Lisa ha vent’anni e durante il regolare screening di Pap test ha scoperto di avere «una leggera alterazione» delle cellule al collo dell’utero. Il Pap test (test di Papanicolaou, dal cognome del medico che lo ha inventato) si effettua a titolo preventivo su donne sane con lo scopo di individuare precocemente tumori del collo dell’utero o alterazioni che, col passare degli anni, potrebbero diventare tali.
«Per ora nulla di preoccupante, ma la situazione deve essere monitorata dal suo ginecologo ogni mese e mezzo». A parlare è la mamma di Lisa che esprime due riflessioni scaturite da questa situazione: sua figlia è stata vaccinata all’età di 13 anni con il primo vaccino (due dosi di Gardasil) introdotto in Svizzera nel 2007 a protezione da quattro ceppi del papilloma virus responsabile delle cosiddette forme precancerose che potrebbero condurre al carcinoma del collo uterino. Ciononostante, la madre osserva che «oggi Lisa presenta queste alterazioni cellulari che la obbligano a controlli periodici e a sostenere la relativa spesa sanitaria per ogni visita medica di controllo». A partire dalle statistiche, la pediatra Patrizia Tessiatore, con un perfezionamento in ginecologia dell’infanzia e dell’adolescenza, chiarisce la genesi di questo vaccino: «Si stima a oggi che in Svizzera il papilloma virus comporti 5mila nuove diagnosi all’anno di lesione precancerosa, di cui 250 evolvono in carcinoma e 80 in decesso. Fortunatamente dal 2007 è stato introdotto nel nostro Paese il primo vaccino contro il papilloma virus che copre da quattro suoi ceppi oncogeni (6, 16, 11 e 18) responsabili di forme precancerose. Da gennaio 2019 ha fatto seguito un secondo vaccino che protegge dai quattro ceppi precedenti più altri 5 (31, 33, 45, 52 e 58)».
Prima di ricordare l’importanza di questi due vaccini bisogna capire di cosa stiamo parlando, comprenderne le differenze, e soprattutto il procedere per chi ha ricevuto il primo vaccino ma si chiede se è possibile completare il ciclo con il secondo. «Il papilloma virus colpisce l’essere umano (senza distinzione di genere) nell’arco della sua vita, a partire dal primo rapporto sessuale». Così esordisce la specialista che spiega come nella maggior parte dei casi l’infezione passi benevolmente, combattuta con successo dal sistema immunitario.
Ma non è sempre così e ciò spiega l’importanza di sottoporsi regolarmente alla prevenzione con l’esame del pap test, per poi dare un senso al vaccino di cui stiamo parlando: «Parecchi studi scientifici sulle donne (cui si aggiungono quelli degli ultimi anni sull’uomo) stimano che oltre il 70% di quelle sessualmente attive viene infettata durante il corso della sua vita. Il 6% di queste sviluppa lesioni cosiddette precancerose, l’1% di queste ultime sviluppa un carcinoma». Come già accennato, a complicare la situazione sono i numerosi tipi di cui è composta la famiglia del papilloma virus: «I ceppi più frequenti sono HPV 16 e HPV 18, considerati responsabili a livello mondiale del 70% di tutti i casi di tumore alla cervice».
Ciò che è pure noto: «Il papilloma virus infetta dopo i primi rapporti sessuali e impiega circa almeno 5-10 anni a sviluppare forme precancerose o tumorali, 20-30 anni per evolvere in tumori. Dal 1960 è stato introdotto in Svizzera lo screening che ha avuto il pregio di abbassare del 60% l’incidenza del cancro al collo dell’utero». Malgrado il decorso dell’infezione spesso benevolo, la dottoressa Tessiatore mette in guardia sul fatto che non basta aver avuto la malattia per risultarne immune: «L’immunità naturale dà anticorpi in minore quantità rispetto a quelli indotti dal vaccino che protegge da 10 a 20 volte di più: già con la prima somministrazione si stima una durata temporale maggiore di 20 anni o a vita (gli studi sono ovviamente ancora in corso)».
A copertura contro il papilloma virus emerge nuovamente l’importanza della prevenzione vaccinale, nello specifico del Gardasil e del Gardasil 9 (questi i nomi del primo e del secondo vaccino): «In Svizzera questa vaccinazione è raccomandata dal 2007 a tutte le ragazze e ai ragazzi, come vaccino di base per la prevenzione dello sviluppo di tumori legati all’HPV come quello al collo uterino». Infatti, sulla base delle odierne conoscenze scientifiche, anche l’Ufficio federale salute pubblica ribadisce oggi l’importanza di estendere la vaccinazione ai ragazzi e ai giovani uomini tra gli 11 e i 26 anni (preferibilmente tra 11 e 14), prima dell’inizio dell’attività sessuale.