Parlarsi con la luce, si può

Incontri – Alessandro Pasquali ha fondato la start up Slux che sviluppa sistemi di comunicazione a distanza con le onde luminose
/ 08.06.2020
di Loris Fedele

Vi ricordate l’alfabeto Morse? Un insieme di impulsi che rappresentavano delle lettere: per esempio 3 punti 3 linee 3 punti era l’SOS, il grido d’aiuto. Lo trasmetteva il radiotelegrafista dalle navi usando un telegrafo e un codice, appunto il Morse, che tramite onde radio trasmetteva messaggi a distanza. Proprio in omaggio a chi per primo comunicò a distanza con le onde radio il telegrafista sulle navi, soprattutto in Italia, era chiamato marconista. La comunicazione, se c’era visibilità tra chi trasmetteva e chi riceveva, poteva avvenire anche sotto forma di lampi di luce brevi oppure lunghi seguendo lo stesso codice. Quindi comunicare con la luce si può. Ma il raggio di luce può anche farsi portatore di parole o di suoni da un punto all’altro? È la domanda che si fece il giovane Alessandro Pasquali una quindicina d’anni fa. Tuttavia non si limitò a chiedere ad altri una risposta, ma volle provarci lui a trasmettere in quel modo e ci riuscì.

All’inizio di marzo di quest’anno, prima che l’emergenza pandemia bloccasse quasi tutte le attività, si è tenuta a Comano una conferenza pubblica che portava il titolo «Comunicare con la luce». Relatore il brillante inventore Alessandro Pasquali, quasi trentenne ticinese d’adozione, fondatore nel 2015 della Start-up Slux di Lugano. Laureato in chimica, Pasquali è ormai immerso nello sviluppo del suo geniale progetto con la sua piccola azienda. Nella dicitura Slux c’è la chiave di tutto: lux, la luce, la cosa più importante con la quale la ditta gioca le sue carte e della quale fa una ragione di essere. La S che vi è posta davanti, ironizza Alessandro, potreste pensarla come «Smart», elegante, intelligente, brillante, oppure come «Swiss», la Svizzera che ci ospita, o anche come «Start», l’inizio di un’avventura. «Fate voi», dice con un disarmante e aperto sorriso.

Alessandro è da sempre appassionato e curioso sperimentatore scientifico. La luce è l’elemento che lo ha subito intrigato. A 16 anni riuscì a trasmettere parole e musica con la luce, da una lampadina led a un’altra, su spazi di poche decine di centimetri. Si trattò di una vera telecomunicazione: un messaggio inviato via luce e non con le onde radio, come aveva fatto Guglielmo Marconi un centinaio d’anni prima. Dopo quella sperimentazione casalinga Alessandro aumentò il raggio d’azione, restando dapprima nell’ordine delle decine di metri e poi di 1 km, con una trasmissione da una riva all’altra del Lago di Lugano. Nell’estate 2014 un’altra prova cruciale. Si inaugurava il LongLake Festival e la voce della vicesindaca di Lugano partì da un microfono con un trasmettitore led predisposto da Alessandro sulla vetta del monte Brè per arrivare ben comprensibile al ricevitore posto alla Rivetta Tell sul lungolago. Fu la prima dimostrazione pubblica. L’anno dopo, sul ristorante Vetta del Brè, una piccola installazione artistica di Pasquali avrebbe celebrato l’Anno Internazionale della Luce. Contemporaneamente l’inventore fondò la start-up Slux. Nel luglio 2016 un’altra grande prova: Alessandro a Calais, in Francia, col trasmettitore di luce, suo fratello con il ricevitore a Dover, in Inghilterra, dall’altra parte della Manica, a 33 km di distanza. Alcuni dati e le note dell’inno nazionale svizzero passarono con successo via luce attraverso il Canale. Ci sono aneddoti riguardo a quella impresa, con i poliziotti inglesi insospettiti dalla presenza di due strani ragazzi e dei loro macchinari, che attiravano l’attenzione perché troppo vicini al porto di Dover, presidiato per contenere l’immigrazione clandestina attraverso il Canale della Manica. Alla fine tutto andò bene, grazie anche a quell’arte di arrangiarsi che contraddistingue i latini.

Oggi il prodotto promosso dalla start-up luganese è diventato una realtà che cerca finanziatori. L’Ufficio federale delle Comunicazioni ha riconosciuto la validità della nuova tecnologia di comunicazione via luce e in un rapporto dell’aprile 2017 ha anche segnalato Slux come eccellenza nazionale nel settore. L’azienda sta allargando gli orizzonti a livello internazionale per dare uno sviluppo sia tecnologico sia commerciale alle tecnologie per le quali detiene numerosi brevetti. Le idee sono chiare. Non si sta andando a soppiantare le onde radio. Avendo frequenze diverse e proprietà diverse nelle rispettive onde di trasmissione vi sono lavori che si potranno sempre e soltanto fare con le onde radio e altri che potrebbero più convenientemente sfruttare l’onda luminosa. In qualche caso si potrà sostituire una forma di comunicazione con l’altra.

La luce è un mezzo che si è già affermato nelle trasmissioni con le fibre ottiche, oggi largamente usate, ma «in altre applicazioni che siano senza fili (wireless) ha bisogno di tecniche di trasmissione estremamente ottimizzate e studiate caso per caso» annota Alessandro. Analizzata ogni situazione la Slux propone e fornisce la propria soluzione di connettività luminosa. La volontà è quella di estendere la ricerca applicata per tradurla in applicazioni largamente accessibili: «Viviamo la nostra ricerca come fosse una missione» dice l’inventore. Anche per questo Alessandro rifiutò proposte di finanziamento da parte di ditte della prestigiosa Silicon Valley, in California, perché le vincolavano a una cessione di tutte le conoscenze relative al suo prodotto. «Così quando scadranno i miei brevetti saranno di pubblico dominio e non in mano a un solo speculatore, che può fermare la ricerca». Alessandro avrebbe potuto ottenere un tornaconto immediato, ma senza più la possibilità di proseguire autonomamente nelle ricerche, e questo non lo interessava.

Il sistema progettato dal geniale inventore è applicabile in diversi contesti tra i quali possono esserci servizi alla cittadinanza che coinvolgono le scuole, gli ospedali, l’illuminazione pubblica, gli uffici e le trasmissioni Wi-Fi a onde luminose a lungo raggio. In 10 anni di ricerca si è arrivati a ben 4 livelli di prodotto. La prima ricerca coinvolge la comunicazione diretta, con emettitore e ricevitore che si vedono dentro lo stesso cono di luce. Nella seconda generazione c’è più mobilità nel senso che si può trasmettere anche uscendo dal cono di luce. Per spiegare il terzo livello usiamo un esempio: il faretto di trasmissione è in una stanza, il ricevitore in un’altra, con tra i due la porta chiusa. Bastano i pochi fotoni che passano dal buco della serratura o sotto la porta per riuscire a ricostruire il segnale nella seconda stanza. La quarta generazione, alla quale stanno ancora lavorando, sfrutta la capacità di calcolare via luce la tridimensionalità dello spazio e con questo provare a progettare operazioni di posizionamento. «Nelle applicazioni per le trasmissioni via luce va fatta una distinzione tra ambiente aperto e ambiente chiuso – dice Alessandro – al chiuso si può comunicare anche se ci sono in mezzo ostacoli, perché si utilizza la riflessione sulle pareti, mentre all’aperto l’onda si espande all’infinito e può esser schermata e disturbata dalle condizioni atmosferiche. Allora esistono soluzioni che a livello sperimentale possono funzionare ma a livello pratico necessitano di ulteriori ricerche».

La trasmissione via luce appare davvero promettente: «In una casa posso coprire con una lampada un intero ambiente, connettere il computer senza la preoccupazione dell’inquinamento elettromagnetico per chi ne è preoccupato, non devo temere che qualcuno al piano di sotto o dalla strada intercetti il mio segnale hackerandomi, perché la luce non esce dalle mie pareti. Tutto questo lo posso fare con una potenza che ha ancora grandissimi margini di miglioramento». Alessandro ha ricordato la presenza di inquinamento elettromagnetico all’interno delle case: cosa ne pensa? «Per un discorso di salute posso dire che la luce è l’onda più ecologica che abbiamo. C’è sempre stata per noi. Siamo nati e ci siamo evoluti esposti ai raggi luminosi. Essendo molto superficiale non mette in movimento la struttura delle molecole interne al nostro corpo, come fanno certe alte frequenze elettromagnetiche».

Quando parla del suo lavoro Alessandro Pasquali è un fiume in piena, prova a rispondere a tutto. «Sono curioso e non seguo schemi mentali prefissati – dice – Non accetto di sentirmi dire che questo non si può fare, oppure questo non funzionerà mai. Ho un’idea, la provo, sperimento, e poi tiro le conclusioni e vado avanti oppure cambio».