Per concludere le collaborazioni di quest’anno la redazione mi chiede di scrivere qualcosa su un tema natalizio. Cosa c’è di più natalizio della povertà? Anche tenendo conto delle circostanze eccezionali in cui arrivò Gesù: nascere in una stalla non è certo segno di benestare. Così, nonostante la commercializzazione che se ne è fatta nella società dei consumi, il Natale resta più la festa dei poveri che quella dei ricchi. La povertà, quindi, può essere considerata come un tema natalizio quasi per definizione. Ma che cosa è la povertà? E soprattutto come può essere misurata? Si tratta di questioni non semplici ed è forse per questo che, in Svizzera, le statistiche sulla povertà sono relativamente giovani. Le stesse definiscono la povertà in maniera quantitativa come la situazione in cui un’economia domestica (una famiglia) non dispone di un potere di acquisto sufficiente. Ovvero con il suo reddito questa famiglia non riesce a far fronte alle spese che dovrebbe poter sopportare per mantenere lo standard di vita minimo di oggi.
Il lettore potrebbe essere sorpreso di apprendere quali sono queste spese. In effetti accanto a necessità fisiologiche come la spesa per riscaldare adeguatamente il proprio domicilio, o quella per permettersi un pasto (a base di carne o equivalente vegetariano) almeno ogni due giorni, vi sono spese come comprare un’automobile oppure finanziare una settimana di vacanza, che la maggioranza di noi potrebbe considerare come superflue. La povertà viene quindi definita, da questo punto di vista, come privazione materiale imposta da più restrizioni (nell’inchiesta sulla povertà se ne considerano nove in totale). La statistica svizzera utilizza però anche un altro approccio alla misura quantitativa della povertà. Si tratta del cosiddetto tasso di rischio di povertà che considera come povere le economie domestiche il cui reddito disponibile è inferiore al 60% (o al 50%) del reddito disponibile equivalente mediano nazionale (che era di circa 50’000 franchi nel 2020). Povera in questo senso è la famiglia che ha un reddito disponibile (potere di acquisto) molto basso, indipendentemente dalle privazioni economiche che deve sopportare.
Il concetto di povertà delle due definizioni non è uguale. Nella prima, la povertà viene definita in funzione del modo in cui l’economia domestica povera valuta le restrizioni economiche che deve sopportare. Nel caso della seconda definizione, invece, la povertà è misurata in modo più oggettivo. Povera viene considerata la famiglia che non raggiunge un certo limite di reddito, definito in base al reddito mediano nazionale. I ricercatori nell’ambito del sociale sanno che le famiglie povere sono le ultime a riconoscersi come tali. È quindi possibile che le due definizioni di povertà portino a risultati diversi. C’è da attendersi che la percentuale di economie domestiche povere, calcolata in base alle restrizioni economiche che una famiglia deve sopportare, sia inferiore al tasso di rischio di povertà che si fonda invece sulla differenza con il reddito mediano nazionale. Così, per esempio, in Ticino nel 2020 il 10,8% delle economie domestiche dichiarava di dover sopportare restrizioni economiche, ossia di non essere in grado di far fronte alle spese imposte da uno standard di vita minimo. Nello stesso anno invece, sempre in Ticino, il 24,4% delle economie domestiche, ossia una percentuale oltre due volte superiore, era esposta al rischio di povertà, definito come una situazione nella quale il reddito disponibile era inferiore più del 60% del reddito mediano nazionale.
Dunque i poveri ci sono anche se non si vedono, come afferma lo slogan del Soccorso d’inverno Ticino, e anche se molti di loro si rifiutano di considerarsi tali. Le inchieste sulla povertà sono troppo giovani (i primi risultati sono del 2009) per consentire di delineare tutti gli aspetti del fenomeno e, in particolare, la tendenza evolutiva della povertà nel tempo. Si possono comunque sottolineare due caratteristiche. Dapprima che le percentuali di povertà del Ticino sono sempre largamente superiori a quelle medie nazionali. La quota di economie domestiche povere in Ticino è, a seconda della definizione, da 1,5 a 2,5 volte superiore alla media nazionale. La seconda caratteristica è rappresentata dalla correlazione positiva che corre, nel tempo, tra la percentuale di economie domestiche povere e il grado di ineguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile. In Ticino per gli ultimi dieci anni si può affermare che il grado di povertà e l’ineguaglianza nella distribuzione del reddito sono evoluti in modo parallelo.