La psicologa Chiara Chillà

Prendersi cura della sfera emotiva

La pandemia ha un impatto sulla salute mentale delle persone, a rischio sono anche i bambini e gli adolescenti che vedono la propria quotidianità stravolta. Ne abbiamo parlato con Chiara Chillà, psicologa specializzata nella gestione delle emozioni e in nutrizione
/ 23.11.2020
di Barbara Manzoni

La pandemia influisce sulla psiche delle persone: anche se mancano ancora dati rappresentativi, appare sempre più evidente che l’emergenza coronavirus ha un impatto sulla salute mentale della popolazione. È di due settimane fa la pubblicazione di uno studio commissionato dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e realizzato dalla società B&A e da Büro BASS che ha esaminato gli effetti della pandemia sulla salute mentale della popolazione in generale e dei gruppi a rischio in particolare e ha analizzato il ricorso all’offerta di supporto psicosociale e di assistenza psichiatrica-psicoterapeutica durante la crisi. La questione era già emersa durante la prima ondata e si ripresenta ora. Diversi gli enti che suonano il campanello di allarme, da Pro Juventute a Telefono Amico, mentre gli psichiatri svizzeri chiedono la reintroduzione delle sedute in videoconferenza pagate dalle casse malati.

Abbiamo parlato del tema con la dottoressa Chiara Chillà, psicologa specializzata nella gestione delle emozioni e in nutrizione. Ticinese di origine, Chiara Chillà ha uno studio privato a Losanna, collabora con l’Università di Basilea, si occupa di programmi di gestione delle emozioni per adolescenti nelle scuole del Canton Vaud e lavora presso l’Ospedale Universitario di Ginevra dove coordina gruppi e corsi dedicati alla nutrizione per pazienti che hanno seguito cure psichiatriche.

Dottoressa Chillà, la pandemia e il lockdown hanno agito e agiscono sulla sfera emotiva e psicologica delle persone? In che modo?
Sì, c’è stato un grande effetto della pandemia sulla sfera emotiva delle persone anche se all’inizio è stato sottovalutato. Il direttore generale dell’OMS già in maggio aveva detto che la nuova urgenza sanitaria post covid sarebbe stata la salute mentale. Sempre l’OMS nella sua definizione di benessere sottolinea come quest’ultimo non sia solo una questione di salute fisica ma un costrutto più complesso che coinvolge la dimensione psico-socio-economica dell’individuo. In questa seconda ondata si assiste a una stanchezza generale della popolazione, le persone sono meno reattive, meno motivate, ci sono ribellioni sociali. Dopo la breve illusione estiva la situazione pandemica è tornata ad aggravarsi in modo molto rapido e fatichiamo ad adattarci psicologicamente. È perciò molto importante prendersi cura non solo della nostra salute fisica ma anche di quella mentale. Questo stress arrivato così velocemente ha portato uno scombussolamento emotivo, una forte ansia e a non avere più i punti di riferimento e la quotidianità che eravamo riusciti a riconquistare in estate.
In particolare a livello svizzero quello che abbiamo constatato è che i diversi cantoni non sono stati allineati nelle decisioni e nella comunicazione, il che ha provocato a livello della sfera psicologica ancora più caos. Se non si hanno punti di riferimento chiari le persone possono sviluppare un senso di confusione mentale, paure, insicurezze e comportamenti ossessivi-compulsivi. La Confederazione dovrebbe dare delle linea generali uguali per ogni Cantone, per diminuire questo senso generalizzato di insicurezza e aiutare la popolazione a capire quale sia la direttiva più corretta da seguire per stare in salute e protetti.

Nella sua esperienza professionale quotidiana ha notato questo peggioramento?
Sì, durante la prima ondata all’ospedale è stato molto difficile. Seguivo dei gruppi di parola sulla gestione delle emozioni e sull’alimentazione per pazienti che in seguito alle cure psicologiche hanno gravi problemi di sovrappeso. Purtroppo in questi gruppi ci sono stati casi di suicidio, persone che non riuscivano più a gestire lo stress, alcuni hanno avuto un peggioramento e sono stati ricoverati, altri hanno sviluppato una forte paura sociale, non riuscivano più a uscire di casa anche quando c’è stata la riapertura. Spesso questi pazienti non hanno una rete famigliare forte e questo non aiuta. C’è anche stata una crescita delle domande di aiuto da parte di persone sane ma che hanno cominciato a sviluppare ansie, frustrazione, insicurezza e paura. Spesso erano anche genitori a chiedere consigli su come comportarsi con i propri figli.

Cosa comporta emotivamente per i bambini e per i ragazzi il distanziamento dai coetanei? Come aiutarli?
È fondamentale aiutare i bambini e gli adolescenti a metabolizzare questa interruzione delle normali attività e questa improvvisa separazione dai loro amici e dai loro cari. In una famiglia che sta bene, che non ha casi a rischio e riesce a gestire emotivamente la situazione, dove i genitori sono all’ascolto e non sono troppo altalenanti nell’umore (è ovvio che in questa situazione anche gli adulti possono essere più irritabili) la cosa migliore da fare è innanzitutto far sentire i bambini e gli adolescenti sicuri e protetti. Come? Facendo più chiarezza, spiegando loro bene la situazione, perché c’è il pericolo che in internet o sui social si imbattano in fake news o notizie allarmanti ma senza spiegazioni scientificamente corrette. I genitori devono essere lì, presenti per dare spiegazioni chiare e farli sentire al sicuro. Solo così i ragazzi potranno metabolizzare questa situazione e il distacco fisico e sociale dalle loro attività quotidiane.
Per farli vivere bene è poi importante creare una routine quotidiana in casa, nella quale è consigliabile prevedere anche le videochiamate dove possono vedere le espressioni facciali degli amici o dei nonni con i quali non hanno più contatti. È una cosa che rassicura. In questa nuova quotidianità dovrebbe esserci un momento dedicato al gioco, perché è importante che i ragazzi e i bambini svolgano delle attività che li fanno stare bene.
Ciò di cui i bambini e i ragazzi hanno bisogno è soprattutto di essere ascoltati, di sentirsi al sicuro. Anche se non ci sono certezze su come evolverà la situazione, è fondamentale che i genitori li facciano sentire protetti, che diano un senso di sicurezza, che facciano passare il messaggio che «come famiglia siamo un team». Il genitore deve saper dialogare e saper ascoltare, ma soprattutto deve essere compassionevole, tollerare certi comportamenti e andare incontro alle difficoltà dei propri figli.

Questa è la situazione ideale ma se l’insicurezza in famiglia aumentasse?
Sì, questa ovviamente è la situazione ideale. Se invece in famiglia si sente che le preoccupazioni aumentano, magari dovute a una situazione lavorativa ed economica instabile oppure a uno stato di salute che peggiora, gli adulti potrebbero provare a diminuire la propria ansia per il bene di tutta la famiglia. È fondamentale cercare di migliorare il proprio benessere personale se si vuole in seguito stare in armonia con gli altri membri della famiglia. Bisognerebbe prendere del tempo per se stessi e auto-aiutarsi a rilassarsi (con attività che diano piacere). Poi si possono mettere in atto diverse strategie per vivere meglio questo periodo in famiglia: guardare solo una volta al giorno il telegiornale, fare delle serate gioco nelle quali anche il genitore si diverta, cucinare insieme ai propri figli, fare giochi a distanza con amici o parenti che vivono lontani, avere dei piccoli momenti in cui si ride insieme, magari guardando video umoristici su YouTube. Insomma cercare di smorzare questo sentimento di frustrazione e insicurezza, con il piacere e rallentando il ritmo.

Quali sono i campanelli d’allarme ai quali un genitore deve prestare attenzione?
È molto importante che gli adulti si focalizzino sulla salute mentale affinché anche i giovani non perdano il contatto con la realtà e affinché più tardi, come adulti, non sviluppino delle paure e delle angosce che hanno tenuto dentro adesso e che potrebbero ripresentarsi in futuro e portare allo sviluppo di malattie mentali. I genitori e gli adulti di riferimento devono prestare attenzione a eventuali variazioni dello stato emotivo dei ragazzi, sia a scuola sia a casa. Notare se i figli cominciano a manifestare più rabbia, più tristezza, più apatia, se piangono di più o se somatizzano il loro malessere esprimendolo come mal di pancia, mal di testa, problemi di concentrazione o del sonno. Inoltre è importante monitorare il livello della qualità e della quantità della nutrizione, le quali potrebbero diminuire o aumentare se non si sta bene a livello psicologico. Gli adolescenti sono più vulnerabili, il loro cervello non è ancora del tutto sviluppato e a livello emotivo non gestiscono le situazioni come gli adulti, perciò farli sentire più sicuri e protetti è la migliore strategia che attualmente si può mettere in pratica.

Ansie, frustrazioni, insicurezza e paura: sembra che la pandemia abbia portato nelle nostre vite un fardello emotivo negativo, è veramente così? Non c’è nulla di positivo?
Stare a casa non per tutti è stato negativo, anzi, c’è chi ha approfittato del lockdown, lo ha vissuto come un momento di calma, di rallentamento e di rifocalizzazione su se stessi e sulle cose importanti della propria vita. Cercare di cogliere il meglio nella propria situazione personale è un buon allenamento da fare anche con i più piccoli. Ci sono dei metodi come ad esempio prima di andare a dormire trovare tre piccole cose che nella giornata mi hanno dato gioia: mio fratello mi ha sorriso, oppure la mia amica mi ha fatto ridere durante la videochiamata, ho provato una nuova ricetta e mi è riuscita bene, ho fatto un disegno bellissimo. Se ogni sera si riprogramma il cervello cercando di trovare ogni volta tre attività positive nonostante la situazione difficile che stiamo vivendo, programmiamo il cervello a lungo termine più verso l’ottimismo che non verso il pessimismo.