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Donne che scelgono di non avere figli
Incontri: storie di chi ha deciso di sradicare la retorica sull’istinto materno e abbattere un tabù che persiste nella nostra società
Sara Rossi Guidicelli
Alcune persone decidono di non diventare genitori e non ci vuole per forza un motivo. Cioè: di buoni motivi ce ne sarebbero a bizzeffe, ma forse più che altro è chi ha figli che dovrebbe essere consapevole di una scelta così definitiva e importante. «Ci vuole un perché sì, non un perché no», ha detto una ragazza alla quale è stata posta l’indiscreta domanda sulle sue ragioni per non volere figli.
È soprattutto alle donne che si chiede con insistenza. Si dà per scontato che tutte vogliano diventare madri, che sia naturale (il famoso orologio biologico che dovrebbe ticchettare dentro di noi e spronarci alla riproduzione) e soprattutto che sia gratificante. La gioia della vita. E, invece, ce ne sono di donne (e di uomini e di coppie) con la vita piena e soddisfacente ma senza figli. Tutte mi raccontano di quanto la pressione sociale non riesca a staccarsi da un modello unico di famiglia: coppia sposata con figli. Uno è poco, tre sono tanti, due è ideale.
«Io da bambina volevo diventare una grande madre, avere quattro, cinque o sei figli», racconta Sibilla. «Crescendo ho cambiato idea, ma mi pareva che dire di non volere nessun bambino fosse un tabù. Mi pareva di essere meno femminile. Si parla tanto di questo amore potente, incondizionato, impareggiabile, che è l’amore materno. Le madri, la Madonna: abbiamo dei modelli in letteratura, pittura, storia, religione, che inneggiano alla più bella storia d’amore possibile, quella tra una madre e i suoi bambini... Però non era il mio desiderio, era quello degli altri, della società. Poi le amiche hanno cominciato tutte a fare figli. Spesso dicevano che era faticoso, che la vita era diventata un sacrificio. Mi dicevano, quasi compiaciute: “Tu non puoi capire, tu non hai figli...” Mi facevano sentire inadeguata, diversa, minore. Però ho tenuto duro, sono rimasta in contatto con me stessa e con i miei desideri. Ho ascoltato nel mio profondo e non ho sentito arrivare quello di maternità, quindi non ne ho fatti».
Questo è il racconto di una donna che oggi ha 49 anni e a cui abbiamo cambiato il nome; sembra aver aspettato tutta la vita per poter raccontare questa parte della sua storia. Non vuole convincere nessuno che la sua scelta sia migliore, più etica, più ecologista o femminista dell’altra; vorrebbe solo che le persone la considerassero una decisione altrettanto legittima e responsabile quanto quella di procreare.
Ho vari amici artisti che hanno deciso di non fare figli e in quell’ambiente rimanere liberi/e da creature che dipendono da te è più accettato. «Guardavo la mia agenda e non c’era mai spazio. Dovevo andare in tournée quest’anno, e l’anno dopo e quello dopo ancora. E poi sarebbe stata l’ora di creare un nuovo spettacolo», mi racconta Despina, attrice e performer. «I miei figli sono le mie creazioni artistiche, non ho avuto bisogno di altro. Credo che molti facciano bambini perché è una bella avventura e anche per lasciare un segno dietro di sé. Io spero che la mia arte sia il mio lascito; di sicuro è l’avventura più bella che potrei desiderare». Un altro amico, regista cinematografico, mi ha detto: «Non voglio essere genitore di nessuno. Faccio già fatica a badare a me stesso».
Una danzatrice invece mi racconta: «È stato difficilissimo passare dai 40 ai 50 anni senza cogliere l’ultima occasione di diventare madre; volevo congelare gli ovuli, perché pensavo che prima o poi dovevo mettermici, come tutti gli altri. Ho paura – ancora adesso – di essermi persa qualcosa di fondamentale. Temo di pentirmene, di restare sola, di aver mancato la cosa più importante nella vita di una donna. Secondo me, però, io nel mio lavoro raggiungo il massimo delle emozioni che questa Terra può darmi. Ma se ascolto quello che si dice in giro sulle gioie della maternità, mi vengono i brividi. È un segreto a cui non avrò mai accesso». Esattamente come noi, mi viene da dire, non sapremo mai che cosa si prova a volteggiare su un palco, davanti a mille persone, concentrate nel presente come solo lei e le sue colleghe sanno fare.
Sibilla si chiede anche se avere figli sia sempre una gioia più grande del non averne; si domanda se esista veramente quel fantomatico istinto materno o se sia solo una costruzione sociale (perché a certe non viene se è un istinto? E quello paterno esiste? Qualcuno si è dato la briga di studiarlo davvero? E se bastasse l’istinto di procreare, allora a che cosa serve il piacere sessuale? È giusto fare i figli solo per la piramide demografica?); Sibilla domanda, ancora: «Noi ci chiediamo spesso che cosa ci perdiamo a non fare figli, ma il contrario è lecito? Voi vi date il diritto di chiedervi che cosa vi siete perse, nei vostri anni migliori, a livello di lavoro, di sessualità, di tempo libero?».
Questioni difficili, e certamente legittime. Vado dunque dalla psicologa, sessuologa e medico Isabel Londoño Aguilar, per farmi dare alcune risposte da lei. Con mia sorpresa parte da sé stessa: «Lavoro spesso con persone migranti, tengo corsi di salute sessuale agli allievi del pretirocinio. Quando mi presento dico loro che anche io arrivo da un altro Paese e spiego chi sono: una donna divorziata, risposata, di 43 anni, che ha deciso insieme a suo marito di non avere figli. Quando dico così, tutti mi chiedono: “Perché?” E spesso aggiungono: “Ma allora cosa fai? Cosa ne pensa la tua famiglia?” E ancora: “Chi si prenderà cura di te, quando sarai vecchia?” Le donne di solito ascoltano più silenziose. Qualcuna poi viene a dirmi che ha capito delle cose; che non si immaginava che si potesse scegliere un futuro diverso. Si tratta sempre dello stesso discorso: con il nostro corpo, facciamo quello che vogliamo».
Essere donna non significa avere un utero o avere la possibilità di una gravidanza; si può benissimo essere donna senza figli. E bisogna fare attenzione al ritorno del patriarcato in certe società: la nuova élite di autocrati che vorrebbero governare il mondo ha una visione molto tradizionale dei ruoli maschili e femminili.
Isabel mi spiega le sue motivazioni personali: «A me piacciono i bambini, ma a dosi moderate; vivo in Svizzera senza la mia famiglia, non ho una folta rete sociale e famigliare, solo alcune amiche, e so che non basta. La mia vita con mio marito adesso mi piace moltissimo, non vorrei cambiarla. Quando stiamo troppo insieme, io parto in viaggio. Adoro il mio lavoro e ho lottato per svolgerlo in un altro Paese. Non da ultimo: non mi piace il mondo così come è, non mi piacciono i mali che lo affliggono, come la violenza, il cambiamento climatico, le disuguaglianze. Non mi dà voglia di mettere al mondo qualcuno a cui vorrò tanto bene. E nella coppia la pensiamo allo stesso modo, ce lo siamo detti fin da subito».
Mi racconta che purtroppo però per alcune persone, la scelta di non fare figli ha una natura diversa: «Ci sono donne (o coppie) che rinunciano ad allargare la famiglia anche se vorrebbero; non se lo possono permettere finanziariamente; mancano le condizioni sociali, la vita è troppo cara e se entrambi devono lavorare, il carico che arriva con uno o più figli è ingestibile. Per certe donne, in più, c’è il pensiero che la quasi totalità del lavoro ricadrà su di loro. Nel mio Paese, in Colombia, da alcuni anni vengono distribuiti contraccettivi gratuitamente e da allora la natalità è calata in modo chiarissimo. Questo ha un solo significato: prima, non tutti i bambini che nascevano erano desiderati». E ognuno di noi, invece, vorrebbe sapere di essere frutto dell’amore dei suoi genitori e non di uno sbaglio.
Riguardo ai bambini, la dottoressa Londoño aggiunge un importante spunto di riflessione: «Ho avuto pazienti, uomini e donne, che mi parlavano del loro desiderio di genitorialità. Mi dicevano che non volevano adottare bambini, volevano unicamente averli in modo biologico, “per trasmettere loro i propri geni”. È interessante riflettere sulle ragioni che ci muovono alla genitorialità. Quanto conta l’idea che vogliamo lasciare una traccia dietro di noi? Se facciamo figli per continuare la nostra storia individuale è segno che consideriamo i figli come un’estensione di noi stessi/e. Come se i bambini fossero un pezzo del papà e della mamma, invece che persone a sé stanti».
La scelta di dare alla luce un nuovo individuo è invece qualcosa di diverso. Un giorno una signora saggia, molti anni fa, mi aveva detto: «Ma Sara, che cosa sono i figli? I figli sono le piante che cresci, i tuoi nipoti che porti a mangiare il gelato, sono le persone che incontri nella vita e che prendi per mano. Non ti affannare: se non vuoi figli tuoi perché hai altro da fare, non ti preoccupare. L’amore lo puoi mettere ovunque».