Usa: si torna ai fondamentali

by Claudia
11 Novembre 2024

L’elezione si è giocata su inflazione, economia e immigrazione

All’apice dell’invasione di migranti clandestini in America, che si verificò alla fine del 2023, in un solo mese attraversarono la frontiera in 250’000. Alla vigilia dell’elezione del 5 novembre, il numero di attraversamenti era precipitato a un quinto: 50’000 in un mese. Tra quei due dati si è consumata la sconfitta dell’Amministrazione Biden-Harris e del partito democratico, su un tema fondamentale per gli elettori. Il primo numero ha creato un senso di caos, di insicurezza e di ingiustizia: la maggioranza degli immigrati, legali, non vogliono un’invasione di clandestini. Chi è in lista d’attesa da anni per un alloggio popolare, inorridisce perché a New York l’ultimo degli arrivati si vede accolto in una camera d’albergo a spese del Comune. Il secondo numero, gli ingressi crollati a un quinto, ha confermato che l’immigrazione si può frenare: dando ragione a Donald Trump.

La prima fase della politica migratoria Biden-Harris fu segnata dall’egemonia della sinistra radicale, le posizioni «no border» di Alexandria Ocasio Cortez. Kamala Harris a suo tempo aveva aderito all’idea di depenalizzare il reato d’immigrazione clandestina; non aveva preso le distanze dalla proposta di un referendum per abolire la polizia di frontiera. Nelle prime settimane dell’insediamento Biden-Harris, a fine gennaio 2021, tutte le misure di Trump sull’immigrazione furono rovesciate. Biden firmò una raffica di 28 ordini esecutivi (decreti presidenziali): stop alla costruzione del muro lungo il confine; stop ai rimpatri; stop all’obbligo di fermare i richiedenti asilo in Messico. Mandò al Congresso una proposta di legge per una sanatoria generalizzata che avrebbe legalizzato 11 milioni di clandestini. Sono tutte misure che Harris avrebbe implicitamente rinnegato nel 2024, in campagna elettorale. Troppo tardi. I suoi ripensamenti possono essere stati sinceri, su questo e su altri temi. Ma visto che lei ha finito per allinearsi a molte posizioni di Trump, la maggioranza degli elettori ha preferito «l’originale». E di questa maggioranza hanno fatto parte tante donne, black, immigrati naturalizzati, giovani. A New York, dove abito, c’è chi si è dato malato nel day after, per curarsi a casa i postumi dello shock. Roccaforte democratica, la città che non dorme mai è sgomenta. Però le cattive sorprese non sono venute solo dall’«altra America». Trump ha avuto un successo inaspettato anche qui. La nuova geografia elettorale rivela questo: Manhattan, più bianca e più ricca, rimane saldamente a sinistra; ma è accerchiata dai borough (quartieri) più multietnici e operai come Bronx e Queens dove l’avanzata repubblicana è consistente.

L’America è meno divisa di come siamo soliti descriverla, questa è una delle lezioni del 5 novembre 2024. È meno spaccata su basi razziali o secondo criteri sessuali. È meno polarizzata tra comunità di recente immigrazione e «ceppo bianco». È meno lacerata tra generazioni. È perfino un po’ meno divisa tra Stati «rossi» (repubblicani) e Stati «blu» (democratici) perché alcune tendenze del voto li hanno accomunati. Torna attuale invece un’identificazione sociale, di classe, sintetizzata da un vecchio marxista come il senatore Bernie Sanders del Vermont (già candidato «socialista» alla nomination) il quale ha denunciato: «Il partito democratico ha smesso di rappresentare i lavoratori». Questo tradimento della sinistra è una storia che viene da lontano, e ha una spiegazione culturale: i ceti laureati hanno abbracciato ideologie che li separano dalle classi operaie, e quando queste ideologie subiscono reazioni di rigetto, i ceti privilegiati se la prendono con «i bifolchi».

Vengo ai dati che ci consegnano un quadro dell’America meno divisa di prima, o meno spaccata di quanto ce la rappresentavamo. Il discrimine tra i sessi non è stato così pronunciato come prevedevano i democratici (l’aborto non ha avuto il peso che si credeva): per Kamala Harris hanno votato meno donne di quante avessero votato per Biden nel 2020. Tra le donne bianche, Trump ha avuto addirittura la maggioranza. Tra le minoranze etniche il voto per Trump è salito fino a sfiorare un terzo, con punte del 45% tra i latinos. Gli «elettori per la prima volta», in prevalenza giovani, avevano scelto Biden nel 2020 e si sono spostati a favore di Trump nel 2024. Anche se la sera di martedì 5 novembre tutta l’attenzione era sui cosiddetti «swing-States» o Stati in bilico, non è in questi che si sono verificati gli spostamenti maggiori. Il voto a favore dei repubblicani ha segnato guadagni molto più consistenti in Stati a solida maggioranza democratica (California, New York) e a solida maggioranza repubblicana (Texas, Florida) sicché il divario tra le «due Americhe» si è ridotto, non allargato.

È stata un’elezione «decisa dai fondamentali», più ancora che dalla qualità di questo o quella candidata. Cosa s’intende per «fondamentali»? I grandi temi della situazione nazionale che orientano il voto. Al primo posto tra le preoccupazioni dichiarate dagli elettori all’uscita dai seggi: «La mia situazione e quella della mia famiglia oggi è peggiorata rispetto a 4 anni fa». Questa affermazione ha stravinto negli exit poll con il 45%, un livello superiore perfino a quello della grande crisi finanziaria e sociale del 2008. In un’atmosfera di questo genere, vincere per la candidata dell’Amministrazione in carica forse era impossibile (anche se mantengo le mie riserve sulla qualità di Kamala Harris e sui difetti della sua designazione).

Questi dati confermano il tramonto della «politica identitaria»: la sbornia ideologica che negli ultimi anni ha imposto di interpretare tutto secondo i criteri della razza e del sesso. Black, latinos, donne e giovani che hanno votato Trump si sono ribellati anche a quella dittatura ideologica che voleva schiacciarli in una rappresentazione unidimensionale, obbligandoli a votare in base al sesso, al colore della pelle, all’età. Il divario razziale nel comportamento di voto in questo Election Day 2024 è il più basso nella storia Usa dagli anni Cinquanta. Un’elezione che è «tornata ai fondamentali», si è giocata su inflazione, economia, immigrazione: e su questi temi l’identità razziale o sessuale non è affatto decisiva. Ma forse questo era vero da tempo, solo l’ideologia ha impedito di vederlo. Nel 2008 Obama vinse perché la grande crisi finanziaria creò un poderoso vento contrario ai repubblicani; non vinse perché era black; ma neppure la sua vittoria fu impedita dal colore della sua pelle. Trump può sovrastimare il mandato che gli elettori gli hanno dato, come se avesse carta bianca. Mentre scrivo (giovedì scorso, poco prima della stampa del giornale), ancora non ha la certezza di una maggioranza alla Camera. E alle prossime elezioni legislative di mid-term passeranno solo 22 mesi.