Un passo verso l’inesplorato

by Claudia
15 Giugno 2020

Reportage - Si cammina anche per esplorare, conoscere e studiare luoghi ancora fuori dalle rotte turistiche tradizionali come può esserlo la Via Egnatia

Camminare è forse la maniera più democratica che l’uomo ha per muoversi nello spazio. Come insegna il professor Keating, magistralmente interpretato da Robin Williams ne L’attimo fuggente (1989), camminare è una delle modalità con cui ognuno di noi afferma sé stesso e la propria identità in un determinato territorio.
In Svizzera, ad esempio, si pratica l’hiking: sono ben 1154 (sentierisvizzeri.ch) i circuiti e i percorsi corti che vanno dai 5 ai 30 chilometri, ben segnalati da cartelli gialli che riportano precise indicazioni spazio-temporali sulla percorrenza: dislivelli importanti e andatura sostenuta.
Ma, impensabile per qualcuno, non tutti decidono di muoversi a piedi per ammirare le bellezze della natura, e soprattutto, non tutti hanno il fisico, la preparazione, o anche solo la voglia di stambeccare fra i monti alla ricerca di una stella alpina.
«Grazie a Dio» esistono i Cammini. Già perché è la fede che ha fatto fare il primo passo ai pellegrini fautori dei principali cammini europei. Il Cammino di Santiago (347’578 pellegrini nel 2019) e la Via Francigena (circa 40mila pellegrini/anno sulla Canterbury-Roma che taglia da nord a sud la Svizzera Romanda), offrono ormai da anni un modo più autonomo di camminare, più abbordabile anche per chi indossa le scarpe da trekking solo una volta l’anno, o addirittura, per chi, come un vero pellegrino, affronta le proprie vesciche a cavallo di sandali alla moda.
Anno dopo anno, questo modo sano e responsabile di viaggiare si è sviluppato esponenzialmente, contando su una moltiplicazione di pubblico e di proposte volute da amministrazioni ed enti turistici locali che hanno iniziato a credere fortemente in questo nuovo modo di viaggiare, che, di fatto, per molti borghi nascosti, lontani dalle grandi direttrici stradali, rappresenta l’unica possibilità di aprirsi al mondo. E oggi come oggi, vien da credere che possa essere davvero una delle svolte più importanti per il turismo del dopo lockdown.
Un report 2019 di Terre di Mezzo (www.percorsiditerre.it), analizza le motivazioni che fanno preferire vesciche e strada a mojito e piscina. Metà dei viaggiatori cammina per trekking (52%) e per vivere la natura (50%), seguono quelli che vogliono scoprire il territorio (46%) e quelli che li percorrono per amore della cultura (40%). Solo un quarto degli intervistati sono veri «pellegrini» (25%). Ma il camminare è anche un’esperienza personale (1,5%), di crescita e meditazione, o, al contrario, un bel modo per conoscere gente (2,5%): del resto, non sono poche le coppie che si formano in cammino.
Camminando s’impara. Lo sapeva Aristotele con le sue lezioni peripatetiche e lo riscoprono nel 2013 in Norvegia teorizzando il walkshop (Wickson F. et al., The Walkshop Approach to Science and Technology Ethics, Springer 2014), traducibile come laboratorio itinerante: allievi e docenti camminanti verificano sul campo, tramite un approccio etico, diretto e immediato, tutte quelle osservazioni che in un’aula rimarrebbero assunti dogmatici.
Il Laboratorio camminato di ecologia della città e del paesaggio dell’Università Iuav di Venezia, cammina dal 2000: Santiago (2000-2006), Francigena (2006-2012), Francigena nel Sud o Via Appia (2012-2014). Lo scopo era quello di osservare il paesaggio che si attraversava a passo d’uomo.
Nel 2015 il gruppo Laboratorio Francigena giunto a Brindisi attraversa l’Adriatico. L’impresa era di pura esplorazione e di riscoperta della Via Egnatia. Costruita nel 146 a.C. su ordine di Gaio Ignazio, proconsole di Macedonia, serviva per movimentare eserciti e merci tra Durazzo e Istanbul, passando da Albania, Repubblica della Macedonia del Nord, Grecia e Turchia.
Nel 2016 si forma l’associazione culturale FuoriVia (fuorivia.org), che continua per tre anni quanto iniziato, conducendo sulla direttrice romana un eterogeneo ed eccentrico gruppo di compagni, spinti dalla curiosità e dalla passione per il cammino. Gestita da un direttivo di ex studenti e appassionati, FuoriVia mantiene il legame con lo Iuav che riconosce crediti formativi agli studenti che si uniscono all’impresa.
«In questi anni abbiamo fatto un lavoro di esplorazione importante», afferma Giulia Motta Zanin, co-fondatrice e presidente di FuoriVia pianificatrice territoriale attualmente ricercatrice al Politecnico di Bari. «Siamo entrati in contatto con numerosi studiosi dell’antica Via Egnatia, con cui abbiamo condiviso dati raccolti e informazioni. Abbiamo attraversato i confini di quattro Stati: confini non facili a causa di ferite diplomatiche non ancora del tutto risanate. Abbiamo visto culture mescolarsi ed evolversi passo dopo passo. Bellezze naturalistiche, ma anche poli industriali, laghi inquinati; coltivazioni di tabacco, cotone, riso, viti, ulivi, girasoli: un grande patchwork che nell’ultimo tratto, era asfalto e cemento: Istanbul, città infinita. Il nostro passaggio ha creato sinergie tra enti locali, che finalmente vedevano il proprio territorio come parte di un unicum: la Via Egnatia. Abbiamo sperimentato la Geografia», conclude la presidente.
L’ultima tappa, terminata ad agosto dell’anno scorso, ha visto una carovana di 43 camminatori: da Enez sull’Evros al confine tra Grecia e Turchia, una decina di giorni e 280 km ad est si è giunti a Santa Sofia, dove una stele indica proprio l’inizio della Via Egnatia. Punti di vista.
Camminare insieme ad altri compagni di viaggio per due settimane, condividendo le stesse difficoltà, è un’esperienza di vita totalizzante. «Viaggiando in gruppo, lentamente, camminando» racconta Giulia Melilli, co-fondatrice e community manager di FuoriVia, prossima alla laurea in Pianificazione Ambientale alla Technische Universität di Berlino, «sei da solo e, al contempo, con gli altri: ognuno col suo passo e la sua strada davanti, con i propri limiti. Spazio e tempo diventano elastici: capisci che il cammino è sia fuori che dentro di te. Tante persone diverse da te, ma che, come te, stanno condividendo la stessa esperienza. Cogli l’attimo, il presente, del luogo in cui ti trovi».
Il Cammino per FuoriVia non presuppone per forza un tracciato inesplorato: è l’approccio con cui lo si affronta. Non occorre essere ricercatori per spingersi oltre il concetto di turismo responsabile.
Qualche tempo fa, «La Repubblica» denunciava discariche abusive tra Bari e Matera lungo il Cammino Materano: ecologia del paesaggio lungo questi nuovi itinerari significa monitorare, denunciare e segnalare, così da creare una coscienza del territorio anche da parte di chi quel territorio lo abita e lo vive ogni giorno.
Camminare allora non è solo un atto democratico, come spiegava ai suoi ragazzi il professor Keating, è anche un atto politico, rivoluzionario. E come Keating affidiamo a Robert Frost e agli ultimi versi de La strada non presa (1916) il compito di indicarci la via: «Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso».