Non sono un gran recensore di libri. Volendo comunque riferire le impressioni ricavate, ho pensato di «usare» due termini già enunciati nel titolo: geopoetica e geopolitica. Il primo l’ho letteralmente appreso, nel senso che non lo conoscevo, dal web (www.studenti.it), leggendo una breve scheda del libro. «Geopoetica» viene usato per indicare che i libri di Rigoni Stern, in particolare questi della trilogia, sono costruiti con il metodo letteratura geografica dal momento che autore e opera considerano l’uomo «frutto della terra in cui vive» e, di riflesso, negli scritti sono sempre presenti o finiscono per prevalere i riferimenti alle origini e alle radici (ne deduco che tanti scrittori ticinesi, da Giuseppe Zoppi a Giovanni Orelli e Fabio Andina, siano geopoetici). Di fatto anche i tre libri di Rigoni Stern rievocano vicende storiche, da inizio Novecento sino al dopoguerra, e consentono all’autore di valorizzare lo spirito di una regione e di una minoranza per contribuire a mantenere viva la memoria e tramandare le tradizioni delle genti dell’altipiano veneto. Non si fatica però a scoprire che la forza geopoetica della Trilogia dell’Altipiano, oltre a proiettarsi su altre regioni e minoranze alpine, risulta anche un vero balsamo contro la mala-informazione che tutti siamo costretti a decifrare, sviati da un’informazione mediatica basata su immagini stereotipate e descrizioni didascaliche, continuamente e pericolosamente in bilico fra propaganda ideologica e una deviante neutralità.
Il richiamo a una dimensione geopolitica l’ho invece avvertito leggendo, sempre sul sito web consultato, un chiaro accenno al rigore della scrittura di Rigoni Stern: «Nei suoi libri non inserisce mai la parola nemico perché secondo lui le armate avversarie non erano nemiche». Entrando oggi nel suo «trittico» ci si sente mentalmente spinti a rincorrere le tante analogie fra quanto le guerre hanno causato il secolo scorso e i drammi che l’Europa vede purtroppo ritornare. Così, mentre la geopoetica di Rigoni Stern evoca in modo mirabile condizioni e costrizioni di vita, povertà ed emigrazione (prima frontaliera, poi extra-continente) comparabili a quelle di inizio Novecento anche nel nostro Cantone, la sua geopolitica richiama le somiglianze fra la guerra promossa a inizio Novecento dall’imperatore austriaco Francesco Giuseppe contro l’Italia e quella scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina. Inevitabile dunque che leggendo il Trittico (soprattutto le rievocazioni di un’economia di sopravvivenza o i drammi di emigranti, fuggiaschi, profughi e sfollati) si avverta sovente anche la preoccupazione che simili scenari possano oggi arrivare a sconvolgere anche le nostre pacifiche regioni e il nostro egoistico benessere. L’amico che mi ha segnalato il libro è d’accordo; e sgancia un suo missile geopolitico: non dimentichiamo – dice – che a spingere Putin verso assurde guerre, dietro a farneticanti mire imperiali ed etniche, ci sono l’invecchiamento e il graduale impoverimento della popolazione russa.