Le donne non sono più emotive degli uomini

Stereotipi di genere – Un team di studiosi dell’Università del Michigan ha dimostrato che abbiamo vite emotive uniche e complesse. Intervista alla ricercatrice Adriene Beltz
/ 21.02.2022
di Stefania Prandi

Non è vero che le donne sono più emotive degli uomini. Un team di ricercatori dell’Università del Michigan ha scoperto che, contrariamente ai pregiudizi ancora diffusi, maschi e femmine provano le stesse emozioni. Nemmeno il ciclo mestruale ha un impatto decisivo: non risultano evidenze scientifiche per cui le donne, «in quei giorni», sarebbero più emotive. Eppure, il modo in cui gli individui manifestano quel che provano viene ancora percepito in maniera diversa in base al loro sesso di appartenenza. Questo significa, ad esempio, che se un uomo si agita, gridando e gesticolando, durante un evento sportivo, è considerato «appassionato» mentre una donna passa per «irrazionale». Intervista ad Adriene Beltz, professoressa di Psicologia, ricercatrice dell’Università del Michigan e coordinatrice dello studio pubblicato su «Scientific Reports».

Adriene Beltz, nell’analisi delle emozioni di donne e uomini siete partiti dallo studio delle influenze degli ormoni ovarici femminili. Perché?
Secondo una credenza molto diffusa, i cicli mestruali femminili porterebbero a variazioni delle emozioni e a oscillazioni del comportamento e della capacità di giudizio. Questo stereotipo è presente anche nel mondo scientifico al punto che le donne, per decenni, sono state escluse dalla partecipazione agli studi biomedici e psicologici. Gli scienziati sostenevano che la variazione degli ormoni ovarici, e quindi l’instabilità delle emozioni, avrebbe minato i risultati delle loro ricerche. Ad esempio, si credeva che le risposte fornite dalle donne non avrebbero riflettuto la «vera» relazione tra emozioni e capacità di giudizio a causa dei cambiamenti ormonali. Il nostro studio affronta con un approccio pratico questo problema. Per realizzare l’indagine abbiamo raccolto i dati delle esperienze emotive di uomini e donne, nell’arco di 75 giorni, e in aggiunta i profili ormonali femminili, sia di chi aveva un ciclo naturale sia di chi usava contraccettivi orali.

Perché le donne sono considerate più emotive degli uomini?
Bella domanda. Il nostro studio si è ispirato a questa percezione fuorviante, ma non l’abbiamo indagata direttamente. Tuttavia, ci sono molte altre ricerche che dimostrano il ruolo importante giocato da preconcetti e stereotipi. Ad esempio, ai ragazzi e agli uomini viene insegnato a nascondere le proprie emozioni, considerate segni di debolezza. Inoltre, le persone dimostrano di avere dei pregiudizi quando interpretano i comportamenti: la donna che durante una riunione di lavoro parla con rabbia appare «fuori controllo»; se l’uomo fa lo stesso, dà l’idea di essere «sicuro di sé».

Come avete realizzato la ricerca?
Abbiamo selezionato un campione di donne e uomini. Abbiamo preso in esame sia le donne con un ciclo mestruale regolare, e quindi presumibilmente con ormoni ovarici mutevoli, sia quelle che usavano tre tipi diversi di contraccettivi orali, cioè «la pillola», che si crede stabilizzi le variazioni ormonali naturali. Poi, ogni giorno, per un massimo di 75 giorni, abbiamo chiesto a tutti i partecipanti di considerare un elenco di dieci emozioni positive (ad esempio, entusiasmo e orgoglio) e altrettante negative (ad esempio, spavento e irrequietudine), domandando di valutare la misura in cui le avessero sperimentate nelle ultime ventiquattro ore. Utilizzando i dati longitudinali intensivi, abbiamo quantificato la variabilità nelle emozioni quotidiane in tre modi diversi, per catturare il grado di alti e bassi emotivi sperimentati dai partecipanti di ciascun gruppo.

Cosa avete scoperto analizzando il campione di 142 persone?
Abbiamo trovato più somiglianze che differenze tra uomini e donne. Le emozioni dei due sessi hanno variato quasi nella stessa misura, nell’arco dei 75 giorni. A quel punto, abbiamo confrontato le donne che ovulavano naturalmente con quelle che usavano contraccettivi orali e, ancora una volta, abbiamo trovato poche prove di differenze consequenziali. Se gli ormoni ovarici fossero stati davvero decisivi, allora le donne con un ciclo naturale avrebbero dovuto mostrare una maggiore variabilità rispetto a chi usava la pillola, ma non è successo.

Quali sono le conseguenze del vostro studio?
La nostra ricerca fornisce prove scientifiche che contraddicono, senza ombra di dubbio, l’idea che le donne siano più «emotive» degli uomini e che i cicli mestruali le predispongano, in maniera esclusiva, ad alti e bassi degni di nota. In altre parole, abbiamo dimostrato che le emozioni di tutti cambiano da un giorno all’altro e che abbiamo vite emotive uniche e complesse. Ci auguriamo che i risultati – anche magari solo in piccola parte – incoraggino i prossimi studi e aiutino a combattere gli stereotipi di genere, in modo che le donne siano libere di dire la propria, senza sentirsi giudicate, durante le riunioni di lavoro e gli uomini possano piangere liberamente quando sono al cinema. Inoltre, è importante chiarire che cosa non mostrano i nostri risultati. Noi non mettiamo in discussione quanto è già stato dimostrato da altre ricerche, e cioè che gli ormoni ovarici hanno comunque un’influenza sulle emozioni; non neghiamo l’impatto ormonale. Le nostre scoperte indicano, però, che gli ormoni sono solo uno dei tanti elementi che contribuiscono all’aspetto emotivo; tra questi, per citarne alcuni, le esperienze stressanti di ogni giorno, il periodo dell’anno e il sonno. Se consideriamo tutti i fattori insieme, quindi, possiamo dire che uomini e donne sono simili nelle oscillazioni.

Ci sono altre ricerche come la vostra, con gli stessi risultati?
Esistono numerose ricerche sulle emozioni e sul sesso. Ce ne sono alcune, notevoli, sugli animali, gli ormoni sessuali e la variabilità fisiologica. La nostra indagine è da considerarsi unica nella misurazione della variabilità delle emozioni perché abbiamo seguito un campione di donne che assumeva diversi tipi di contraccettivi orali per 75 giorni e abbiamo usato analisi statistiche avanzate. Speriamo di essere d’ispirazione per nuovi studi.

* L’intervista è stata tradotta e in alcuni passaggi adattata dalla giornalista.