Romanzi: Garner costruisce in "Piccoli preludi" un tessuto narrativo di crepe e improvvisi lampi
Piccoli preludi della scrittrice australiana Helen Garner è un romanzo quanto meno inconsueto e lo è per diverse ragioni, prima di tutto per la scrittura: da una parte troviamo la meraviglia di alcune immagini, e dall’altra un approccio sperimentale alla letteratura.
La storia narra di una famiglia composta da Dexter e Athena, entrambi da poco quarantenni, età in cui «non puoi più fare del male a nessuno, e nessuno può più farti del male» come sostiene a un certo punto il padre di Dexter, sebbene l’intero romanzo servirà a confutare questa affermazione. La coppia ha due figli: Arthur e Billy, quest’ultimo affetto da un grave ritardo mentale. Nella loro casa sempre in disordine e con il bagno in giardino, con le mura piene di crepe, zeppa di elettrodomestici vecchi che andrebbero rimpiazzati, vige una certa armonia, parola chiave della storia. Piccoli preludi, infatti, riprende il titolo dell’opera di Bach che Athena cerca di suonare al pianoforte tutti i giorni, pur consapevole dei propri limiti. Dexter, al contrario, grande conoscitore di musica classica e di opera, canta sempre e lo fa benissimo, mentre Billy lancia urla acute e protratte, inconsapevole di quello che gli accade intorno.
L’armonia di questa famiglia come tante, che cercano di arrangiarsi e di riassestarsi dopo le piccole e grandi crisi quotidiane, viene messa a repentaglio dalla ricomparsa, nella vita di Dexter, di Elizabeth, amica del college, e di sua sorella minore Vicki. Il problema, però, non sarà che fra i due ex compagni di università rinasca un sentimento o un’attrazione sessuale, no: è nella vita di Athena che la presenza di queste due donne innesca un desiderio di cambiamento.
Non è tuttavia un romanzo come ce ne sono tanti, che parla di sentimenti, di frustrazioni, di madri che a un certo punto vogliono fare di più che lavare e stendere i panni mentre gli altri sono a scuola o al lavoro. Piccoli preludi è tutt’altro e la sua eccentricità è dovuta interamente alla capacità di scrittura di Helen Garner: «Vicki aveva le dita talmente fredde che sembravano biglie in fila dentro le scarpe» oppure «sentì una chitarra suonare qualcosa, con la stessa naturalezza dell’acqua quando tracima dal bordo di una bacinella». Originalità delle immagini, ma anche il costante tentativo da parte della scrittrice di spiazzare chi legge, attraverso delle direzioni impreviste della storia che raccontano di come le cose avrebbero potuto andare o di come i protagonisti avrebbero voluto che andassero, anche se talvolta i loro desideri sono terrificanti. Il punto di vista della narrazione, poi, cambia costantemente via via che in scena entrano nuovi personaggi, dando vita così a una partitura in cui, in effetti, suonano insieme diverse voci e strumenti.
La sperimentazione stilistica di Garner, però, non impedisce a chi legge di seguire lo svolgersi della storia e di identificarsi con le visioni del mondo dei protagonisti: «Le grandi passioni sono ridicole, ma quanto è catartico averle provate».
 
			         
			         
			        