendo la predisposizione genetica alla paura dei serpenti, afferma: «La paura dei serpenti ha origini sia culturali che biologiche. Culturalmente, nelle tradizioni occidentali (soprattutto in quella cristiana) esso è simbolo del male, mentre in epoche più antiche era considerato sacro, legato a rinascita e fertilità. Ma con l’avvento delle religioni monoteiste, questa visione positiva è stata in parte cancellata».
Oggi, un nuovo studio condotto da Nobuyuki Kawai dell’Università di Nagoya, in Giappone (pubblicato su Scientific Reports), ha individuato una risposta inaspettata a questo quesito: il segreto sta non tanto nella forma allungata o nell’assenza di zampe che obbligano i serpenti a muoversi strisciando, bensì nelle loro squame, un tratto visivo che pare essere profondamente radicato nella storia evolutiva di noi primati. Per studiare il ruolo delle squame nel riconoscimento dei serpenti, Kawai ha mostrato a dei macachi immagini di serpenti e salamandre, addestrandoli a individuare tra nove immagini quella «diversa». I serpenti venivano riconosciuti molto più velocemente rispetto alle salamandre, indicando una reazione specifica. Poi, lo studioso ha modificato le immagini delle salamandre aggiungendo un dettaglio decisivo: un rivestimento di squame simili a quelle dei serpenti. Quando le scimmie hanno visto le immagini di salamandre ricoperte da squame, hanno reagito con la stessa rapidità (o persino più velocemente) rispetto alle immagini dei veri serpenti. Kawai ha spiegato questa reazione premettendo che le scimmie non reagivano più velocemente alle salamandre: «Nonostante la loro forma simile a quella dei serpenti, le salamandre non incutono la reazione di paura finché non vengono aggiunte le squame». Secondo il ricercatore: «Ciò indica che il nostro sistema visivo si è evoluto per identificare con precisione i tratti distintivi dei serpenti, come le squame, per proteggersi da una possibile minaccia». Un adattamento che potrebbe aver giocato un ruolo cruciale nella nostra sopravvivenza e nella successiva evoluzione del nostro cervello.
E gli studi di Kawai non si fermano qui: «Ora vogliamo comprendere come i primati elaborano queste informazioni perché ciò potrebbe offrire nuovi indizi sull’evoluzione del sistema visivo e di alcune funzioni cerebrali». Al nostro esperto Grégoire Meier abbiamo chiesto come gestire questa reazione di paura e, per prima cosa, egli evidenzia la differenza tra fobia e paura: «Molte persone parlano di “fobia” quando in realtà provano solo un timore, magari irrazionale, ma non clinico». Quindi: «Oltre alla desensibilizzazione, fondamentale per chi soffre di vere fobie, un passo cruciale per superare la paura dei serpenti è conoscerli meglio». Paura, per affrontare la quale «bisogna innanzitutto fare uno sforzo consapevole: smettere di vedere il serpente come simbolo del male o creatura pericolosa, e iniziare a considerarlo per quello che è, un animale diverso da quelli a cui siamo abituati, ma non sempre per forza minaccioso». Egli chiede di considerare il fatto che il serpente non comunica come i mammiferi: «Non ha espressioni facciali, non vive in gruppo, non interagisce con l’uomo nello stesso modo. Ciò lo rende difficile da “leggere” e quindi più inquietante». Ma proprio questa diversità può renderlo affascinante: «Conoscendolo meglio e osservandolo senza pregiudizi, ci si accorge che non è il mostro che si immaginava. La paura può rimanere, ma cambia forma: diventa rispetto, curiosità, comprensione. E da lì può iniziare a sciogliersi davvero».
Considerazioni e suggestioni per affrontare la nostra atavica paura dei serpenti, da tenere presenti insieme allo studio di Nobuyuki Kawai che non solo ci racconta un passato in cui essi rappresentavano un pericolo costante per noi primati, ma ci permette anche di esplorare come il nostro cervello si è evoluto e adattato per affrontare le sfide della vita in natura: che si tratti di una piccola scimmia in una foresta tropicale o di un essere umano moderno che va ogni giorno in ufficio, il riconoscimento dei serpenti rimane un esempio straordinario di come l’evoluzione abbia plasmato il modo in cui percepiamo il mondo in cui viviamo.
 
			         
			         
			        