Tutti senz’auto propria fra pochi anni?

by Claudia
13 Novembre 2023

1986, prima liceo. Il professore di francese, un tizio dal pensiero laterale molto sviluppato, impartisce alla mia classe una lezione di futuro. «Imparate a scrivere a macchina» sentenzia, «perché nel giro di pochi anni nessuno lo farà più a mano». Si riferiva alle macchine per scrivere meccaniche e non ai PC – che già esistevano ma erano roba difficile da usare e ingombrante – né agli smartphone o ai tablet, ancora di là da venire. Esagerato, pensammo in tanti, abituati ai quaderni a quadretti e alle penne biro, oltre che per nulla propensi a sprecare risorse finanziarie per acquistare un oggetto da ufficio aziendale, non da tinello di casa.

Nel giro di un paio di decenni la sua previsione viene ampiamente superata dai fatti. Il futuro arriva proprio così, molto prima di quando e come lo immaginiamo. Abbiamo iniziato a spedire cartoline dalle vacanze e lettere d’amore in busta profumata e oggi dettiamo messaggi vocali e filmiamo video selfie senza che una lettera dell’alfabeto venga scritta a mano o un segno grafico – che non sia una faccina preconfezionata (un emoji) – venga tracciato su un foglio di carta.

Così, quando leggiamo (nell’articolo di Alberto Cucchi a pag. 7) che, tempo qualche anno, e nessuno di noi avrà un’automobile propria, ma esisteranno solo mezzi di locomozione condivisi che si guideranno da soli, ci tocca sopprimere l’istinto primordiale che spinge a pensare, di nuovo: ma sarà vero? Il rischio è di venire smentiti dai fatti ancora una volta. Certo, di argomenti a favore di questa prospettiva ce ne sono a bizzeffe: «Abbiamo un numero elevato di auto private utilizzate molto poco», spiega un esperto al nostro collaboratore. «In un mondo che deve divenire sempre più sostenibile questo è l’aspetto più difficile da accettare. Quindi in futuro avremo un numero minore di veicoli, ciascuno dei quali avrà un contenuto tecnologico molto più elevato e saranno usati sostanzialmente in condivisione».

La previsione appare quindi corretta, ideale e lapalissiana. Se non fosse che il futuro non si afferma quasi mai per rigore logico, razionalità scientifica e premura etica. Da molti anni, per esempio, si predica l’ineluttabile estinzione dei libri e dei prodotti editoriali di carta. A sentire i futurologi di dieci/quindici anni fa, oggi dovrebbero essere oggetti museali, da visitare in comitiva con le scolaresche per spiegare che «sì, bambini, sembra incredibile, ma fino a poco tempo fa, la gente leggeva su quei così lì, polverosi e pesanti». Invece, e per fortuna, il mercato cartaceo resiste alle più tetre previsioni di morte. Sarà anche più scomodo e costoso della lettura su supporti virtuali, ma maneggiare un libro (o sfogliare un giornale come quello che avete tra le mani) soddisfa un bisogno che sembra iscritto nella nostra natura primaria di animali umani: siamo fatti di carne e ci piace la matericità delle cose.

Perciò non sono così sicuro che domani saremo disposti a barattare la vecchia e imperfetta vettura di nostra proprietà con uno straordinario e modernissimo mezzo di locomozione «condiviso». Anche perché questa realtà, in forma certo assai migliorabile, già esiste e si chiama «trasporto pubblico».

Idealmente le cose dovrebbero andare come sostiene l’esperto di mobilità. Ma quanti di noi saranno disposti a «condividere» un bene come l’auto, intrinsecamente legato alla nostra idea di libertà ed espressione di sé, così come i vestiti, le case e tutti gli oggetti personali e personalizzabili che esistono? Spero di sbagliare, ma siamo una specie troppo egoista perché questa e molte altre profezie ecosostenibili si autoavverino.