Fotografia: a Ligornetto, Casa Pessina festeggia il decennale con una mostra che unisce memoria storica e nuove sperimentazioni
Quest’anno si festeggiano i dieci anni di uno spazio espositivo per molti versi unico nel Canton Ticino, Casa Pessina di Ligornetto, oggi quartiere di Mendrisio. Donazione dello scultore operante a cavallo del secolo scorso e la prima metà del Novecento Apollonio Pessina (1879-1958), l’edificio è stato ristrutturato nel 2003 aggiungendo un’ala in cemento armato. A poca distanza dal più grande museo nazionale di Vincenzo Vela, Casa Pessina si è programmaticamente votata, dal 2015, a un’arte più giovane, la fotografia, riservando la sala moderna a esposizioni personali di operatori presenti sul territorio – e producendo sempre un piccolo opuscolo monografico.
Sottolineerei che il terreno era fertile: il Mendrisiotto ha una grande tradizione e ha sempre guardato con attenzione alla disciplina con la storica galleria ConsArc di Chiasso (1989), la Biennale dell’Immagine (1992), la Fondazione Rolla (2010) e prima ancora Borgovico 33 (2002-2008). Inserita nel mese della fotografia svizzera, l’esposizione attuale prende in questa occasione tutto lo spazio delle sale, dialogando anche con la scultura di Pessina.
Gli autori sono numerosi, ben ventuno: come giustamente riassunto nel comunicato stampa è «una mappa eterogenea e vitale» del panorama attuale, che ci costringe a fornire solo un breve cenno su ognuno dei partecipanti.
Partiamo, senza un ordine definito, dalla presenza della memoria storica e visiva del territorio degli ultimi decenni, ovvero Giovanni Luisoni (1944), colui che ha preso il testimone da Gino Pedroli (1898-1986), cronachista di un Mendrisiotto ormai lontano. Si passa a figure più affermate e storiche della fotografia ticinese – ovvero con più esposizioni personali e collettive in Svizzera e all’estero. Si incontrano nelle sale Reto Albertalli (1979), noto fotoreporter di impronta umanitaria, e Gian Paolo Minelli (1968), chiassese ma argentino d’adozione, laddove sviluppa molti dei suoi progetti, e anche Piritta Martikainen (1978), finlandese d’origine e ticinese d’adozione, che da parte sua propone scorci di un mondo magico e incantato.
Provenienti da videoarte e sperimentazione sono presenti due lavori fotografici di Aline D’Auria (1982) e Roberto Mucchiut (1960), ai quali si aggiunge, anch’egli abitualmente videoartista, Tommaso Donati (1988), qui con un frammento di un suo progetto, assai intimo e lirico, dal titolo Teresa. Usano il mezzo fotografico per progetti dal sapore concettuale Anna Meschiari (1987) e Cosimo Filippini (1979) mentre appaiono più legati alla sperimentazione e alle forme che nascono autonomamente rispetto alla realtà esterna Daniela Droz (1982), e, per quanto riguarda il progetto esposto recentemente a Ligornetto, Tonatiuh Ambrosetti (1980). Ritroviamo nelle sale anche operatori a largo raggio che rispondono alle esigenze del territorio come Stefano Spinelli (1963) e Simone Mengani (1978), ma che al tempo stesso portano avanti progetti personali. Ritrattisti di musicisti jazz come Stefano Galli (1966) e indagini sociali come quella sui figli degli emigranti ticinesi negli Stati Uniti da parte di Flavia Leuenberger (1985), o coloro che usano la macchina fotografica come intima memoria, del proprio percorso al contempo personale e professionale, come Andrea Basileo (1990) e Nelly Rodriguez (1981) con risultati lievemente enigmatici.
Non mancano infine quei fotografi più legati a tematiche del paesaggio, di stampo cosiddetto topografico: il locarnese Giuseppe Chietera (1966) e il comasco Fabio Tasca (1965) che espongono regolarmente in coppia, ai quali aggiungerei Simon Brazzola (1977), il quale raggiunge risultati che trascendono la stessa identità del territorio. Concludo con l’accenno a due delicatissime polaroid di Alek Lindus (1965-2015), artista scomparsa prematuramente.
Come abbiamo già sottolineato in queste pagine, la programmazione di Casa Pessina è stata condotta, per tutto quest’ultimo decennio, con misura, serietà e continuità. Altra nota di plauso, il fatto che alcune opere siano entrate ed entreranno nella collezione del Museo d’Arte di Mendrisio, dando sostegno e ulteriore motivazione ai partecipanti.
Si è stati capaci, in questo caso, di ascoltare le esigenze della comunità artistica, desiderosa di spazi d’espressione, ricordando che – per quanto riguarda questo mezzo, la fotografia – non mancano certo gli interpreti, o gli aspiranti tali.