Se solo gli elettori conservatori lo sapessero

by Claudia
1 Gennaio 2024

Il Congresso americano ha chiuso i lavori del 2023 senza aver approvato il pacchetto da 105 miliardi che comprende gli aiuti militari all’Ucraina, a Israele e a Taiwan: l’ostruzionismo del Partito repubblicano ha avuto la meglio, e il voto ci sarà all’inizio di gennaio, si spera prima che inizi la grande girandola delle primarie in vista delle presidenziali perché il sostegno a Kiev non è più una questione valoriale e liberale e bipartisan. I repubblicani – è sbagliato parlare soltanto dell’ala trumpiana – hanno deciso che avrebbero dato il loro voto per la difesa dell’Ucraina soltanto se si fosse trovato un compromesso sulla sicurezza del confine sud dell’America, cioè sull’immigrazione e la retorica più anti ucraina ha fatto presto ad attecchire presso un elettorato che di certo conosce meglio i propri confini, e li vuole proteggere, rispetto a quelli remoti dell’Ucraina. Il negoziato non è andato a buon fine, come era facile prevedere, non soltanto perché il dialogo tra repubblicani e democratici è pressoché nullo ma anche perché il tema dell’immigrazione e del suo contenimento è tra i meno risolvibili degli ultimi decenni: era un baratto squilibrato, e a pagarne le conseguenze è l’Ucraina.

C’è un elemento che potrebbe cambiare la percezione che gli elettori conservatori hanno nei confronti della guerra della Russia contro l’Ucraina, ma i loro rappresentanti al Congresso si guardano bene dal dirglielo. Dei 68 miliardi di dollari in armi e assistenza militare a Kiev che chiede l’Amministrazione Biden, il 90 % resterà negli Stati Uniti per pagare i contratti di produzione delle armi e gli stipendi dei lavoratori delle fabbriche in cui vengono prodotte. I fondi per l’Ucraina non sono l’assegno in bianco contro cui si rivolta il Partito repubblicano accusando i Biden di voler aiutare Kiev per coprire le loro malefatte nel Paese; non sono nemmeno fondi che non ci sono come sostengono quelli che considerano l’America una potenza in declino; sono semmai un motore economico per l’America e per i lavoratori americani: soprattutto per gli Stati a guida repubblicana.

L’American Enterprise Institute, centro studi conservatore, ha pubblicato uno studio sui sistemi militari Usa destinati all’Ucraina che hanno ottenuto i fondi approvati dall’invasione russa in Ucraina. Questi dati sono stati incrociati con i voti sui fondi all’Ucraina dei deputati e senatori delle zone interessate dagli investimenti, così da smascherarne la riluttanza ideologica, che è la vera ragione dell’ostruzionismo al Congresso contro la cosiddetta «guerra di Biden». Anche assecondando l’istinto «America first» che guida gran parte del Partito repubblicano, la difesa dell’Ucraina è conveniente, scrivono gli esperti, in quanto «sta decimando la minaccia militare russa nei confronti della Nato, sta restaurando una strategia di deterrenza nei confronti della Cina, sta dissuadendo altre potenze dal lanciare guerre d’aggressione e sta migliorando la preparazione militare americana per eventuali altri avversari». La difesa dell’Occidente, obiettivo molto caro alla destra americana, non c’entra, c’entra il beneficio per gli americani e la tutela dell’interesse nazionale. Se produrre Stinger, come non accadeva dal 2005, o rifare le riserve di munizioni producendo sei volte quel che si è prodotto negli ultimi 15 anni non convince i repubblicani che – ennesima contraddizione – denunciano il disarmo dell’industria bellica americana voluta dai democratici pacifisti, le ragioni economiche sono senza appello: gli aiuti militari all’Ucraina rivitalizzano le zone manifatturiere di gran parte dell’America, creano posti di lavoro con salari dignitosi e aumentano la capacità di difesa statunitense. I repubblicani dovrebbero intestarsi questi investimenti, soprattutto negli Stati che governano, invece screditano Zelensky, dicono che la corruzione endemica dell’Ucraina non può essere riformata e i fondi andranno perduti, puntano su un negoziato che nemmeno Putin vuole. Non fanno che parlare di stanchezza degli alleati di Kiev e dello stallo militare sul campo ucraino, senza considerare che più che la controffensiva delle forze ucraine, a essere fallita è l’offensiva russa che ha conquistato pochi chilometri di terreno con un costo umano molto elevato. Per non parlare del fatto che Mosca deve nascondere le navi della propria gloriosa flotta del Mar Nero di stanza nella penisola occupata, diventate un obiettivo facile dei raid missilistici ucraini.